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Il Corrosivo? Vedi tu...

di Elso Simone Serpentini
3 minuti

Caro amico, ti scrivo così mi distraggo un po', e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò…
Non ci sarebbero molte ragioni per scriverti, solo poche e personali, una delle quali il compiacimento per una decisione della Cassazione che ha finalmente convinto te e il nostro comune amico Fabio che magari a Teramo no, e nemmeno a Berlino, ma da qualche parte, quale che sia, un giudice c’è. Ragioni per scriverti riguardanti la situazione generale della nostra amata Teramo non ce ne sono, perché da quando sono partito per Spinoza, la città degli uomini liberi in cui ho deciso di stabilire la mia residenza, non c’è nessuna grossa novità e molto continua a non  andare, anche quando è festa. Le notizie che mi giungono, non certo dalla gazzette - perché quelle continuano a snocciolare rosari e giaculatorie - sono devastanti e desolanti: folle di ubriachi per le strade che urinano da ogni parte la loro insipienza; un’amministrazione che non si decide a riconoscere non la propria morte ma il proprio processo di decomposizione; una cittadinanza sempre più rassegnata e ormai incapace di ogni più piccola ribellione. Davvero di tempo ne rimane un bel po’ a quelli che non hanno niente da dire e niente da fare.Elso

L’incompleto basolamento del corso (la pretuziana tela di Penelope), la crisi del commercio, la disoccupazione, l’occupazione permanente dei tavolini dei bar da parte di giovani che consumano i soldi dei propri genitori, il deserto culturale che è sempre più vasto a mano a mano che si esaurisce la linfa che nutre gli alberi del sapere; la competenza che è costretta ad elemosinare tra i banchi del mercato, il succedersi di assessori alla cultura senza portafogli, ma con tanti fogli letti inutilmente, pieni di proclami che annunciano la voglia di ripartire mentre si continua restare, come l’esercito dell’Aida, sono i segni distintivi di una fine ormai irreversibile. Così l’arconte continua a deliberare e chiede un premio, anziché una punizione, per il proprio operato, mentre gli volteggiano intorno come avvoltoi quanti sperano di spartirsi le spoglie e le carcasse in decomposizione che sono il frutto visibile di dieci anni di governo della città.

Purtroppo, caro amico, non mi arriva alcun annuncio di trasformazione, a Teramo Cristo è sempre sulla Croce e nemmeno gli uccelli fanno ritorno, i muti continuano a stare muti e i sordi continuano a fare i sordi, a parlare sono soltanto i troppo furbi e i cretini d’ogni età.

Non mi dispiaccio di aver lasciato Teramo e di essermi trasferito a Spinoza. Da qui ti mando un saluto cordiale, come a chi, cireneo sbeffeggiato, non trova il coraggio di smettere di sperare e limitarsi a riderci sopra.

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Non sono partito per Spinoza, perché la casa in collina dei padri merita di essere curata e consegnata ad uno dei figli, affinché ne resti traccia anche per quelli che un giorno, se ci sarà tempo per questa terra precaria, forse arriveranno. Non sono partito né tornato a Spinoza. A malincuore sono rimasto in questa parva italia, dove si muovono quelli che il Maestro Serpentini assimila a termiti o a formiche. Per un volontario esule, che attraversa Interamnia quasi da clandestino mattina e sera, tutto appare uguale: le macerie del corso e le vetrine osurate sono da finale di partita. Tutto uguale, tutto stucchevolmente identico a ieri e a ieri l'altro. Non so molto di ciò che accade. So che recentemente gli oligarchi sono in lite tra loro. Oddio! li chiamo oligarchi per antica classica consuetudine; dovrei chiamarli rapaci proconsoli di provincia; so di una orinata collettiva giorni addietro: me ne sono accorto nella mattutina escursione al caffe per i fetori e le pozzanghere dove si mescolavano liquami e bottiglie in frantumi; so di una favata a Colle di Minuccio a casa del lungocrinito arconte; so di sedie tremolanti e di scranni che vacillano. Per il resto null'altro accade in città. Il tempo delle virtù è finito, il premio Teramo è un fantasma, il viale degli illustri offre panchine sempre occupate da vecchi oziosi guardoni e da qualche badande che offre le proprie 'grazie' a modici prezzi. Caro amico resta a Spinoza. A Interamnia si chiude bottega.