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Il corrosivo: Un serpeggiante colabrodo…

di Elso Simone Serpentini
7 minuti

Giuseppe B. passò gli ultimi anni della sua adolescenza a sognare il giorno in cui si sarebbe potuto permettere l’acquisto di un vestito nuovo. Aveva sperato che il grande evento arrivasse il giorno della sua prima comunione, ma non era stato possibile. Nel comunicargli che la famiglia non aveva le possibilità di un acquisto così impegnativo, sua madre era più triste di lui. Quanto a suo padre, si era limitato a delegare alla moglie il compito di dare la brutta notizia e poi, per tutto il giorno, in chiesa e dopo, e anche successivamente, nei giorni seguenti, aveva evitato il suo sguardo, certamente ancora più amareggiato di lui, che lo era molto.
Ma gli anni si susseguirono senza che l’acquisto venisse fatto e il vestito nuovo rimase un sogno irrealizzato fino al giorno in cui Giuseppe si sposò. Quel giorno il vestito nuovo lo indossò e in Chiesa, davanti all’altare, a fianco della sposa in abito bianco, si sentiva un damerino. Era un vestito confezionato dal miglior sarto della città, che aveva fatto un vero capolavoro. Gli stava a pennello, era lucido, lussuoso, un capo d’opera. C’era da menarne vanto davvero. E Giuseppe, che lo indossò in seguito soltanto nelle grandi occasioni, se ne vantava e ogni volta, indossandolo, ne era fiero. Pochi in paese avevano un bel vestito così.

I primi segni che l’abito andava invecchiando si ebbero una ventina d’anni dopo. Uscì qualche piega che prima non c’era, qualche parte delle maniche sembrava sgualcita, il colore non era più quello. Ma ad indossarlo faceva sempre la sua bellissima figura. La naftalina gli dava un cattivo odore, che si spandeva nella camera e quasi in tutta la casa quando si apriva l’armadio, ma le tarme dovevano con tutta evidenza averne un sacro terrore, se dopo tanti anni non erano riusciti a fare nemmeno un buco.

Però, ahimè, le cose della vita sono sempre complicate e con gli anni la naftalina fu un po’ trascurata, il vestito venne indossato di meno, anche perché cominciava a stare stretto e c’era il pericolo che si sgualcisse a volerlo indossare per forza. Accadde così che un giorno Giuseppe, aprendo l’armadio (erano ormai passati tanti anni dal giorno in cui lo aveva indossato la prima volta), si trovò davanti ad una sgradita sorpresa. O la naftalina era stata poca, o le tarme si erano abituate, fatto sta che l’abito presentava dei buchi, e un po’ dovunque, anche nelle parti che sarebbe stato impossibile nascondere. La decisione fu presa. Giuseppe andò da un sarto (un altro, perché il maestro che lo aveva confezionato era morto) e lo fece mettere a posto. Si fece quel che si poté. Qualche buco fu tappato, qualche altro fu aggiustato, nelle parti non esposte si mise qualche pezza.

Giuseppe,
quando indossò nuovamente il vestito, tornò ad essere fiero. Era sempre un capolavoro, anche se bisognava fare molta attenzione perché non si rovinasse. Passarono ancora gli anni. Il vestito, tornato nell’armadio, ci restò forse troppo, e troppo trascurato. Così, quando Giuseppe pensò di indossarlo nuovamente per le nozze d’oro (o erano addirittura di diamante?), non riuscì ad indossarlo: a mano a mano che provava la stoffa, troppo consunta, si squarciava e si sbrindellava, cadeva a pezzi, fino a quando tra le mani non si trovò che un panno che di un vestito non aveva più nemmeno la forma, non parliamo della funzione.

Ecco, amici miei. Ho ripensato alla storia di Giuseppe e del suo vestito in questi giorni, a proposito della penosa situazione di quel che fu un vanto della nostra provincia e oggi è soltanto una rete idrica tutta bucherellata che cade a pezzi e cede sotto il peso di frane fin troppo previste: l’Acquedotto del Ruzzo.
L’idea di realizzare un acquedotto consortile utilizzando le sorgenti del Ruzzo per supplire alla carenza idrica nel teramano, dell’ing. Alfonso De Albentiis e del sig. Bona, nacque nel 1904, ma solo nel 1912 fu accolta favorevolmente da alcuni comuni e l’8 giugno venne costituito un Consorzio. La costruzione effettiva dell’acquedotto restò un sogno, per anni e anni, e si dovette aspettare il settembre del 1929 per l’approvazione e il finanziamento di un primo stralcio del progetto. Due anni dopo, nel 1931, fu stipulato un mutuo e i lavori vennero appaltati. Vennero iniziati nel 1934 e, costruito a tempo di record dall’impresa Del Fante, sotto la direzione dello stesso ing. Alfonso De Albentiis, l’Acquedotto venne inaugurato solennemente nel 1936, alla presenza delle autorità.

Era un capolavoro. C’era da menarne vanto. Un’opera meravigliosa. Da esposizione. Di un’efficienza straordinaria e di una bellezza progettuale senza pari. Nel 1950 un nuovo serbatoio sostituì quello in uso,  ormai insufficiente e con qualche problema, e fu inaugurato dall’allora Ministro dei Lavori Pubblici on. Umberto Tupini. L’acquedotto tornò ad essere un capolavoro e consentì di alimentare idricamente fontane pubbliche e lavatoi, di avere l’acqua corrente dentro le case. Un lusso.

Nel corso degli anni la rete di tubature venne a lungo trascurata, pochi furono gli investimenti e il denaro scorse, a fiumi, per altri rivoli, diversi da quelli che avrebbero portato ad una saggia ed utile manutenzione. Le risorse furono destinate alla politica e i soldi presi dalle bollette dei teramani servirono per assunzioni clientelari e per i parassiti, che non mancano mai e anzi sono sempre tanti. Scomparvero i fontanieri, i tecnici, i progettisti e si moltiplicarono i dirigenti, gli impiegati, gli inservienti senza funzioni. Nei tubi cominciò a scorrere non più l’acqua, ma il fango, dalle rotture l’acqua fuorusciva in quantità bagnando la terra circostante, che poi franava e franando faceva rompere altri tubi.

In questi ultimi giorni, come fece Giuseppe con il suo vestito una volta nuovo ma diventato con gli anni troppo consunto per poter essere indossato ancora, i teramani si sono ritrovati per giorni e giorni senza acqua: l’acquedotto non è più tale, ma un enorme, lungo, serpeggiante colabrodo.
 

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E qualcuno ha ancora il coraggio di dire che l’emergenza idrica «non è colpa della politica», ma delle avverse condizioni meteorologiche e del dissesto idrogeologico. Causa delle rotture delle condotte. Condotte che risalgono agli anni 1931 - 1934, quando, come ha giustamente ricordato il Prof. Serpentini, venne realizzato l’Acquedotto del Ruzzo su progetto di un Alfonso De Albentiis al quale la politica di allora, quella seria, seppe dare credito e sostanza. Oggi quelle stesse condotte, che hanno egregiamente servito per ottant’anni, si logorano e si rompono. E di chi è la responsabilità di questi eventi? Della terra, imbevuta oltre ogni limite di acqua fuoriuscita da quelle stesse condotte danneggiate e mai sostituite? Della pioggia? Della neve? A chi bisogna attribuire la responsabilità di questo stato di cose? Chi ha nominato, per decenni e decenni, i vertici dell’Acquedotto del Ruzzo? Chi sedeva nelle assemblee dei sindaci? Chi votava i bilanci e le scelte strategiche? Chi approvava le linee operative dell’azienda? Chi ha avallato ogni decisione contraria agli interventi di manutenzione sugli impianti? Con quale coraggio si sbandiera oggi l’ipocrisia della «politica senza colpe»? Si abbia quanto meno il coraggio di dire la verità. Perché alla storiella delle verginelle in politica non crede più nessuno.
Chi si è candidato insieme a brucchi?
E chi ha gestito l'Acquedotto del Ruzzo da quarant'anni?
Con l'arrivò dell'acquedotto avevamo solo fretta di distruggere le vecchie strutture di approvvigionamento idriche, parecchie volte anche rinterrando pozzi ed altro. Quando mio padre decise di costruire casa, molti gli chiesero la terra delle fondazioni per riempire pozzi ritenuti ormai obsoleti. Quante frane sanate dalla costruzione di pozzi ripartirono, tuttora continuamente in moto. Quante gallerie hanno infiltrazioni in posti ricchi d'acqua, quante case vengono evacuate per movimenti franosi a volte causate dai rinterraggi di fonti e pozzi. Pur accettando di buon grado acquedotti o altre infrastrutture moderne non dovremmo mai rinnegare tutto ciò' che ci e' stato utile in passato e che potrebbe risultare utile in futuro. Non continuiamo ad abbattere teatri per "Standa" di cui oggi ne facciamo tranquillamente a meno.
Il passaggio a mio modo di vedere del Prof. Serpentini è questo: "Nel corso degli anni la rete di tubature venne a lungo trascurata, pochi furono gli investimenti e il denaro scorse, a fiumi, per altri rivoli, diversi da quelli che avrebbero portato ad una saggia ed utile manutenzione. Le risorse furono destinate alla politica e i soldi presi dalle bollette dei teramani servirono per assunzioni clientelari e per i parassiti, che non mancano mai e anzi sono sempre tanti. Scomparvero i fontanieri, i tecnici, i progettisti e si moltiplicarono i dirigenti, gli impiegati, gli inservienti senza funzioni. Nei tubi cominciò a scorrere non più l’acqua, ma il fango, dalle rotture l’acqua fuorusciva in quantità bagnando la terra circostante, che poi franava e franando faceva rompere altri tubi." Penso non vi sia null'altro da aggiungere ma solo da rimarcare che l'acquedotto fu costruito dal 1934 al 1936... dovessero rifarlo ex novo oggi quanto tempo occorrerebbe per realizzarlo???
SUSSURAVANO SPESSO"ACQUA IN BOCCA"! Ma avevano l'acqua alla gola , tuttavia tiraravano l'acqua al proprio mulino, perdendosi però in un bicchiere d'acqua, proprio come pesciolini fuori dall'acqua......Del Diluvio Universale si limitavano a dire ......è acqua passata.....tutto questo avveniva tanti lustri orsono, nelle segrete stanze tra silenzi densi " d'innocenza " , e per contorno una folla smisurata di uomini, donne , mogli, figli, amici di famiglia, che ingrossavano, anno dopo anno, la invincibile armata denominata "Acquedotto del Ruzzo" ..........com'è triste venezia
Ma in questi casi, in cui la scarsa manutenzione nel corso degli anni ha portato al disastro, si può fare causa agli enti responsabili! Se andassero a controllare la manutenzione forse l'ultima risalirebbe a 15 anni fa.
Oh Primoli,ma tu parli?ma non ha un briciolo di dignità?hai fatto da porta voti a questo sistema,a queste assunzioni assurde,agli affidamenti diretti ed ora fai il moralista dell'ultima ora?vergognati.Il castello della monica a te cosi caro,guarda che scempio...loro sono quelli dell'ipogeo e tu con loro ti sei schierato.