Sembra che per oggi il sindaco Brucchi abbia convocato una nuova riunione del tavolo tecnico
costituito per l’emergenza Università, ma questa volta gli inviti non sarebbero stati pubblicizzati.
Speriamo di sbagliarci, ma non crediamo che il metodo “alla chetichella” sia quello giusto per un
problema che è grande quanto una montagna, che viene da lontano e che non si risolve certo con le
porte chiuse.
L’Università di Teramo puzza di morto, quindi se c’è qualche possibilità di salvarla è meglio che i
tavoli tecnici si tengano alla presenza di quanti più portatori di interesse possibili.
Per esempio: è vero che il fondo per il funzionamento ordinario dell’UniTe è stato ridotto dal
Ministero per quest’anno di un milione di euro?
È vero che le biblioteche di facoltà cambiano quotidianamente orario di apertura creando molti
problemi ai fruitori, specie quelli che stanno preparando la tesi di laurea?
È vero che non esiste una copisteria in tutta l’Università e in tutta Colleparco e gli studenti devono
scendere a Teramo per fotocopiare i testi?
Perché se siamo a questo punto il Rettore farebbe bene a fare le valigie.
Vorrei inoltre ricordare che negli ultimi due numeri del mensile Prima Pagina, prima Walter
Mazzitti, poi Giuseppe Profeta, hanno detto fuori dai denti alcune verità incontrovertibili
sull’UniTe.
Mazzitti: “Tra le battaglie che ho portato avanti c'era quella di impedire la nascita dell'università di
Teramo, quando questa decise di staccarsi dall'università regionale d'Annunzio di Chieti. Fu una
scelta fatta esclusivamente per un interesse personalistico dell'allora on. Tancredi che decise che
voleva 'essere l'uomo dell'università, voleva una sua università'. All'epoca abbiamo avuto scontri
durissimi ed alla fine rimasi letteralmente solo. Giovane e senza esperienza, seguendo l'istinto
sostenevo che questa città non avesse nulla di specifico per avere una università sua. In Italia i
piccoli centri hanno università solo se nate storicamente con secoli di vita alle spalle. Teramo
non aveva la struttura e l'organizzazione per ricevere una università. Allora l'Università di Chieti
godeva di grande prestigio. Siamo scesi da un treno in corsa per realizzare una piccola università
che di fatto non è servita a nulla. E' una delle università agli ultimi posti nelle graduatorie nazionali.
Si è voluto, però, rispondere ad esigenze personali di una stragrande maggioranza di professori
universitari, che hanno interesse nel far proliferare le cattedre per gestire il potere 'della cattedra':
docenti, master, corsi, assistenti”.
Profeta (che fu il primo Preside della Facoltà di Scienze Politiche) dice dell’Università di
Teramo: “ne avversai la scissione dall’ateneo di Chieti, ritenendo che Teramo non fosse adatta a
sostenere tre facoltà. E anche perché, a mio avviso, il progetto nasceva da interessi personali della
classe politica del tempo”.
Due accuse pesanti a carico del compianto Antonio Tancredi, autore sia dell’autonomia che del
nefasto trasferimento a Colleparco (come dire: ha fatto e disfatto).
Da qui occorre ripartire per elaborare una strategia di salvezza, che non può prescindere da un punto
di palmare evidenza e di cruciale importanza: l’Università deve ritornare nel centro della città.
Gli studenti devono vivere e studiare in città; gli appuntamenti, gli incontri, i dibattiti, il milieu
culturale universitario devono avere collocazione nel centro cittadino, dove abitanti e addetti ai
lavori possano avviare una osmosi che si è bruscamente interrotta da quando le attività si sono
trasferite a Colleparco.
Non conosco nessuna Università italiana che non viva un rapporto simbiotico con la città che la
ospita e viceversa, tranne a Teramo dove ormai l’UniTe sembra la principessa rinchiusa nella torre.
A mio parere l’Università si dovrebbe spostare negli immensi spazi dell’ex manicomio di Porta
Melatina (sia detto senza ironia).
A Colleparco potrebbe andarci l’Istituto Zooprofilattico che come è noto cerca una nuova sede (che
vorrebbe costruire in Contrada Casalena).
E magari lo Zooprofilattico potrebbe pure pagare l’affitto all’UniTe (il che non guasterebbe, viste le
difficoltà economiche in cui versa).
Noi teramani non ci sentiamo per niente Tranquilli, ma il Rettore e Brucchi non sembrano
nemmeno Leali.
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