Volano accuse fra i due candidati al coordinamento provinciale di Teramo del PDL, Paolo Tancredi ed Emiliano Di Matteo, che si sfideranno al congresso domenica 4 marzo (“Dice che era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare” avrebbe detto Lucio Dalla, ma siccome sono calvi entrambi i candidati, comunque vada il partito resterà senza capelli).
I due sono stati designati dai rispettivi capicorrente: Antonio Tancredi e Paolo Gatti. Si spera che lo scontro congressuale ci sia e non si riveli una manfrina.
Di Matteo e Tancredi si rinfacciano reciprocamente questioni interne al partito e battibeccano come una qualunque coppia che stia divorziando.
Morra tenta di stemperare gli animi mentre il Governatore della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, non riesce a comprendere perché un partito come quello del PDL si divida in due fazioni, giungendo al congresso con due liste e due mozioni (se non lo capisce lui…).
Paolino Tancredi, ingenuo come un bambino, rivendica di avere candidato sia Gatti che Di Matteo (a dimostrazione dell’apertura del partito) e teme che il PDL possa perdere la propria autonomia (perché Di Matteo farebbe parte della corrente nazionale di Gasparri).
Gatti, dal canto suo, rinfaccia crudamente a Tancredi le sue oltre 10.000 preferenze, significando che non è lui a dover ringraziare il partito che lo ha candidato, ma il PDL a dover ringraziare lui per i voti che ha portato.
Inoltre, Gatti ribatte che non solo lui è per l’autonomia (ricordando a Tancredi che anche lui fa parte di una corrente, quella di Quagliariello), ma che la sua lista propone ancora una maggiore territorializzazione avendo candidato 8 sindaci e 4 vicesindaci.
Infine, Gatti sostiene che Tancredi non abbia riunito il coordinamento provinciale da ben due anni, con ciò adombrando lo sdegno per la gestione verticistica ed antidemocratica del PDL, gestione che ora si vorrebbe cambiare al congresso, poiché è fallito il tentativo di un rinnovamento “morbido e dolce”. Come dire: fuori l’artiglieria pesante.
Tentiamo una analisi sui possibili motivi degli improvvisi dissapori.
1) Intanto notiamo che la lunga stagione del silenzio non era l’esito di una concordia interna, bensì il frutto di uno “stiamoci zitti per ora” che adesso sfocia in una guerra intestina prodromica al disfacimento del PDL, fine inesorabile della stagione berlusconiana.
2) Nel merito, poi, gli scenari sono due. Gatti annuncia battaglia per alzare la posta e ottenere il massimo del potere interno al partito. In tal caso ritirerà la propria lista all’ultimo momento e si accorderà con Tancredi per acquisire maggiore capacità di comando, oppure caricherà i propri fucili a salve, si lascerà sconfiggere e poi sarà il vincitore Tancredi a mostrarsi magnanimo concedendogli l’onore delle armi, il Vice coordinamento e quanto altro preliminarmente concordato.
3) L’altro scenario è quello che mi appassiona. Gatti va allo scontro frontale sapendo di perire, come Leonida alle Termopili, ma gustando i due possibili esiti. Le truppe di Tancredi non giungono in forze e Gatti, sulla carta perdente, inaspettatamente vince. Oppure, ipotesi più probabile, Gatti perde e si prepara presto o tardi a traslocare con i suoi verso altri lidi, abbandonando il PDL che affonda, mossa che gli consentirebbe di non dover giustificare agli elettori la sua uscita dal partito e la successiva ricollocazione al centro, da dove proveniva. In tale ultimo caso, tutti i partiti sarebbero già pronti a corteggiarlo ed incoronarlo quale novello Monti teramano, spalancandogli le porte di una certa vittoria al Comune, in Provincia e alla Regione. Già vedo Nausicaa/Manola Di Pasquale che attende sulla riva il naufrago Ulisse/Gatti per offrirgli tutto il suo calore ed innamorarsi perdutamente.
A margine, alcune notazioni: il PDL, tramite il proprio profilo Facebook, comunica che le tessere del partito verranno consegnate direttamente al Congresso, con ciò lasciando dubitare molto sulla correttezza delle votazioni, perché se le tessere fossero state correttamente spedite o consegnate prima si sarebbe evitato il rischio che le tessere residue relative agli iscritti non presenti al congresso possano, in ipotesi, trasformarsi in voti senza che i titolari assenti se ne avvedano.
A questo proposito, visto l’esorbitante numero di tessere del PDL sottoscritte in Provincia di Teramo (sembra siano circa 13.200), vorrei citare una considerazione del mitico ex ministro pidiellino Scajola: «C'è una cosa che mi incuriosisce. Quando Forza Italia aveva il 30% del consenso popolare, aveva 200 mila iscritti. Ora il PDL, nel momento più difficile della sua storia, ha 1 milione e 200 mila iscritti».
Da ultimo, segnalo un paio di frasi lapidarie di due dei massimi esperti del partito berlusconiano: "Il PDL non esiste più" (Gianfranco Miccichè); "Il PDL è in caduta libera", "è superato ed è durato fin troppo" (Scajola).
Buon congresso a tutti (e qualcuno spieghi a Chiodi cosa sta succedendo).
Christian Francia
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