“Opinioni di un clown”, scritto da Heinrich Böll nel 1963 e ambientato nella Germania post-bellica, è un romanzo senza filtri e finzioni, intriso di un moralismo intransigente.
Hans Schnier, il protagonista, è un pagliaccio che racconta la sua storia in prima persona, ma non fa sorridere. Perché lui è estremamente triste. È un perdente ("Io sono un povero diavolo molto semplice, sincero e privo di complicazioni"), che vive una profonda crisi personale e professionale, sconfitto da quella stessa società che ha cercato di osteggiare. Rampollo di una ricca famiglia di industriali, si ribella al conformismo, sceglie la via dell’autonomia e crede, da inguaribile idealista, di aver trovato l’amore eterno in Maria.
Maria però lo abbandona per andare a vivere con un altro uomo, con cui condivide la fede cattolica e un identico ideale di vita borghese. Ma Hans non accetta, da convinto monogamo, questa realtà. A lui sarebbe impossibile condividere l’intimità, gli sguardi, i piccoli gesti quotidiani con una persona diversa: “Io non potrei nemmeno lavarmi i denti con un’altra”.
Il tempo della storia è assai ridotto, in poche ore il protagonista ripercorre con ironia e cinismo, nella sua casa di Bonn, la propria vita fallimentare e lancia un atto di accusa feroce contro la società, la religione, la famiglia. Nonostante viva sua crisi emotiva lacerante, Hans conserva uno sguardo lucido sull’ipocrisia della società contemporanea, che si muove come impazzita verso il benessere, cercando di dimenticare celermente le aberrazioni del Nazismo, che prima aveva invece assecondato. È una condanna senza sconti quella di Böll al suo Paese.
Hans è un puro, che si trucca con il cerone e indossa una maschera per apparire forte. Perché nascosti, si riesce a esprimere più liberamente i propri pensieri. Ma un clown è un buffone e chi darebbe credito alle opinioni espresse in una pantomima?
“Io sono un clown, e faccio collezione di attimi”. Sono sufficienti pochi attimi per dirsi felici, ma quelli di Hans appartengono al passato. Il lettore attende un coup de théâtre, ma il lieto fine non ci sarà. E il romanzo si conclude amaramente, con il protagonista truccato da clown costretto a mendicare.
La storia di Hans non è lieve e come un macigno ripercorre i nostri periodi d’ombra, di desolazione e fatica. Chi ha letto il libro ricorderà sempre con tenerezza “il clown che piange nella vasca da bagno, mentre il caffè gli gocciola sulle pantofole”.

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