Domenica andrò al campo sportivo.
Pardon, andrò allo stadio. Perché Teramo ha uno stadio.
Ce ne eravamo dimenticati di avere uno stadio.
Quasi ci vergognavamo a dirlo che avevamo uno stadio, perché dovevamo ammettere che in uno stadio grande quasi quanto quello dove giocano le grandi squadre il Teramo ci giocava contro delle squadrette di serie inferiori. Quasi ci vergognavamo di ammettere che in una struttura come quella (uno stadio!) i pochi spettatori presenti si sperdevano e soffrivano di solitudine. Poi le cose si sono messe bene, anche meglio del previsto e abbiamo ritrovato l’orgoglio di avere uno stadio e perfino quello di vederlo quasi pieno, stracolmo.
Domenica andrò al campo sportivo, anzi allo stadio. Non potevo mancare all’ultima partita di Lega Pro, contro l’Ascoli che abbiamo stracciato, prima di affrontare, per la prima volta nella storia, la serie B. Avevamo mancato questo traguardo per poco negli anni passati (una volta perfino alla fine degli anni ’30) e questa volta lo abbiamo centrato. Bisogna dare al presidente Campitelli di essere riuscito a fare un capolavoro e a superare alla grande le iniziali incredulità e l’iniziale scetticismo. Tutta Teramo sportiva è fiera, anche della propria fierezza, della propria più secolare tradizione calcistica e io, che sono diventato nel tempo quasi lo storico ufficiale di questa passione di Teramo per il gioco più bello del mondo non potevo esimermi da una presenza doverosa.
Mi sono procurato il biglietto grazie ad un amico fraterno che ha fatto la fila per potermelo acquistare e lo conserverò gelosamente fino a quando non lo esibirò al cancello dello stadio (non del campo sportivo) per poter entrare. C’è voluta la fila per acquistare il biglietto, ci vorrà la fila per poter entrare, ci vorrà la fila per poter uscire (spero dopo l’ennesima vittoria). E’ un sacrificio sopportabile. Ma intanto mi sommergono le immagini di tante stagioni passate, di tante partite, di tanti campionati, di tante speranze, di tante delusioni, di tanti campioni, presidenti, giocatori, goal mancati e fatti, quelli maledetti, subiti, gli spareggi persi… tanti, troppi.
I teramani arrivano ad un appuntamento importante. Meritato? Forse sì, perché lo hanno sofferto troppo in passato il vizio di dover ripiegare gli aquiloni dei propri sogni e perché, quando qualche anno un drammatico fallimento sembrava avere spezzato per sempre le ali al Diavolo Biancorosso, sembrava tutto finito e lo stadio condannato ad ospitare solo canzonette. Invece il calcio teramano è rinato, grazie a pochi eroi e poi ad avveduti organizzatori.
Siamo fieri della nostra fierezza. E io sono contento nel vedere tanto entusiasmo e tanta partecipazione, perché per troppo tempo mi sono lamentato dell’apatia, dell’indifferenza dei miei concittadini, accusati da me e non solo da me di essere ignavi sordi ad ogni richiamo, insensibili ad ogni fascino, inerti e renitenti ad ogni invito… Ben venga questa mania collettiva che poterà finalmente tanta gente allo stadio, che porta tutta la città ad interessarsi di calcio, a pavesare a festa con bandiere biancorosse balconi e finestre. Sarà bello domenica prossima vedere tanto entusiasmo riempire quasi del tutto lo stadio di Piano d’Accio, sarà bello tornare a vedere la curva del Diavolo ribollente di tifo, di cori e di vessilli.
Spero solo che duri.
Spero che non sia un fuoco di paglia.
Spero che nel prossimo campionato, di serie B, una B mai conosciuta prima, se dovessero arrivare delle sconfitte e delle delusioni (potrà succedere, quando si giocherà contro squadroni di città molto più grandi della nostra) non si torni a dimenticare l’entusiasmo e a farsi riprendere dai mugugni, dalle insofferenze, dallo spirito di abbandono, dai vecchi vizi, di quelli che in qualche giornata storta e triste il vecchio campo sportivo comunale vedeva la presenza sparuta di qualche centinaio di spettatori o poco più. Ecco, non vorrei che l’entusiasmo che troppo facilmente cresce quando il vento è in poppa e gonfia le vele, all’improvviso scemasse se e quando la barca affronta la tempesta e rischia di affondare o quando in piena bonaccia resta ferma perché nessun soffio la sospinge e nessuno è disposto a por mano ai remi per farla avanzare.
Il mio augurio è che il biglietto che mi sono assicurato sia un passaporto, un viatico, per un cammino che risulti altrettanto felice di quello che ci ha condotti fino a questo storico traguardo, al quale forse la festa per il centenario del calcio teramano ha portato fortuna.
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