Che Arturo Diaconale fosse un tipo un po’ troppo pieno di sé ce ne siamo accorti da tempo, constatando che forse non abbia solidi motivi per giustificare l’ipertrofia del proprio ego.
Che la nomina di Arturo Diaconale a Presidente del Parco Nazionale del Gran Sasso fosse una nomina squisitamente politica, considerato come lo stesso militi nel Popolo della Libertà, si sia candidato con il PDL e diriga il quotidiano “L’Opinione delle Libertà”, è anch’essa cosa nota a tutti.
Ma che addirittura Diaconale, da giornalista qual è, si picchi e si risenta per un articolo del Mensile “Per Te” che svela i contenuti di una ispezione condotta presso il Parco dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (http://www.iduepunti.it/il-caff%C3%A8/20_novembre_2013/la-diaconale-di-antonio-damore), beh, questo è davvero troppo.
Diaconale ha forse dimenticato di essere Presidente di un Ente pubblico, che gestisce soldi dei cittadini, che gli elargisce uno stipendio, che cura gli interessi di tutta la comunità e che gli attribuisce non solo il dovere morale della massima trasparenza, ma pure l’obbligo giuridico di rendere noto ogni documento relativo alla gestione.
Siccome Diaconale è pure laureato in Giurisprudenza, sarà superfluo rammentargli che dal marzo di quest’anno il D.Lgs. n. 33/2013 ha previsto all’art. 1 il “Principio generale di trasparenza” delle pubbliche amministrazioni, così declinato al comma 1: “La trasparenza è intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”.
Tradotto in parole semplici: tutti i cittadini hanno diritto di conoscere tutto quello che fanno gli Enti pubblici, per comprendere come vengono spesi i loro soldi e se la gestione raggiunge i risultati prefissati.
E Diaconale che fa? Lungi dal rendere noti in maniera integrale gli esiti ispettivi riassunti dal Mensile “Per Te” (vi sarebbero ben 32 irregolarità e rilievi complessivamente gravissimi), sbotta con un comunicato che più che da “L’Opinione delle Libertà” sembra scritto dal Partito comunista sovietico. Prima sostiene che “la pubblicazione di documenti amministrativi dell'Ente è un fatto non soltanto in sé scorretto ma anche lesivo nei confronti di impiegati, tecnici e maestranze”, poi aggiunge che “La scorrettezza consiste nella pubblicazione in maniera parziale di atti riservati che, proprio per la loro parzialità, costituiscono un’oggettiva lesione dell’immagine dell’Ente”; infine conclude sottolineando che “Come giornalista rifiuto l’idea di querelare un giornalista, ma la pubblicazione di una normale attività ispettiva richiede una risposta chiarificatrice all’insegna della massima trasparenza”.
Non ci siamo proprio. Caro Diaconale, non si accusano i giornalisti di fare il loro mestiere – quelle rare volte che lo fanno bene – ma si provvede senza indugio alla pubblicazione integrale dei documenti fatti oggetto di sintesi giornalistica, affinché i cittadini possano esercitare quelle “forme diffuse di controllo sull’utilizzo delle risorse pubbliche” che la legge intende favorire.
Per questi motivi è inutile convocare un incontro pubblico per martedì 26 novembre senza che tutti abbiano a disposizione gli atti sotto osservazione, perché ciò significherebbe che il Presidente del Parco potrebbe cercare di raccontare una verità scollegata dai fatti e dagli avvenimenti. Nessuno disconosce il diritto di replicare e di controdedurre nel merito dei rilievi formalizzati dagli ispettori ministeriali, ma non creda Diaconale di cavarsela invocando una verità confezionata artatamente ad uso e consumo dei giornalisti, senza tuttavia la pubblica ostensione di carte e documenti.
Il processo sulla gestione del Parco si faccia in piazza su basi oggettive e tecniche, non occultando i dati oppure, peggio ancora, mistificando le interpretazioni.
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