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Il Corrosivo: Poutpourri pretuziano

di Elso Simone Serpentini
4 minuti

Ombretta sdegnosa del Mississipì.
Ombrina sdegnata del Sangro. Una marcia molto partecipata, non importa se da quarantamila o sessantamila o più. A Teramo e nel Prepuzio svolazzano le multe per la violazione della ZTL e la gente si interroga sull’interpretazione di termini quali attivo e inattivo.
Attivo si passa e inattivo non si passa? O è il contrario. Gli automobilisti abituati a fare come vogliono sono passati e mal gliene è incolto. Poi sono partite le multe a raffiche e molti pensano a ricorsi cercando di indovinarne l’esito. Molti pagano, riottosi. Ci si interroga sul funzionamento delle macchinette e c’è chi promette annullamenti. Ma intanto in Comune si parla di debiti e di rinvii al 2044 dei termini fissati per il pagamento. Nelle strade centrali e periferiche molti lampioni sono accesi di giorno e spenti di notte, le carreggiate sono tutta una buca e anche nella maggioranza ci sono dolori di pancia. 

A me vengono meno le parole per descrivere una situazione che è troppo comica per essere considerata tragica. Nel centro storico di Teramo le abitazioni sono vuote e non ci abita quasi più nessuno. I negozi sono quasi tutti chiusi e in quelli aperti non entra gente, i commessi non sanno come passare il tempo. Sono aperti solo i bar, i cui tavolini interni ed esterni sono quasi tutti occupati da giovani, impegnati a spendere i soldi dei genitori, che i genitori non spendono più per sé, dovendoli dare da spendere ai loro figli. Le sorti della Team sono sospese nell’aria e affidate al destino, mentre la raccolta differenziata è sempre più una chimera. I disoccupati aumentano ma aumentano anche i depositi bancari, nella banche che non sono più teramane e coloro che le hanno portate alla rovina sono impegnati a pagare i loro avvocati per evitare pesanti condanne, che però non arriveranno certamente. 

Ci vorrebbe un novello Plauto per raccontare come si deve queste nostre vicende pretuziane, le cui quotidiane movenze presentano crescenti indizi di una inefficienza e di una indifferenza quali non si sono mai vedute nel passato. Sui social network qualcuno si affanna a lamentarsi della perdita di qualche scorcio paesistico e di qualche storico edificio, ma quando si presenta un libro sull’abbattimento più doloroso, quello del Teatro Comunale inaugurato nel 1868 e sopravvissuto solo 92 anni, è assente. Qualcun altro esalta la bellezza del nostro dialetto in gruppi appositamente costituiti e poi quando si leggono in pubblico le poesie dei più cari dei nostri poeti dialettali risultano assenti. Qualcun altro si rammarica che a Teramo non ci siano stati eventi commemorativi dell’entrata in guerra dell’Italia ignorando che ci sono stati e che si sono svolti davanti a pochissimi presenti. Si blatera, si chiacchiera e le parole vanno e vengono, naufraghe senza speranza.

La vicenda delle strisce prima bianche e rosse e poi bianche e nere, ma soprattutto di quelle invisibili, che ci sono, ma non si vedono, che sono virtuali e le si attraversa rischiando la pelle perché pochi si fermano è di una comicità irresistibile. I presunti scambi tra manicomio e rettorato proposti dal rettore magnifico sono come atti unici da teatro delle marionette. Le evoluzioni di D’Alfonso sono all’altezza di quelle delle ballerine da avanspettacolo, compresi gli sculettamenti e gli ammiccamenti ai consiglieri grillini o di centrodestra. Giorgio D’Ignazio finora non era stato corteggiato così tanto, pare, mentre un consigliere grillino ha avuto una finta delega alla cultura e gongola avendo preso la delega sul serio, pur spregiato dai suoi al punto di essere cacciato. 

Non prendiamoli sul serio. Ridiamo. Ridemus et bibemus. Ormai è diventato maccheronico l’italiano usato qui da noi giorno per giorno, per divertirci riprendiamo in mano il lessico del latino maccheronico. Non prendiamoli sul serio. In fondo, le virtù non sono pure un poutporri? Un poutpourri pretuziano. Preparate le forchette… O sono meglio i cucchiai?

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No, Prof. non e' tempo di ridere, dobbiamo cercare di uscire da questa palude, abbiamo bisogno anche della Sua persona, della Sua cultura, delle Sue idee, delle Sue passioni, individuiamo i punti cardinali dai quali ripartire ed iniziamo a lavorarci, ridiamo speranza al futuro di Teramo.