Carlo Emilio Gadda iniziò a scrivere il suo capolavoro “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” nel 1946 sulla rivista “Letteratura” e lo pubblicò poi definitivamente in volume nel 1957, dopo complessi rimaneggiamenti e revisioni linguistiche.
Il libro può definirsi un “giallo” sui generis, perché parte dall’omicidio di una donna, la signora Liliana Balducci, in un ambiente della piccola borghesia romana, durante i primi anni del fascismo. Il delitto avviene nel “Palazzo degli Ori” in via Merulana 219, a pochi passi dal Colosseo.
La polizia, coordinata dal commissario Francesco Ingravallo, penetra nei meandri della malavita suburbana, evidenziando un popolo di piccoli delinquenti senza grandezza; nella lente dell’autore abbondano ladri, prostitute, uomini viziosi e corrotti, entro un’atmosfera di deterioramento dei valori determinata dalla dittatura.
Nella narrazione due sono le forze che via via si suggestionano: l’artista e la storia. Gadda riesce a non immergersi mai del tutto nei personaggi che con acume costruisce, pertanto non li rende autonomi, ma rimane il burattinaio che ne muove i fili e gli dà voce. Una voce che diventa proteiforme attraverso l’uso dei dialetti. Infatti il suo stile è assai complesso e variegato.
L’autore nasconde la propria moralità dietro alle apparenti stravaganze, all’iperbole giocosa, al motto mordace.
Volutamente composito il romanzo, perché così è la vita. Il riso di Gadda è amaro e beffardo e il linguaggio multiforme che lo accompagna ne disvela il disincanto.

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