Martedì 12 marzo Gabriele D’Annunzio compirà 150 anni, ma ha ancora la freschezza e l’energia di un ventenne.
Soffermarsi su un singolo libro del Vate sarebbe insufficiente a rendere conto della sua personalità poliedrica che ha marchiato a fuoco la storia d’Italia prima e più ancora che la letteratura.
La sua vita fu condita con tutti gli ingredienti che la resero un piatto invitante e prelibato: eroismo, passione, lusso. “Vivere ardendo e non bruciarsi mai”.
Realizzò eventi bellici divenuti leggendari, senza mai venir meno alla propria ispirazione di poeta e di scrittore, mentre edificava una vita da dandy inventando lussi faraonici, uno stile inimitabile, pose bizzarre, motti arguti.
Visse passioni patriottiche, sodalizi intellettuali, eccessi di ogni tipo che configurano un caleidoscopio di avvenimenti, in ciascuno dei quali è possibile leggere la cifra di uno spirito sopraffino che infuse adrenalina, arte e raffinatezza nell’Italia di inizio ‘900, senza mai disgiungere ogni slancio con un’incoscienza, un ardore e una vigoria che non scemarono mai fino alla morte nel 1938.
Al suo fuoco si bruciarono molte donne, il Vate infatti era irresistibilmente affascinante e aveva la capacità di far sentire anche la donna più ordinaria una creatura celeste. Le amanti sperimentarono una passione travolgente e assoluta, a cui seguì nondimeno un dolore lacerante nel momento dell’inevitabile abbandono. La contessa Giuseppina Mancini subì addirittura uno squilibrio mentale. La trasgressiva e magnifica Alessandra di Rudinì Starabba invece trascorse gli ultimi giorni della propria vita in un convento. La relazione con
Maria Gravina, che era già madre di quattro figli, costò al poeta una condanna a cinque mesi di reclusione per adulterio. L’idillio più noto e duraturo fu senz’altro quello con l’attrice Eleonora Duse, la Divina, che contribuì con le sue interpretazioni a diffondere la fama dell’artista in Europa e oltreoceano.
Nelle pagine di D’Annunzio non puoi pensare di trovare un tiepido sole, ma fiammate seducenti. La sua forza è inesauribile e non cessa di stordire il lettore che vi si accosti, con una capacità inedita e strabiliante di “dire l’ineffabile, scolpire il vento, dipingere il brivido, rendere il fruscio della luce, il palpito dello splendore, di dare con le parole l’odore di una foglia, il sapore di una fonte, la verità di un fiore che rumina la luce”.
In D’Annunzio le parole servono a suggerire quello che le parole stesse non potrebbero mai esprimere: irradiazioni di effluvi, visioni, immagini, sensazioni e suoni, diventate esse stesse invenzioni liriche.
Le pagine del poeta comunicano un senso euforico e un’ebrezza tali che sembra “di assistere a delle belle nozze dove un mago non cessa di tramutar l’acqua in vino, i vetri in incorruttibili zaffiri”.
Ciò che Oscar Wilde scrisse di sé è in realtà molto più acconcio a D’Annunzio: “Nella vita ho messo il mio genio, nelle mie opere solo il talento”.

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Rimani! Riposati accanto a me.
Non te ne andare.
Io ti veglierò. Io ti proteggerò.
Ti pentirai di tutto fuorchè d'essere venuto a me, liberamente, fieramente.
Ti amo. Non ho nessun pensiero che non sia tuo;
non ho nel sangue nessun desiderio che non sia per te.
Lo sai. Non vedo nella mia vita altro compagno, non vedo altra gioia
Rimani.
Riposati. Non temere di nulla.
Dormi stanotte sul mio cuore...
Grazie Vate....