1) I VOTANTI. Quasi settemila. Inaudito a Teramo. Impronosticabile. Devo immediatamente fare ammenda perché avrei scommesso che non si sarebbe arrivati alla metà degli elettori che si sono effettivamente recati al congresso. Una manifestazione di forza spaventosa del PDL, un esercizio devozionale che mi inquieta non poco perché, al contrario di quanto hanno detto molti, i bagni di folla non sono sempre da salutare come positiva manifestazione di vitalità democratica, altrimenti Piazza Venezia stracolma ai comizi di Mussolini rappresenterebbe l’apice della democrazia, mentre al contrario ne rappresenta l’umiliazione più bruciante. Il paragone con il fascismo non paia esagerato: vi sembra normale che un esercito di concittadini si riconosca in Berlusconi e nel PDL, che hanno triturato come il sale fino ogni principio di legalità con decine di leggi ad personam ed aziendam, hanno calpestato plurimamente la Costituzione come certificato dalle sentenze della Corte costituzionale, hanno umiliato il ruolo del Parlamento, hanno inquinato il sistema politico, hanno sfaldato ogni coscienza civile? Se così tanti teramani sono con il PDL non bisogna dannarsi tanto per capire come mai stiamo declinando molto più rapidamente delle altre regioni.
2) IL CONGRESSO. Il dibattito si è rivelato al di sotto delle attese, ma soprattutto c'è stata un'assenza di contenuti che deve mettere i brividi ai cittadini. Inoltre, gli smaccati attacchi alla stampa sono un segnale di insofferenza per situazioni che non si è in grado di gestire. Questi dati confermano che il PDL è un carrozzone cementato da interessi personali, carrieristici ed affaristici, senza una linea e senza valori.
3) IL VINCITORE. Solo uno: Paolo Gatti. Rappresentava il 30% delle tessere, raggiunge il 43% di preferenze. Con il sistema del premio di maggioranza Tancredi avrà il 60% dei membri del Coordinamento provinciale e Gatti il 40%. Cosa succederà? Che Gatti giocherà al gatto col topo Tancredi. Da oggi comanda lui. Ha umiliato l’armata compatta degli avversari che erano al completo: Chiodi, Mazzarelli, Di Dalmazio, Tancredi, Morra, Venturoni, Catarra, Brucchi. I primi effetti saranno già dolorosi, Gatti pretenderà il 40% di posti in tutti gli esecutivi: Provincia, Comuni, Consigli di amministrazione, Enti pubblici vari. Salteranno molte teste. Si preannunciano scintille. Gli effetti nel lungo periodo non tarderanno a manifestarsi, nessuno con la forza di Gatti può restare per molto tempo a fare il numero due: l’uscita dal partito è già scritta ed avverrà nel 2013.
4) LO SCONFITTO. È Paolino Tancredi. Vince la battaglia, perderà la guerra. Il 70% sulla carta era con lui, ma molti dei suoi lo hanno tradito nell’urna o non sono venuti a votare, consci che si debba ancora continuare a fingere di riverirlo, ma che bisognerà quanto prima deporlo. Tancredi, impavido, non si è accorto di essere stato commissariato dai suoi iscritti e ha dichiarato serenamente che “da questo congresso la mia legittimazione esce rafforzata”. In certi casi il silenzio sarebbe stato d'oro. Un'occasione persa per tacere.
5) CHIODI. Il lungo declino del sistema di comando regionale si è misurato con il centimetro al congresso provinciale: se Chiodi, Mazzarelli, Di Dalmazio, Morra e Venturoni non hanno inciso fra le loro stesse truppe proprio quando era il momento di verificare nei numeri il consenso per la loro azione di governo, vieppiù nella loro provincia di provenienza, questo è il segnale che la Regione è persa e che forse una occasione così clamorosa per Teramo non si ripresenterà mai più. I cittadini, le associazioni di categoria, i giornali e gli altri media, tutte le forze sociali sono contro Chiodi, che non ha attenuanti, perché perfino Cialente ha stravinto - nello stesso giorno del congresso del PDL - le primarie di coalizione del centrosinistra aquilano superando il 70% delle preferenze (e lì a votare erano tutti i partiti e non solo quello di Cialente). Ciò dimostra plasticamente come gli aquilani siano convinti che il loro sindaco li rappresenti, mentre i pidiellini teramani si sentono molto più rappresentati da Gatti che da Chiodi. Inoltre l’ombra di presunti loschi affari orditi nello studio professionale del Governatore non abbandonerà Chiodi tanto facilmente.
6) CARLA CASTELLANI. Incredibilmente, l’unico deputato del PDL di provenienza teramana non solo non si è schierata a favore di una mozione, ma non si è nemmeno presentata al congresso. Delle due l’una: o è impegnatissima in parlamento in ruoli fondamentali per il Presidente Monti, oppure deve essere immediatamente espulsa dal partito per menefreghismo.
7) MARTINSICURO. La cartina di tornasole. Lì il PDL deve dimostrare fra due mesi che la propria gestione è stata oculata e condivisa: se le elezioni comunali le perdesse e Gatti continuasse a distinguersi in nome delle esigenze territoriali, il PDL Concordia si adagerebbe sugli scogli ed inizierebbe una lunghissima stagione di sconfitte a tutti i livelli.
8) SERPENTINI. Con la solita lucidità, il professore ha affondato la penna nella piaga PDL descrivendone la sua persistente purulenza e il solito teatrino delle vecchie ed intramontabili liturgie vetero-democristiane (vedasi il “corrosivo” pubblicato sul quotidiano La Città del 06.03.2012). Ha ragione da vendere. Leggete: “Non ha vinto il PDL perché il dibattito non c’è stato e nei congressi veri nessuno vince quando mancano il dibattito e la discussione. Non ha vinto un partito, perché nessuno vince in un congresso in cui le tesi che vengono portate avanti sono vuote di contenuto e di prospettiva e gli interventi lo sono altrettanto, ridotti al ruolo e al rango di beceri attacchi alla stampa e ad ex compagni di cordata spalmati di grasso fino a quando hanno fatto comodo. Nessuno e niente vince in un congresso che si caratterizza per essere rappresentabile come un rituale, come una messa cantata, dove si giustificano il passato e il presente ma anche il futuro non ancora scritto e già assolto da tutti i peccati. Come si può dire che abbia vinto il PDL, quando il PDL sta per immolarsi, sconfitto, sull’altare delle proprie contraddizioni e del culto della personalità, e sta per praticare una dolce eutanasia nella speranza di una risurrezione sotto altro nome e sotto altra forma? No, non ha vinto il PDL, e nemmeno ha vinto la DC, la Democrazia Cristiana, che è l’alias di questo PDL morente. Ecco, il congresso che si è aperto e chiuso domenica, con un vincitore scontato e uno sconfitto che viene fatto passare anche lui per vincitore, è stato un tipico congresso democristiano, quello dei figli, uguale a quello che celebravano i padri, uguale nelle forme e nei contenuti, nelle formule e nei riti, nelle parole e nelle convenzioni, non nei simboli ma nelle intenzioni”. Costoro “nascondono gli occulti vizi privati con le esibite virtù pubbliche”. Per cui “ha perso chi ha creduto che questo partito e quello che lo aveva preceduto (dando vita a questo) potessero rinnovare la politica e coloro che la fanno; ha perso chi ha sognato un cambiamento di segno e di direzione in uomini che hanno dimostrato di essere quelli di sempre o i loro figli; hanno perso quelli che, stando a destra, li hanno combattuti e poi sono finiti, per una ragione o per l’altra, nel novero indistinto e indistinguibile di quelli che li riveriscono, dopo essersi spostati al centro, che è pur sempre la vecchia palude dei parlamenti, anche in democrazia. Ha perso la Teramo che spera in qualcosa d’altro e di diverso, anzi di opposto, sperando di meritarlo. Ha perso chi non pensa di meritarsi la sconfitta, ma non fa nulla per cambiare le cose. Ha perso chi si illude che i congressi degli altri partiti siano diversi e migliori. Ha perso chi continua a sperare in un’opposizione che in questa città non c’è mai stata, non c’è e non ci sarà mai. Ha perso chi pensa, e continua a pensare, che la stampa sia libera e non debba mai essere asservita a interessi di partito, commerciali e di bottega”. Insomma: “abbiamo perso tutti”.
9) STRATEGIA DEL LOGORIO. Sindaci, amministratori, iscritti e simpatizzanti del PDL sentono l’odore del sangue e sin da subito si preparano, con il vento elettorale a sfavore, ad esternare dei distinguo, delle prese di posizione, delle difficoltà interne, delle improvvise simpatie gattiane, tutto quanto gli consenta di rimanere sul carro dei vincitori, dove i teramani amano villeggiare in via permanente. Dal canto suo Gatti può adesso chiedere tutto, anche e soprattutto un posto in Parlamento e, naturalmente, può decidere a piacimento di uscire sbattendo la porta e chiudendo un’epoca che ha impoverito la città e l’intera regione per colpa dei teramani al comando.
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Chi ha vinto e chi ha perso. Ha vinto Gatti. Hanno perso tutti gli altri teramani che domenica scorsa hanno fatto la passerella giù alla Gammarana per rinnovare la fedeltà al loro capo e a se stessi l'essere servi. Alcuni si sono fatti fotografare mentre votavano. Che squallore! Un'amica mi ha detto di essere stata invitata da un'adepta di tancredi invece lei ha votato per Gatti. Alcuni che erano stati tesserati per interposta persona, hanno voluto farsi conoscere ai due capocci. Uno dei due è almeno più gentile, ci sa fare, è più politico, mentre l'altro, quello più alto, mi hanno detto che spara con lo sguardo al di sopra della tua testa per non guardarti e, quindi, essere costretto a stringerti la mano. Che pena! Provo pena per tutti costoro.