Ho camminato come un clochard per le vie del nostro pezzato e sbronzo corso San. Giorgio. Ho cercato le metafore, le allegorie, gli ossimori, la satira, l'ironia, il cinismo, l'educazione, l'eleganza, il rispetto...ho cercato il mio sindaco che non c'è più...Lino Befacchia si dimette da consigliere comunale. Ho incontrato da trovatore G.B. Quintilliani e Raimondo Micheli. In comune una legislatura con il preside degli Scapigliati, con il Professore della maglietta sotto l'ombelico, dei richiami a Gianni Chiodi, del coraggio di una parola mai doma. Micheli è commosso. "Sinceramente deluso per una Ragione in meno. Per uno stile che rapppresenta una garanzia per tutti. Per un sorriso che ti metteva in imbarazzo, che ti ricordava di essere sempre uno studente al suo cospetto. Il rispetto di un uomo autorevole lontano dai cafoni autoritari e strilloni dell'ultimo minuto. Peccato. Un vero peccato". Il consigliere Quintilliani sorride. "Il professore è il professore. Un diverso per essere un politico, un Amministratore. Altre attitudini. Altra sensibilità. Altra proiezione.". Lino Befacchia si dimette lontano da una politica indolente, con una Città che ha perso il valore di centro e formazione. Non esiste l'Agorà, ma l'agone di un parcheggio e altre condizioni umane. Il mio spazio è chiuso e non tanto per l'Ipogeo, arte moderna che m'impedisce l'oltre; è chiuso perchè il Preside era quell'attenzione che mi spingeva in Comune. Era la mia curiosità. Il mio dubbio. Il mio punto di domanda. Il mio quotidiano. Il senso severo del rigore istituzionale. La politica rivolta ai giovani e al sociale. La mia energia. La somma dei suoi silenzi era il rumore della mia protesta. Il suo consenso mi rendeva più indulgente verso me stesso. Si dimette perchè ha capito che la vera politica è altrove. Lontani anni luce dai neutrini degli adulti. Ha sempre saputo che tutto parte dal dialogo con i ragazzi. I suoi ragazzi. Va via dall'entrata di emergenza usando e non abusando di queste parole consegnate al Presidente del Consiglio, Angelo Puglia "..... Poichè non sono abituato ad essere un comprimario e a fruire di compensi non meritati ( gettoni di presenza non coperti da lavoro assiduo e puntuale) preferisco lasciare il posto agli amici della Lista Civica "Città di Virtù", sicuramente più solerti di me nel continuare un impegno di cui siamo debitori ai 2.800 elettori che ci hanno e mi hanno sostenuto. Lascio con il rammarico di non essere riuscito a tradurre ai cittadini di Teramo l'idea di Città e di Amministrazione "virtuosa", quando nel 2004 ho guidato con insucesso la coalizione di centro sinistra.; e parimenti con il pensiero di non essere stato capace di sostenere al meglio il Candidato P. Albi nel 2008. Vado via con tristezza per non aver impedito lo scempio di Piazza Dante e di Piazza Garibaldi, per non aver impedito il varo di un PRG raffazzonato e dilapidatorio degli spazi e del territorio urbano, e per essere costretto a vedere le vie della città trasformate in un parcheggio che umilia l'architettura urbana, già ampliamente mortificata da inestetismi che solo un silenzio complice riesce a tollerare; sedie lungo il Corso, gazebo ed edicole che gridano vendetta, parte della Città storica ignorata o desertificata, piazza Martiri e Chiesa Madre periodicamente offese. Mi sia concesso di formulare l'augurio alla mia città; che con un sussulto di orgoglio e di amore i giovani di Teramo, riscoprano i sentimenti civili, di libertà e di patria, che guidarono gli Orsini e i Capuani e quanti riscattarono con gesta eroiche un ventennio di inerzia e di rassegnazione, per avviare una rinascita morale della città, senza la quale la precarietà grigia del presente fluirà irreversibile verso la decadenza del domani".
Buona scuola, Preside...il nostro futuro è nelle sue parole.
I love Befy...
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Io penso non esista studente che non nutra profonda stima e ammirazione per il Preside Befacchia. Oltre a esser stato un Maestro di vita, la cosa che più ci ha legato a lui è stato il dialogo e il confronto che non ha mai negato a nessuno di noi...in qualsiasi situazione. Potrei scrivere intere pagine...ma bastano queste poche parole per capire.
E' caduto l'ultimo bastione in cui i cittadini onesti, ma sempre troppo isolati e silenziosi, avevano riposte le residue speranze di poter ancora sognare... un futuro migliore per la città di Teramo e non solo. Dopo Montauti, anche il grande Lino si è dovuto arrendere all'arroganza e al cinismo di una politica sempre più lontana dalla gente. Grazie in ogni caso, perchè hai avuto il coraggio di provarci e di resistere all'isolamento volontario come scelta della strenua difesa dell'interesse collettivo.
Caro Lino, devo dire subito che non apprezzo chi si dimette soprattutto quando so con certezza che le dimissioni non sono dettate da secondi fini, da opportunismo o addirittura da viltà. La città, in generale la comunità, ha bisogno di persone come te che uniscono la passione civile con lo stile di un comportamento nobile e distaccato, che ha coniugato l’impegno del dilettante – goethianamente colui che fa le cose per diletto - con il fervore battagliero di crede alla bontà di una scelta. Tra le tante cose che la città perde con le tue dimissioni, non ultima, metterei che in quell’aula grande e solenne, non risuonerà più l’eloquio di chi… sa leggere e scrivere per davvero, che sa mettere in fila più di una subordinata senza perdere il filo, che conosce tante e tante parole, che, ci mancherebbe, sa quando è il momento del congiuntivo, e soprattutto usa il linguaggio della persuasione e mai della retorica, quella non della classicità, ma degli imbonitori. Quella brutta retorica che oggi mi impedisce di dire “resta!”. Mi ha colpito nella tua lettera quella frase, che tra i commentatori nessuno ha colto, che riguarda un comprimariato che non ti appartiene. Non sei abituato a fare il comprimario, letteralmente “ chi fa il primario insieme con altri”, oppure, in una versione meno castigata dal vocabolario e forse più veritiera “colui che non sopporta di fare il primario insieme ad altri”. E questa sarebbe la versione più politica e più rispondente al lessico corrente e che butti là come un niente. Come a dire: c’è una verità, però adesso non ho voglia di mettermi a parlare di questa parte degli scranni dove molte battaglie sembra si facciano insieme in nome di un comune impegno. Lo stile è l’uomo, che ancora una volta spicca in questa lettera di commiato triste e vera. Che non avrei voluto leggere, specie con questo abbrivio.