A modo suo la partenza del dehors da Piazza Martiri è paradigmatica.
Di che non è facile dirlo. Ma paradigmatica lo è di certo.
Fine di un’epoca? Di quale epoca?
E’, come è stato detto, la fine del modello Teramo e l’inizio di un nuovo modello che non si sa quale sia, non sapendo se esiste ancora un modello possibile per Teramo? O se Teramo sia, di per sé, un modello, naturalmente negativo? I pareri sono stati sempre discordi su questa “cosa” che è stata qualificata in tanti modi diversi, facendo molto discutere i teramani, che, indifferenti a tutto, non sono mai stati indifferenti di fronte a questa struttura, soffermandosi a commentarla in tanti modi. Naturalmente mai facendo ragionamenti, perché i teramani di ragionamenti non ne sono capaci, ma solo pettegolezzi.
Era bello? Era brutto? Era inutile? Era dannoso? Quanto costava? E quanto vale adesso? C’è qualcuno che avrà dei rimpianti, adesso che se ne va?
Con tante cose che hanno lasciato Teramo, e altre ancora più numerose che stanno per lasciarla, adesso la lascia anche lui, andando a depositarsi altrove. La piazza sarà più vuota? O più piena… di vuoto? Un senso di tristezza la sua partenza lo dà, come quando una famiglia una volta di alto lignaggio è costretta a svendere l’ultimo pezzo delle proprie anticaglie.
Ci sarà chi ripenserà nostalgicamente di aver mangiato, bevuto, assaporato aperitivi ( vere divinità dei teramani), di aver corteggiato ragazze e ricevuto qualche vaga promessa, forse qualche sì e certamente anche dei no ostinati dentro quell’atrio di stazione che faceva di tutto per mostrarsi accogliente, con le sedie vestite a festa, per sembrare più belle continuando ad essere scomode.
C’è anche chi si prepara a far festa per questa partenza, ritenuta sempre e comunque tardiva, e ho letto di chi arriverà sul posto con una bottiglia di spumante per brindare.
Giudizi estetici? Meglio non darne, con i tempi che corrono riguardo alle tendenze dell’arte postmoderna.
Giudizi etici? Meglio non darne, considerato che l’etica ormai è morta, ammazzata dall’economia. Giudizi economici? Meglio non darne, considerata che l’economia non pratica giudizi, ma solo convenienze e utilità. Ah, allora possiamo chiederci se era utile o inutile. Certo, inutile lo era diventato ultimamente, monumento a se stesso e alla propria inutilità. Addio, mia bella addio, il dehors se ne va, e se non andasse via, sarebbe una viltà. O è una viltà andarsene? Siamo troppo confusi, noi teramani, per capire di quali paradigmi sia portatrice la paradigmaticità di questo partente.
Alla fin fine… che se ne vada in santa pace, visto che i teramani adesso stanno combattendo altre guerre. Il Corso di Teramo diventato come quello di Beirut è paradigmatico anch’esso e forse ancora di più. E anche questo scritto lo è. Perché chi scrive sa che molti, troppi teramani, da troppo tempo non hanno dimestichezza con il concetto di paradigma, anzi, con la parola stessa, e non hanno più in casa nemmeno i dizionari per andare a cercare parola e definizione. A che serve sapere che cos’è un paradigma e quale sia la sua funzione? Come dicevano gli antichi: il paradigma non è certo una cosa che riempie la pancia, e oggi i teramani sono preoccupati solo di questo, perché è diventato sempre più difficile farlo. Adesso poi che non ci sono più santi in paradiso… Che volete che conti un dehors che se ne va? Però la sua partenza desta lo stesso interesse. Certo non suscita ragionamenti, solo pettegolezzi… come tutto e sempre a Teramo. Mi viene in mente che potrei cambiare registro e forma retorica e dire che la partenza di questo dehors è, anche, una metafora… ma per, favore, non mi si chieda metafora di che… Foto ( Romolo Bosi)
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