Giovedì notte, anzi all'alba di Venerdì, il consiglio comunale di Roseto si è trovato davanti una questione che non è solo politica, ma, in quella sede, soprattutto tecnica ed in parte giuridica.
Dovevano decidere, i consiglieri riuniti nel palazzo di piazza della Repubblica, se delegare o meno il Sindaco a deliberare nella prossima assemblea del “Cirsu”, il consorzio dei rifiuti di Grasciano di Notaresco di cui il Comune di Roseto, insieme ad altri cinque comuni vicini, è socio fin dalla nascita del consorzio stesso, nel lontano 1985.
Assemblea delicata, questa, perché il “Cirsu” è gravato da un passivo di bilancio di circa 4 milioni di euro e si parla apertamente del suo possibile fallimento.
Il consiglio dunque, non era chiamato a formulare dei pareri politici sulla vicenda “Cirsu”, bensì a delineare, dare forma e contenuto, inserire eventuali limiti all’atto amministrativo di delega. I consiglieri sono stati convocati dunque per determinare forma e natura dell’atto di delega. Questo era il loro compito. Che avrebbero dovuto risolvere anche esaminando gli esiti di una precedente delega già assegnata al sindaco alcuni mesi fa su analogo oggetto.
Come hanno risolto il problema i consiglieri? La maggioranza di loro ha fornito una amplissima delega al sindaco. Un mandato plurimo. Il cui esercizio comporta ovviamente effetti giuridici, economici e formali diversissimi tra loro. Una cosa è infatti il fallimento, altra la liquidazione, altra ancora il concordato preventivo. L’opposizione invece, stretta tra un voto contrario obiettivamente difficile, perché comunque il sindaco a quell’assemblea una delega la deve portare, ed un voto favorevole ad un atto che non condivideva appunto nelle forme e nelle procedure, ha scelto di lasciare l’Aula. E questa volta, obiettivamente, il gesto ha un suo senso politico. Perché se votare “no” è quasi impossibile in linea pratica, votare “si” è impossibile perché non si condivide, non resta che lasciare l’Aula.
Il punto, però, non è questo. Il punto è discutere appunto sulla natura e il procedimento dell’atto di delega. Era quella l’unica delega possibile? No, non era l’unica. Il Consiglio, ad esempio, avrebbe potuto chieder spiegazioni sulle precedenti acquisizioni in capo alla parte pubblica e invitare il Sindaco a rappresentare questa esigenza che già lo stesso Consiglio aveva considerato tale. Avrebbe potuto ragionare e porre in delibera sulle eventuali ricadute delle varie opzioni sul bilancio municipale. Avrebbe potuto interrogarsi sulle questioni relative alla titolarità delle autorizzazioni ambientali e trasmettere in pareri deliberativi a corredo della delega. Insomma, avrebbe potuto produrre atti di merito correlati e connessi.
Ed invece tutto questo non è stato fatto. Si è preferito una semplice delega assoluta. È una scelta politica. Ma è essa scelta che va valutata e giudicata, non altro. Perché è questa scelta medesima assai assai delegante che la maggioranza del Consiglio ha effettuato che deve essere riguardata sotto il profilo della utilità rispetto ad altra scelta più entrante nel merito che invece si sarebbe potuta produrre. Le altre sono solo parole. Gli atti, invece, son quelli che sono.
Ugo Centi
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