A proposito della situazione critica del traffico stradale conseguente alle iniziative della magistratura di Avellino, situazione oggetto di intensa attenzione da parte delle varie fonti mediatiche, sono rimasto colpito, da ex magistrato, dalla curiosa e strana assenza di ogni commento o discussione circa le motivazioni giuridiche poste a fondamento dell’indagine penale e dei relativi provvedimenti di sequestro adottati dal GIP di quel Tribunale su richiesta del Pubblico Ministero.
( foto ansa)
Indipendentemente da ogni considerazione circa le inadempienze della società Autostrade e la necessità di opportuni interventi di manutenzione dei tratti stradali interessati e relative modalità di esecuzione, mi preme qui evidenziare il quesito se sia giuridicamente legittima l’azione della magistratura avellinese o, in altri termini, se appartenga comunque all’Autorità Giudiziaria il potere di intervento in una situazione di pericolo, vero o presunto, come quella oggetto di quella indagine ( ovvero se esso potere rientri esclusivamente tra quelli attribuiti ad altri organi dello Stato).
A mio avviso la risposta al quesito non può che essere negativa.
I provvedimenti di sequestro disposti dal Gip del Tribunale di Avellino hanno riguardato dapprima 12 barriere di alcuni viadotti dell’autostrada A16 Napoli-Canosa e successivamente 10 barriere di viadotti dell’A 14 nel tratto Pescara Ovest-Pedaso.
A fondamento di tali misure sarebbe evidenziata la necessità di prevenire il rischio, per l’incolumità degli automobilisti, derivante dall’inadeguatezza strutturale delle barriere atte a garantire una sicura capacità di contenimento in caso di urto da parte di veicoli pesanti.
Il sequestro preventivo previsto dall’art. 321 del codice di procedura penale è una misura cautelare reale diretta a prevenire il pericolo che “ la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati”.
La misura in argomento è adottabile esclusivamente nell’ambito e nel corso di un procedimento penale, in presenza di un’ipotesi di reato già commesso ed attribuibile alla condotta di taluno. Al di fuori di questi presupposti non rientra nella competenza e nei poteri dell’Autorità giudiziaria lo svolgimento di una generica ed autonoma attività diretta a prevenire la consumazione dei reati.
Orbene, nel caso dei sequestri disposti dal Gip del Tribunale di Avellino si è effettivamente in presenza di un procedimento penale in fase di indagini preliminari aperto su iniziativa del Pubblico Ministero ancorata ad un’ipotesi di reato commesso ed il sequestro di manufatti pertinenti ai vari tratti autostradali deve necessariamente essere correlato a quel reato. Qual è l’ipotesi delittuosa prospettata dal PM di Avellino?
Risulta che in apertura di procedimento, nel Maggio, sia stato inviato un avviso di garanzia nei confronti di alcuni dirigenti di Autostrade per l’Italia quali indagati in ordine al delitto previsto dagli articoli 110 e 434 del codice penale, disponendo contestualmente per il sequestro preventivo di barriere New Jersey installate sui viadotti della A 16 ( quali cose, dunque, pertinenti a quello specifico reato).
La medesima ipotesi di reato viene richiamata nel successivo provvedimento di sequestro concernente tratti dell’autostrada A 14, del settembre 2019.
Il codice penale vigente al capo del titolo VI delinea una serie di delitti ( definiti di comune pericolo mediante violenza) tutti caratterizzati dall’elemento soggettivo del dolo nei quali, cioè, l’evento dannoso o pericoloso sia conseguente ad un’azione ( violenta) del reus ( soggetto attivo), frutto di una specifica volontà diretta a produrlo.
Questi reati potrebbero tranquillamente essere definiti come delitti di attentato o di terrorismo, caratterizzati da una condotta criminalmente antisociale finalizzata alla causazione di gravi danni o pericoli per la pubblica incolumità.
L’articolo 434, in particolare così recita “Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni. La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene”.
Inquadramento sistematico e testo letterale della norma non possono lasciare alcun dubbio circa la natura dolosa del delitto in argomento. Commettere un fatto diretto a cagionare un crollo, come essa recita, altro non significa altro che attivarsi intenzionalmente col proposito di causare quell’effetto dannoso. Ora, non sembra proprio che nel caso in questione possa addebitarsi ai dirigenti di Autostrade una simile criminale volontà aggressiva e nulla in tal senso si evince dai provvedimenti del Gip di Avellino, laddove pare ipotizzarsi invece un loro comportamento di ben diversa natura, quello di avere esercitato un’attività di manutenzione delle barriere di protezione di tratti delle autostrade in maniera inadeguata ed insufficiente a garantire la loro tenuta nel caso di urto da parte di automezzi pesanti. Se questo è il nucleo dell’ipotesi accusatoria è di tutta evidenza che non possa parlarsi di dolo, bensì di condotta colposa caratterizzata da imprudenza e negligenza; ma la fattispecie dell’art. 434 non è contemplata nella forma di reato colposo, ma esclusivamente e tassativamente in quella di delitto doloso. Né i fatti oggetto del procedimento possono essere inquadrati nella previsione di altre figure delittuose.
Per quanto è dato conoscere i magistrati di Avellino potrebbero avere ipotizzato un diverso delitto, a quello dell’art. 434 comunque correlato. Trattasi del reato, inserito nel capo III del Titolo VI del codice ( delitti colposi di comune pericolo), previsto dall’articolo 449 “Chiunque, cagiona per colpa un incendio o un altro disastro preveduto dal capo primo di questo titolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.
Nella fattispecie in argomento l’elemento soggettivo è bensi quello della colpa, ma quello oggettivo non è più il pericolo di un crollo o disastro, ma il suo effettivo verificarsi. Anche qui dunque siamo al di fuori della condotta addebitata alle persone indagate poiché non esiste un disastro avvenuto oggetto del procedimento nell’ambito del quale sono stati disposti i sequestri.
Neppure, infine, potrebbe ravvivarsi l’ipotesi delittuosa prevista dalla norma di cui all’articolo 450 del codice ( “chiunque, con la propria azione od omissione colposa, fa sorgere il pericolo di un disastro ferroviario, di un’inondazione, di un naufragio o della sommersione di una nave o di un edificio natante è punito con la reclusione fino a due anni”) in quanto essa non può, per il divieto di applicazioni analogiche in materia penale, essere invocata al di fuori delle ipotesi di danno specificamente descritte.
Se ne deve concludere, a mio parere, che nessun procedimento penale poteva essere iniziato e che conseguentemente i sequestri adottati non hanno il crisma della legittimità.
Franco Ponticelli
( ex Procuratore Capo di Ascoli Piceno)
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Commenti
Voglio ringraziare il Dott. Ponticelli per aver messo a disposizione di noi tutti la sua professionalità.
Spero che il contenuto della sua lettera sia letto attentamente e vengano prese le giuste decisioni in merito ad una questione che ha creati tanti disagi.
Riconoscere di aver preso decisioni errate è sinonimo di intelligenza .