La Regione Veneto aveva impugnato dinanzi alla Corte costituzionale l’art. 29 del decreto-legge n. 5 del 2012 (convertito in legge con modificazioni), nella parte in cui – relativamente ai progetti di riconversione del “comparto bieticolo saccarifero” – autorizzava il Comitato interministeriale (composto da diversi ministri: ambiente, lavoro, attività produttive, ecc.) ad adottare “norme idonee nel quadro delle competenze amministrative regionali atte a garantire l’esecutività dei progetti” di riconversione presentati dalle imprese saccarifere e a nominare, nei casi di particolare necessità, “un commissario ad acta per l’attuazione degli accordi definiti in sede regionale con coordinamento del Comitato interministeriale”.
Con sent. 62/2013, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del decreto-legge, nella parte in cui prevede che il potere sostitutivo sia esercitato ricorrendo ad un commissario ad acta, nominato dal Comitato interministeriale. Secondo la Corte, questo tipo di potere sostitutivo “non risponde ai requisiti richiesti dall’art. 120 Cost.”.
Ora, il “decreto del fare” ha modificato l’art. 29 del decreto legge n. 5 del 2012, prevedendo, da un lato, che i progetti di riconversione del comparto bieticolo saccarifero rivestono non più “carattere di interesse nazionale”, ma “carattere di interesse strategico” e, dall’altro, che, al fine di garantire l’attuazione dei progetti di riconversione, il Comitato, in caso di necessità, nomini un Commissario ad acta per l’esecuzione “degli accordi per la riconversione industriale sottoscritti con il coordinamento del Comitato interministeriale”. Questa disciplina è di dubbia legittimità:
1) la previsione del Commissario ad acta da parte del “decreto del fare” viola il giudicato della Corte costituzionale, in quanto reintroduce nell’ordinamento una disposizione dichiarata illegittima dalla Corte;
2) la disciplina della riconversione del comparto bieticolo saccariferio – come posta dal comma 1 dell’art. 29 nella versione che discende da decreto del fare – è presumibilmente illegittima e questo lo si ricava indirettamente dalla stessa sentenza della Corte, ove si dice, appunto, che la questione tocca la materia “agricoltura” riservata alla competenza delle Regioni. Secondo la Corte, l’attrazione in capo allo Stato della competenza in materia di “agricoltura” resterebbe giustificata soltanto a certe condizioni (“valutazione dell’interesse pubblico sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato proporzionata” “non affetta da irragionevolezza”: sentenza n. 303/2003). Aver sostituito “interesse nazionale” con “interesse strategico” non sembra, dunque, sufficiente a giustificare l’attrazione della competenza regionale in capo allo Stato. Inoltre, se la Corte non ha dichiarato illegittimo il comma 1 dell’art. 29 è solo in quanto la Regione Veneto aveva posto il problema in relazione alla previsione del Commissario ad acta e non già perché quel comma non fosse di per sé incostituzionale.
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