Nel mitico film “Il marchese del Grillo”, del mai abbastanza compianto Monicelli, il protagonista (l’altrettanto mitico Alberto Sordi) si produce nella celeberrima battuta: “Mi dispiace, ma io so' io e voi non siete un cazzo!”. Anche a Teramo, sebbene con minore icasticità, possiamo vantare situazioni simili. Io non dico che l’Assessore al personale del Comune di Teramo Mirella Marchese debba essere – come pure sarebbe auspicabile – un esperto di gestione del personale o un amministrativista, né sono a conoscenza delle eventuali qualifiche e professionalità possedute dall’Assessore, ma è agevole verificare come le sue dichiarazioni siano frutto di una mente tanto ingenua quanto dilettantesca. Mi riferisco all’articolo pubblicato sul quotidiano La Città il 17.11.2011, nel quale si riportano dichiarazioni assessorili che susciterebbero ilarità se non riguardassero tragicamente la pelle dei lavoratori. Avevo una opinione discreta della Marchese, forse solo perché è schiva e ha deciso di tenere un profilo comunicativo volutamente basso, ma sono bastate poche dichiarazioni per fugare qualsiasi dubbio: trattasi certamente di persona non adatta al ruolo che ricopre (non che la maggior parte dei suoi colleghi di Giunta meritino migliore fama, beninteso).
Nel merito l’assessore, piangendo per le decine di posti di lavoro precario presso il Comune di Teramo che le nuove leggi metterebbero a rischio, arriva a scaricare la colpa sul nuovo Presidente del Consiglio Mario Monti il quale, ove non procedesse a modificare le norme entro il 31 dicembre, sarebbe il responsabile del licenziamento dei precari comunali. La Marchese omette o dimentica molte cose: 1) è il governo Berlusconi (che lei stessa ha sostenuto) ad avere approvato quei provvedimenti, ma non mi risulta che l’assessore se ne sia mai discostata; 2) lei è assessore da ben due anni e mezzo, anni nei quali – per tutelare i lavoratori – altri enti più avveduti hanno proceduto ad esperire concorsi, costituire società, convenzionarsi con cooperative, ecc.; 3) sotto la sua gestione fiumi di denaro sono passati nelle tasche dei dirigenti comunali, i quali hanno ricevuto tutti indistintamente € 19.616,69 cadauno come indennità di risultato per il 2010 e, con questi premi, ben avrebbero potuto suggerire alla Marchese le soluzioni più opportune per tutelare i posti di lavoro, anche eventualmente ricollocando i lavoratori stessi.
La verità è che la colpa dei problemi odierni è dell’assessore stesso il quale, se davvero ha a cuore le famiglie dei precari, potrebbe immediatamente proporre di cancellare le indennità di carica dei componenti della Giunta comunale, in tal modo risparmiando oltre € 400.000 l’anno, cioè il doppio di quanto le norme richiederebbero di tagliare nelle spese di personale a tempo determinato del comune di Teramo. Se poi, trovati i soldi in tale maniera, i brillanti dirigenti comunali non trovassero soluzioni immediate, spieghi la Marchese stessa ai lavoratori che la colpa è della Giunta e/o dei dirigenti, che non hanno eventualmente messo in atto tutti i rimedi per garantire la qualità e la continuità dei servizi resi dal Comune. Ogni altra scusa o piagnisteo suona erroneo, immotivato e gratuito, tendente a scaricare colpe e responsabilità che sono e restano interne all’Ente datore di lavoro. Ma c’è di più. Sempre secondo la Marchese, i lavoratori interinali “lavorano tanto proprio perché sanno di non avere un contratto a tempo indeterminato”, e il venir meno del loro apporto metterebbe “presto in ginocchio” il Comune, cosicché “rinunciare a tutti questi posti di lavoro significa non garantire più la qualità dei servizi”.
Al riguardo devesi sottolineare come tali affermazioni siano gravissime e rivelatrici del fatto che gli uffici comunali siano mal gestiti, con il personale distribuito in maniera non consona al perseguimento del buon andamento e della tutela massima della qualità dei servizi resi ai cittadini, a meno di non voler credere che un Comune con oltre 390 fra dipendenti e collaboratori subisca una paralisi dovuta al venir meno di poche decine di lavoratori. Oppure dovremmo credere – cosa che traspare dalle parole dell’assessore – che tutti i dipendenti a tempo indeterminato siano fannulloni e che il Comune si regga solo sull’apporto dei precari, il che oltre ad essere inverosimile dovrebbe giocoforza comportare squillanti procedimenti disciplinari a carico dei dirigenti che abbiano male organizzato i settori di rispettiva competenza, non l’assegnazione di indennità di risultato dirigenziali per € 19.616,69 annui cadauno.
Ad abundantiam, aggiungo che i dati di assenza dei dipendenti comunali nel 2011 sono talmente inspiegabilmente alti da avere occupato la prima pagina del quotidiano Il Centro del 19.11.2011. Di media, durante i primi dieci mesi dell’anno, è impossibile vedere al lavoro più di un dipendente su due, cosa che tradotta per i cittadini significa che per ogni dipendente presente in ufficio noi paghiamo lo stipendio a due dipendenti, fatti salvi gli approfondimenti sul rendimento effettivo dei pochi lavoratori in servizio. Se in una qualsiasi azienda privata si verificassero simili percentuali, la ditta sarebbe certamente fallita. Ma al Comune tutto questo è normale, fin tanto che i cittadini pagano per prenderlo in saccoccia, fin tanto che i contribuenti vengono spremuti come limoni da Brucchi per pagare salatissimi stipendi ad un assessore e ad un dirigente appositamente delegati alla gestione di un personale che se ne frega altamente di andare in ufficio, figurarsi cosa combinano le rare volte che ci vanno! Da ultimo, per carità di patria, non commento la mancata assunzione del comandante dei vigili urbani né il fatto che sembrerebbe esserci un Settore privo di dirigente (con i relativi disagi), solo perché il sindaco ha posto in essere avventati atti di proroga dirigenziale che forse eccedono i limiti imposti dalle norme statali. Ma anche in questo caso la Giunta, e in particolare l’Assessore al personale, avrebbero dovuto pensarci prima, studiare meglio, ed agire con competenza e sollecitudine. Ma né Brucchi né la Marchese ritengono di dover mai fare un “mea culpa”. Perché loro sono loro, mentre i lavoratori e i cittadini non sono un cazzo!
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