Credo sia doveroso intervenire nuovamente sul tema da me proposto nei giorni scorsi, ma prima volevo ringraziare te, Giancarlo Falconi, perché offri a tutti il modo di esprimere le proprie opinioni e la possibilità di accendere un confronto su diverse tematiche.
Il tuo rappresenta sul web uno spazio di libertà.
Ero convinto che argomentare su chi "muove" parte dell'editoria locale, di cui ho trattato nel mio ultimo intervento, fosse di grande interesse e che, per la verità dei contenuti, avrebbe potuto suscitare diverse e differenti reazioni. Il numero e la qualità degli interventi che si sono susseguiti mi ha fatto capire di aver centrato il bersaglio.
Ho letto con piacere i numerosi commenti nei quali ho trovato moltissimi spunti interessanti e ne ho apprezzati alcuni come quello di Marcello Martelli, persona colta e preparata, che ha interpretato la professione del giornalista, pur avendo una propria visione politica, con dignità e equilibrio, doti che qualche suo discepolo non ha voluto apprendere.
Volevo riportare, però, l'attenzione sul tema principale, quello del sistema che una determinata classe politica adotta per poter fabbricare falsi consensi, elogiare alcuni, criticare altri. Infatti, indirettamente attraverso l'elargizione di contributi ad alcune associazioni o direttamente con enti o società partecipate, vengono acquistati spazi su alcuni periodici locali o alcune emittenti televisive per ingraziarsi le penne dei loro direttori e dei giornalisti.
Credo che questo sistema sia riconoscibile e riconosciuto dai più anche perché in nessun commento e nelle successive repliche ho letto il contrario. Si possono osservare anche gli effetti. Accade che venga tenuta una conferenza stampa per denunciare una stranezza occorsa nella società Teramo Lavoro ed in particolare al suo amministratore delegato.
Accade che tra i partecipanti a quella conferenza ci sia Maria Cristina Marroni, vice coordinatore provinciale del FLI. Accade che la Provincia risponda attraverso i suoi rappresentanti, accade nel frattempo, che qualcuno faccia trovare una velina (un'email inviata da un dipendente al Presidente), a un certo giornale che pubblica un articolo denigrando un dipendente ed un ex dipendente dello stesso ente.
Sembrerebbe finito qui, se non fosse che il giornale in questione, abbia stigmatizzato il marito e il suocero della Marroni. Il tutto secondo un protocollo noto in altri ambienti che, quando si inizia a dare fastidio a qualcuno, si dà avvio alle cosiddette "vendette trasversali" a scopo di educazione.
E qual é il giornale in questione? Proprio quello del direttore D'Amore.
A questo punto non mi sorpende che tra tutti i potenziali interessati dalle mie dichiarazioni abbia risposto, anche con toni risentiti, il direttore de La Città, proprio quello che già molti lettori de "I due punti" avevano chiamato in causa dopo le mie parole. Forse finalmente anche lui stesso riconosce di essere l'anomalia del sistema?
Nella sua carriera, sicuramente il sig. D'Amore ha senz'altro condotto delle battaglie, ma guarda caso sempre contro qualcuno che in quel momento non poteva in nessun modo nuocergli.
Mi riferisco, per esempio, al Rettore Luciano Russi, accusato dal giornale di D'Amore di aver effettuato spese folli per l'auto e la stanza di rappresentanza. Peccato che l'invettiva colpiva Russi quando non era più, in pratica, Rettore, in quanto colpito da una grave malattia che lo portò poco dopo alla sua prematura scomparsa. Ma in quella vicenda, D'Amore si dimenticò di approfondire l'acquisto di due opere di Crocetti, effettuato proprio quando nel consiglio di amministrazione dell'ateneo sedeva il Presidente della Fondazione Crocetti, l'On. Tancredi, tralasciando di verificare chi fu il perito per conto dell'Università che svolse la perizia sul valore delle opere.
Inoltre, sarebbe da chiarire anche perché D'Amore nutriva cosí tanto astio contro il compianto Rettore...
Oppure, ultimamente vende come indagine giornalistica delle informazioni che sono accessibili senza alcuna indagine. Le retribuzioni dei dirigenti per la legge italiana, devono essere pubblicate secondo alcuni adempimenti richiesti alle pubbliche amministrazioni dall'art. 21 della Legge 18 giugno 2009, n. 69.
Ma perché D'Amore, oltre che attaccare l'apparato amministrativo, non si interroga anche su altre questioni ugualmente delicate e imbarazzanti per questa maggioranza come l'inaugurazione in pompa magna dell'Ipogeo, opera non ancora terminata e quindi non fruibile da nessuno?
Torniamo per un attimo alla vicenda dei varchi elettronici. Ricordo quando D'Amore, in seguito alla decisione mia e degli uffici di coinvolgere tutti i giornali locali, scrisse un'accorata lettera all'amministrazione comunale nella quale dichiarava che solo il suo periodico era in grado di poter effettuare una soddisfacente pubblicità all'ente per via della tiratura e della diffusione, e che quando il Comune decise di pubblicare a pagamento le novità relative all'adozione dei varchi anche sul suo giornale, questi erano considerati addiritura utili.
Ora li attacca e attraverso i varchi vuole attaccare il mio operato e, secondo il teorema di cui sopra, dal momento che siedo tra i banchi dell'opposizione in Regione e non posso influire sulle nomine in quegli enti che fanno pubblicità istituzionale sul suo giornale, non rappresento per lui un pericolo nell'immediato.
E sulla stessa linea vanno letti gli attacchi sulla corsia preferenziale dell'autobus che D'Amore vede contromano (all'uopo lo inviterei a sostenere nuovamente l'esame della patente) o della mia intervista pochi giorni prima del crollo della discarica, dove il "non puzza" sempre per D'Amore equivale al "non crolla".
Questa é l'anomalia dell'informazione a Teramo: si utilizza la carta stampata come ricatto per aumentare la credibilità nei confronti di chi in questo momento governa.
Mi chiede D'Amore perché non viene invitato alle mie conferenze stampa: semplicemente perché non condivido l'uso che fa della sua penna, il modo di fare notizia e non approvo il meccanismo che utilizza per trasformare i fatti in "altre notizie".
Non credo che questo sia un servizio pubblico. Disapprovo totalmente i metodi di certi potenti di turno che trasformano la carta stampata in fango.
Per concludere, quando l'ho visto intervistare in tv Gianni Chiodi ho subito ripensato al nomignolo che aveva coniato per l'allora candidato sindaco: "Chiodino Paperino".
Ascoltando i suoi toni durante l'intervista mi sono chiesto: "Vuoi vedere che per D'Amore Chiodi da Paperino é diventato Zio Paperone con i soldi pubblici".
Berardo Rabuffo
Capogruppo Consiglio Regionale FLI
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Grande Berardo! Finalmente ti leggo come da tempo avrei voluto. Finalmente qualcuno che ha il coraggio di sputtanare il mostro del giornalismo teramano e non solo (viste le propaggini sue su Il Fatto Quotidiano, dove purtroppo non lo conoscono) che con l'uso della sua penna, come tu dici, del potere della carta stampata, ha cercato di fare e disfare non solo a te ma anche a chiunque altri che negli anni si sono cimentati in qualche iniziativa editoriale. Mentre lui, come nel tuo caso, una volta che tu gli hai chiuso i cordoni della borsa, ti ha più volte insultato sul suo giornale, arrivando a fare di te il protagonista di una storia a fumetti, chiamandoti Rappuffo. Mandiamolo sulle Panchine dei Tigli (Ex) visto che oggi sono diventati terra di conquista, a fare compagnia a Marcello Martelli, altro obbiettivo del suo delirio di onnipotenza. Scusami Berà, che però devo dirtelo, anche tu hai contribuito a creare non stoppandolo sul nascere.
Un bel siparietto di nomi falsi, intanto il contatore sale. In poche ore, quasi duemila lettori unici.
La discussione al di la, delle offese reciproche, aveva un' altra direzione. L'influenza della politica sulla stampa attraverso i contributi pubblici. Quale equilibrio?
per Federica Di Pietro Cara Federica, quande ce vo ce vo. Chi semina vento (e di vento quel gran simpaticone di D'Amore ne ha seminato tanto) raccoglie tempesta : Ah, i cinesi quanta saggezza hanno! E soprattutto quanta pazienza!!!
Come al solito, D'Amore non ha compreso, o fa finta di non comprendere, il senso delle parole di Rabbuffo. Infatti, il non condividere "l'uso che fa della sua penna, il modo di fare notizia e non approvo il meccanismo che utilizza per trasformare i fatti in "altre notizie", non vuol dire censura (anche perchè Rabbuffo avrebbe potuto, come altri politici, farsi il suo giornale o comprarsi un giornale ed imporre la propria linea editoriale) vuol dire che D'Amore semplicemente non fa il giornalista. Si legge a commento del codice deontologico: "Il dovere più pregnante del giornalista e caposaldo del diritto di cronaca è il dovere di verità, considerato sia dalla L. n. 69/1963 che dalla stessa Carta dei Doveri quale “obbligo inderogabile”. In più punti la Carta dei Doveri pone l’accento su quelli che, al pari del dovere di verità, vanno considerati valori etici assolutamente inderogabili: l’autonomia e la credibilità del giornalista. L’autonomia del giornalista serve a garantire l’obiettività dell’informazione. L'informazione obiettiva serve unicamente la collettività, ossia persegue un interesse generale. Il dovere di autonomia vuole impedire che la funzione giornalistica venga subordinata ad interessi particolari. E’ evidente, quindi, che particolari rapporti del giornalista con soggetti interessati ad una informazione compiacente sono visti come il fumo negli occhi.Tuttavia, non basta qualsiasi tipo di contatto a gettare un’ombra sulla professionalità del giornalista. Anzi, rapporti con i più disparati ambienti sono indispensabili per poter acquisire le notizie e garantire un’informazione precisa, dettagliata. La Carta dei Doveri vuole stigmatizzare non tanto il rapporto, quanto quegli elementi presenti in esso che indicano uno stato di sudditanza del giornalista o un interesse in conflitto con il dovere di verità. Insomma, casi il cui verificarsi ingenera quantomeno il dubbio sulla reale capacità o volontà del giornalista di dare vita ad un’informazione obiettiva". In quale parte si riconosce D'Amore? Nell'autonomia o nella sudditanza? Per esempio come si dovrebbe definire il rapporto di D'Amore con il Comune quando la moglie era nell'ufficio stampa? Quanti teramani condividono questo pensiero?