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La verità sulla crisi di Banca Popolare di Bari....

7 minuti

C'era grande attesa tra i dipendenti per il comitato filiali del Gruppo BPB tenutosi in un padiglione
della Fiera del Levante di Bari nel pomeriggio del passato mercoledì 10 ottobre.
Non solo le centinaia di colleghi venuti da tutt'Italia, ma anche chi è rimasto sul proprio luogo di
lavoro aspettava di sentire, direttamente dalle voci dell'alta dirigenza, chiarezza di prospettiva,
rassicurazioni, indicazioni operative chiare e magari anche qualche parola di riconoscimento per gli
enormi sforzi, lavorativi ed economici, che tutti stanno compiendo in questa esiziale fase della vita
della Banca.
E invece no, niente di nuovo, la solita solfa che ormai sentiamo da anni sul fatto che bisogna
correre di più, che quello che si è fatto non è mai abbastanza, eccetera eccetera....questa volta però,
abbiamo ascoltato affermazioni che riteniamo gravissime e divisive.
Articoli di giornale allarmanti, eventi afflittivi per l'Azienda, associazioni dei consumatori sul piede
di guerra, clima di terrore interno..., lavorare e fare risultati in BPB è quotidianamente sempre più
difficile e, dietro l'angolo, la trasformazione in società per azioni con tutte le incognite che genera
tale scadenza, prevista entro il prossimo dicembre.

Su questi temi scarse o nulle le dichiarazioni, di contro una pignola “costruzione del nemico”
esterno ed interno per emendarsi dalle responsabilità di non esser stati capaci di aver dato una

identità chiara a quest'azienda chiamata a cambiare, di non aver ancora espresso, concretamente, un
modello di azienda definito che sappia a quale tipo di mercato rivolgersi e quali esigenze soddisfare.
Cosa intendiamo per “costruzione del nemico”?
Semplice!
Ripetere senza sosta: “...noi non avremmo voluto trasformarci ma l'Europa, i Governi, i Poteri
Forti, gli Organi di Vigilanza ci stanno costringendo...”(nemico esterno).
E ancora: “...i fannulloni, quelli che parlano male della Banca, chi non ci sta....,” (nemico interno).
Peccato che le scelte strategiche siano in capo a chi ha in mano il governo della Banca che, piaccia
o no, deve fare impresa nel contesto di mercato, territoriale, normativo, sociale, in cui insiste.
Peccato che, l'organizzazione del lavoro e degli strumenti messi a disposizione nei vari punti
operativi siano prerogativa del management che invece consente che ognuno si organizzi da sé, a
dispetto dell'ordinamento interno – e questo vale per filiali, uffici e centri servizi – .
Troppo complicato.
Più semplice colpevolizzare il personale e tirar su un impianto teso a metter gli uni contro gli altri al
fine di avviare una selezione naturale, con un aumento dei controllori e la conseguente riduzione di

chi fronteggia una clientela sempre più sfiduciata e refrattaria, aggressiva quando non ostile.
Più facile organizzare la caccia all'untore, la caccia alle streghe.
E così ci è toccato ascoltare una lunga sequela di antagonismi costruiti e fomentati ad arte.
La rete versus “l'oligarchia delle scrivanie”, una regione contro l’altra, il “corporate” contro il
“retail”, filiali “buone” contro filiali ”cattive”, tutti contro tutti, insomma, stimolati in una cinica
gara per la sopravvivenza per poi sentir mirabilmente chiudere gli interventi con un richiamo forte
all’unità, alla coesione, rappresentata dal simbolo della fede: la spilletta aziendale!
Surreale, a dir poco surreale.
Null’altro che la rappresentazione plastica dell’incapacità aziendale di riprendersi partendo da
quello che è il suo primo patrimonio, il personale.
Patrimonio umano che invece stanno sperperando con la divisione in categorie, i buoni e i cattivi,
utilizzando il più retrivo, usuale corredo aziendale fatto di minacce, trasferimenti selvaggi,
inopinate chiusure di filiali.
Come anche stanno sperperando il patrimonio economico che i lavoratori e le lavoratrici tutte
stanno pagando con la solidarietà difensiva.
Siamo proprio certi che i problemi del Gruppo BPB siano i poteri forti e i, presunti, fannulloni?
Noi siamo convinti di no.
Ognuno si assuma le proprie responsabilità e agisca di conseguenza, chiediamo discontinuità.
Ora siamo in attesa di un fantomatico piano industriale di cui tanti parlano, ma del quale nulla ci è
dato sapere.
La coesione potrebbe realizzarsi davvero, ponendo immediatamente fine al clima di terrore, ai
trasferimenti selvaggi e alle vessazioni che si perpetrano quotidianamente e fornendo
chiarezza di percorso, di risposte, di soluzioni per i dipendenti tutti, per i soci, per i clienti.
La coesione siamo noi ad invocarla invitando tutti e tutte a non lasciarsi trascinare nella
trappola della “guerra tra poveri” e a prepararsi ad una fase anche conflittuale.
Bari, lì 24 ottobre 2018

Le Segreterie OdC
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA - UNISIN
Gruppo Banca Popolare di Bari

Lettera Aperta

Dopo i ns. ripetuti comunicati nonché i solleciti verbali fatti nell’ambito delle varie
trattative svolte nel corso del 2018 - rimasti senza esito per inerzia aziendale - ci vediamo costretti
a ritornare sul tema delle pressioni commerciali che hanno raggiunto un livello talmente
parossistico da sconfinare, in talune occasioni, nel grottesco.
Gli esorbitanti budget assegnati sembrano ignorare il contesto economico nonché la
situazione aziendale che stiamo vivendo e si aggiungono alle quotidiane, ossessive e multiple
richieste, di rapporti, schede, pianificazioni, riunioni sia telefoniche che fisiche (queste ultime
spesso comportano anche un notevole dispendio economico per la Banca!), che - secondo talunidovrebbero servire a spronare al raggiungimento di stellari risultati ma che, nella realtà, vanno a
mortificare (per i toni usati ed i contenuti espressi) la professionalità dei colleghi, facendo altresì
perdere loro un sacco di tempo.
La principale leva motivazionale utilizzata è quella della paura, ingenerata da becere
minacce di licenziamento, assurdi richiami all'inadempienza contrattuale e vili inviti alla delazione.
Eppure gran parte delle lavoratrici e dei lavoratori del Gruppo hanno sempre dimostrato di
sapersi sacrificare per il bene comune e collettivo, dimostrato una capacità di coesione che ora
l'Azienda sembra quasi disprezzare e considerandola come fosse semplice atto dovuto.
Il momento, ci rendiamo conto, è particolarmente delicato ma non si può tirare troppo la
corda; non vanno sottovalutate le conseguenze che questo clima di tensione genera sulla salute
dei lavoratori con impliciti rischi professionali e reputazionali che andrebbero poi a ricadere
anche sulla Banca.

E’ sempre stata intenzione di queste sigle il mettere in piedi un ragionamento che parta
dall'organizzazione del lavoro e dalla valorizzazione del personale dal punto di vista gestionale,
formativo e professionale per tendere ad un risultato che sia soddisfacente per tutti i soggetti
coinvolti e che veda la Banca, finalmente, coerente con sé stessa e con il suo Codice Etico!
Le pressioni commerciali attualmente imposte non hanno nulla di etico poiché minano la
salute e l'autostima delle colleghe e dei colleghi.

Vi rinnoviamo quindi l’invito a stigmatizzare ufficialmente e con immediatezza chi si renda
protagonista, a qualsiasi livello, di comportamenti vessatori, richiedendo la immediata cessazione
di tali condotte, anche sanzionandole, nei casi più gravi.
Inoltre, essendo già trascorso quasi un anno dalle ns. precedenti richieste ufficiali (lettere aperte
del 7 e 8 Novembre 2017) ed in vista delle ardue e delicate sfide che ci attendono, chiediamo
nuovamente l'apertura URGENTE di un tavolo di confronto così come previsto dall “Accordo
Nazionale su Politiche Commerciali e Organizzazione del Lavoro” dell’ 8/2/2017.
 

Le Segreterie OdC
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA - UNISIN
Gruppo Banca Popolare di Bari


 

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Commenti

Ma questi dirigentini sembrano copie di Renzi! !!!ma quanti danni ha fatto costui