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Il Corrosivo: Anonimato e pseudonimato

di Elso Simone Serpentini
7 minuti

Kierkegaard dichiarò, ne “Il mio punto di vista”, pubblicato volutamente postumo, di intendere come ‘il mio lettore’ il singolo, e non la massa, la folla anonima, il pubblico. È, quello di Kierkegaard, come dice Remo Cantoni, "un parlare di sé e per sé, perché costantemente attinge al fondo della propria unica e inconfondibile singolarità eccezionale". Devo dire che anche io, quando scrivo, non penso mai di rivolgermi ad un vasto numero di lettori, e nemmeno ad uno ristretto (i 25 lettori ai quali si rivolgeva Manzoni), ma ad “un singolo”, “uno”, con il quale mi rapporto idealmente. Non immagino mai che a leggermi sia una massa o una folla. Memore di quanto dice il Socrate platonico dell’Apologia, rivolto ai giudici: “Chi mi ha condannato non siete stati voi, ma la folla anonima, contro la quale è difficile battersi, perché non si può combattere contro delle ombre”.

Ecco, gli anonimi che in rete, su Facebook, sui blog, intervengono, postano e commentano gli scritti altrui, e questo vale anche chi cerca di far dimenticare il proprio anonimato usando pseudonimi, sono delle ombre, vanno e vengono nel buio della notte senza una identità, senza un volto, senza nemmeno una dimensione. Non esistono e credono di esistere; tentano di far capire che esistono, ma non esistono e dietro l’anonimato nascondono la propria pavidità, la propria mancanza di spessore, il proprio vuoto esistenziale, la propria nullità. 

Gli scritti anonimi sono sempre manifestazione di viltà, sia quando si rivolgono alla giustizia per denunciare crimini e delitti, sia quando hanno come fine la calunnia e la diffamazione, reati per i quali gli autori sconosciuti, che intendono nascondere la propria identità, sfuggono di fatto ad ogni assunzione di responsabilità. Internet ha santificato l’uso dell’anonimato mediante la possibilità dell’uso di “nickname” e la diffusione delle comunicazioni via web ha spinto governi e multinazionali a sviluppare metodi di sorveglianza senza precedenti. 

C’è stato chi ha scritto che “Anonimo” è l’autore al quale vengono assegnate più schede librarie nelle biblioteche di tutto il mondo. Il filosofo danese Søren Kierkegaard ha scritto e pubblicato i suoi libri ciascuno con un diverso pseudonimo per una precisa scelta filosofica (in linea con quanto dicevo all’inizio riguardo al lettore al quale si rivolgeva come “singolo”, ma essendo anche lui, come autore, “un singolo”). Ma questa è letteratura. Nella realtà, nella vita sociale e politica, gli anonimi e gli pseudonimi sono assai meno nobili. “La causa della stupidità democratica è la fiducia nel cittadino anonimo; e la causa dei suoi crimini è la fiducia che il cittadino anonimo ha in se stesso” scriveva Nicolás Gómez Dávila (“In margine a un testo implicito”). Assai più duro era Arthur Schopenhauer in “Parerga e paralipomeni” (1851), scrivendo che l’anonimato era furfanteria letteraria, contro cui si doveva gridare: "Se tu, furfante, non vuoi professarti autore di quel che dici contro altre persone, tieni chiuso il becco di calunniatore”.

L’anonimo crede di avere sempre ragione, ma ha sempre torto. Legge, ma le sue non sono letture; scrive, ma le sue non sono scritture, perché le parole che scrive non sono parole e le frasi non sono frasi; sono conati, non emissioni di suono; sono grafemi, senza dignità del verbo pronunciato; ideogrammi senza significato. Si crede potente, l’anonimo, e non è nemmeno prepotente, anche se si potrebbe prenderlo per tale, perché impone agli altri il proprio anonimato. Dietro la sua immaginazione di potenza o di pre-potenza, c’è la confessione della sua debolezza; il suo pseudonimo è la foglia di fico che copre la sua vergogna. Disserta, argomenta, fa l’occhiolino, avanza ipotesi e sospetti, fa riferimenti alla vita reale, ma la sua vita irreale è una dimensione alla quale non riesce a sfuggire, così come non riesce a dare concretezza a ciò che scrive. L’anonimo non è mai un “singolo”, perché non ha identità, ed è sempre confuso nella folla. L’anonimo è sempre folla, perché non è mai individuo; è sempre ombra, ma ombra di nulla, non è l’ombra di una cosa, di un oggetto, di una persona, ma l’ombra di se stesso. E’ l’ombra di un’ombra.

Chi ricorre all’anonimato e si nasconde dietro un anonimo o uno pseudonimo è una persona di scarso equilibrio psico-affettivo, privo di autostima, che non ha compiuto quel percorso di individuazione di cui parla Jung, che non ha ancora trovato la propria strada e per timore di fallire evita di cercarla, per la paura di farsi carico della propria responsabilità.

Anche io, nelle diverse stagioni della vita, ho utilizzato degli pseudonimi, ma con intento differente da quello di voler nascondere la mia identità. L’uso che ne ho fatto aveva un fine diverso dal “nascondimento”: la sottolineatura della singolarità, proprio come faceva Kierkegaard quando faceva comparire sul frontespizio dei suoi libri uno pseudonimo sempre diverso: Virgilius Haufniensis, Johannes de Silentio, Costantin Costantius, Hilarius, Johannes Climacus, Anticlimaticus, Victor Eremita. I miei sono stati Osle Initnepres, Simon Soel, l’intellettuale, Sor Paolo, ed erano più che un velame una sottolineatura, per la loro assoluta riconoscibilità e per la chiara riferibilità alla mia identità.

L’utilizzo era anche un gioco,
in stile ironico e satirico, ma con un significato più ampio, non estraneo ad un’ottica ispirata alla metafora, come mondo che non si svela completamente, ma rimane nell’orizzonte della finzione con immagini e termini più o meno riferibili al reale. Nella convinzione che il mondo è una maschera della vera realtà del singolo e che, se si indossa quella di uno pseudonimo facilmente riconoscibile, si vuole esprimere una certa irriverenza nei confronti dell’involuzione demagogica e conformistica della cultura e della politica del proprio tempo.

Ma la maggior parte di chi si nasconde dietro l’anonimato e lo pseudonimato sulla rete e sui blog non ha intenti così letterari e nobili: vuole semplicemente perpetrare un inganno e nascondersi per dire quel che non ha il coraggio di dire a viso aperto.

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Commenti

Caro Professore...ma se chi scrive in forma anonima lo fa con rispetto ed educazione verso tutti ed esprimendo con civilta' un concetto perche' dev'essere considerato un vigliacco a prescindere ? Forse con l'anonimato uno puo' dire cose che firmandosi, per un milione di ragioni, non potrebbe dire esattamente nello stesso identico modo. E poi, mi scusi, affermare che lei quando si firmava con tutti quei vari pseudonimi era riconoscibilissimo e sottindendeva ad un gioco ironico e ad un fine diverso mi sembra un po' da "eletti"...
Che sfacciato :) L anonimato é la principale risorsa degli intellettuali. Erano anonimi i volantini della resistenza alla monarchia. Forse serpentini o come si chiama voleva parlare di chi utilizza la rete senza inibizioni sociali, ma quello é un altro discorso.é un po' confuso l'anonimo autore di questo articolo :)
Prof. Serpentini, con questo suo Corrosivo si attirerà una montagna di commenti (perlopiù da parte di anonimi o pseudonimi più o meno risentiti). Io (posso scrivere "Io"? Esisto?) stavo per risentirmi. Poi ho letto meglio, proprio proprio fino in fondo, fino alle ultime tre righe del suo Corrosivo (SEMPRE leggere fino in fondo!!) e mi sono trovato disarmato: lei ha usato, proprio all'ultimo ultimo, quando ormai non ci si contava più, l'espressione "maggior parte"! Allora niente, niente replica, nessuna obiezione. Grazie, come sempre, per ciò che scrive e per come lo scrive. Comunque!
Bisognerebbe avere piena coscienza di ciò che si scrive. Dietro un click ci sono sempre, oltre il nickname, un indirizzo IP, un'orario, una data ed un utente quasi sempre rintracciabilissimo. Viceversa, chi usa nome e cognome come può garantire che sia il proprio? Non dubito che 99 volte su 100 sia così, tuttavia mi posso permettere un piccolo esempio? Grazie, chiedo venia in anticipo. Eccolo qua, firmato Elso Simone Serpentini.
Caro Professore, le scrivo perchè sento la necessità di una risposta. Non dedico spazio alla vita della mia città perchè dall'età della consapevolezza, in questa realtà, ho trovato gerarchie sedimentate prive di qualsiasi funzione sociale, culturale e persino politica. Nel mio risiedere scelgo quotidianamente il "vivi nascosto" tanto caro ad alcuni intellettuali a lei noti. Tale condizione, le assicuro, non deprime e tiene alta la vita: pensi ad un Leopardi meno attento alle dinamiche classico-romantiche e magari operoso nell'inutile acculturazione locale di quel paesotto di provenienza. Tutto questo per dirle la mia sul suo conto: non le pare di aver perso troppo tempo con questi luoghi e con la pochezza storica dei nostri Don Rodrigo? Le confesso che ho provato ad uscire dall'anonimato che riguarda noi due, in una località di mare, per rivolgerle questa domanda e soprattutto, riconoscendo il suo valore, per proporle di andare via con la mente, di liberarsi di questo inutile fardello. Un saluto caro ma ancora anonimo
Caro amico mio condivido e sottoscrivo in pieno il tuo dire, in attesa del commento del prolisso anonimo per eccellenza "SantaBrucchicrus " !
Visto che i suoi articoli in genere suscitano scarsissimo interesse (se non altro in termini di commenti al pezzo, lo dico giusto per non ricevere un altro rimbrotto da Falconi…), il prof. Serpentini – nel disperato tentativo di risalire un po’ la china – furbescamente sceglie di ingiuriare chi sceglie di esporre un punto di vista senza rendere note le proprie generalità, ben sapendo che alla categoria degli anonimi appartiene il 98%, forse anche il 99% dei commentatori di questo blog. Così facendo il barbuto professore spera semplicemente che il suo scritto non venga completamente ignorato, puntando ad ottenere un riscontro appena decente grazie alle reazioni di qualcuno dei numerosissimi lettori de I Due Punti ai quali, di fatto, ha destinato le sue offese. Potrei smontare sillaba per sillaba le idiozie contenute nel presente articolo, oltretutto con estrema facilità (e con gusto, non lo nego), ma così facendo cadrei nel tranello del prof. Serpentini dandogli quella soddisfazione che subdolamente cerca. Le provocazioni del Serpentini mi rimbalzano, mi faccio ampiamente bastare la personale convinzione che i miei pensieri non sono affatto “conati” anche se li espongo firmandomi Santacruz. Non ho bisogno solo per far sentire protagonista uno che a Teramo non lo è mai stato, di articolare tesi per dimostrare che, soprattutto su un blog, sono le opinioni che contano indipendentemente se ad esternarle è un anonimo, o uno che si firma con uno pseudonimo, o uno che si firma con i propri nome e cognome (peraltro senza fornire alcuna garanzia che siano effettivamente i suoi, in questo senso ha perfettamente ragione Anonimouse). Chiudo con un’ultima considerazione puramente logica: insultare il 98/99% dei commentatori di un blog sul quale, però, imperterrito si continua a scrivere, è quantomeno incoerente. Salvo lo si faccia per irrinunciabile necessità di affermare il concetto “io sò io e voi non siete un cazzo” attraverso il mezzo virtuale de I Due Punti, cosciente che solo così si evita quel pernacchione reale che sicuramente si riceverebbe se il medesimo concetto lo si esprimesse vis a vis ad interlocutori reali. Dovesse trattarsi di questa seconda ipotesi, potremmo dire che il vile è colui che posta commenti anonimi su questo sito? Ho i miei dubbi. P.S. – caro Topitti, lei fa in ogni caso bene a palesarsi. Non mi dilungo a spiegarle il perché…
Arthur Schopenhauer si riferiva a colui che calunnia nascondendosi dietro l'anonimato. Se, ad esempio, in un commento invito a leggere il Piano di Rinascita Nazionale che fu sequestrato al massone Licio Gelli, per scoprire che di fatto quel programma massonico è stato quasi interamente realizzato, poco cambia se l'invito arriva da Mario Rossi oppure da un anonimo. Ci possono essere validi motivi per nascondersi dietro l'anonimato. E' molto più semplice per il datore di lavoro Topitti firmare un commento estremamente critico nei confronti delle nefandezze della malapolitica, rispetto ad un suo dipendente che intendesse criticare duramente il proprio datore di lavoro. Topitti non se la prenderà per averlo citato come esempio, perchè è un democratico per davvero. Stimato Professore, il contenuto dell'articolo merita a mio parere ulteriori approfondimenti. La prossima volta che avrò il piacere di incontrarla le chiederò una piccola risposta ad una piccola domanda, magari giusto il tempo per un caffè che avrò il piacere di offrirle se vorrà accettarlo.
QUEL CRITICONI CON IL BURQA non sono uomini veri, anzi sono per il professore (al quale sembrano saltati i nervi) degli emeriti pezzi di m...da. Caro Professore, confrontarsi significa ragionare sulle idee, non sulle credenziali di chi scrive, non serve il codice fiscale. Questo è un salotto virtuale che riesce a coinvolgere molte voci che altrimenti rimarrebbero mute. Se non ci fosse questo comodo ritrovo, staremmo in piazza Martiri a parlare di corna, bunga bunga, super enalotto e che la vita è tanto bella. Le ombre, gli anonimi o meglio i tizi che mi hanno preceduto hanno detto già tutto in modo chiaro e semplice compreso El Matador! Anche se, come tutti sono un po offeso solo per questa volta, solo per compiacere il Professore vi dirò il mio nome: Er minioOttone
Ah ah ah ah bello.... Condivido pienamente tutto l'articolo... perché anche da anonimi si può essere onesti.... ed io lo sono... Certo che se voleva cogliere nel segno ci é riuscito e la risposta molto piccata... sciatta, squallida e priva di contenuto di qualcuno che non nomino ne é la prova... É un classico di alcuni teramani attaccare qualcuno sul piano personale quando non si é all'altezza di sostenere una conversazione... questo é il motivo del mio anonimato!!! Professore la invito a rialzare l'asticella... come negli ultimi due articoli... e continui ad essere tra i protagonisti della vita culturale di questa città. In particolare l'ultimo sulla democrazia ha suscitato un interessante dibattito in famiglia!!!