Lettera aperta dei pastori a Dacia Maraini (Foto in copertina"Ritratto dei Pastori" del Maestro Maurizio Anselmi )
Cara Dacia,
Ci ha colpito al cuore la tua denuncia degli incendi sulle nostre montagne, dove indichi tra gli incendiari, insieme a costruttori di villini abusivi e piromani per divertimento, anche noi pastori "in cerca di nuovi spazi". Sarebbe quasi ironico, se non fosse tragico: di pascoli abbandonati ne abbiamo fin troppi, come sa chi come te ha girato tanto per queste terre, sempre più deserte - e per questo, e non certo per gli interessi dei pastori, ridotte a questo stato e soggette sempre più a dissesto ed incendi.
Non è la prima volta che un facile populismo, basato su antichi pregiudizi nei confronti dei pastori, colpisce chi ogni giorno con fatica vive e protegge queste terre. Ma detta da te, Dacia, che da sempre le percorri e le conosci, e ti sei fatta promotrice della pecora al cotturo e delle tradizioni del territorio, ci risulta incomprensibile.
Non hai forse visto, Dacia, il sudore e l'amore con il quale quotidianamente difendiamo le nostre montagne? Non sai forse, dopo tanti anni in queste terre, che il pascolamento ha garantito non solo la biodiversità e la ricchezza di questi luoghi, ma anche la loro salvaguardia, riducendo grandemente la capacità diffusiva delle fiamme in caso di incendio?
Guardiamo con dolore il monte che brucia, e pensiamo a Salvatore Di Pelino, ultimo capraro del Morrone costretto dalla burocrazia e dai disagi di questa professione a vendere le sue capre. La sua presenza autentica e pittoresca ha rappresentato per anni presidio di sorveglianza e pascolamento quotidiano, riducendo fortemente la massa erbacea che poi disseccando diventa alimento di cui si nutrono gli incendi.
In quella zona, cara Dacia, ancora 50 anni fa c'erano circa tremila tra capre e pecore; e di incendi come quelli che oggi stanno distruggendo le nostre montagne non se ne ricordano.
Oggi che la sensibilità per la natura è aumentata, tutti gridano allo scandalo, ma nessuno ricorda che difenderla vuol dire quotidiana cura di chi faticosamente la percorre e la conosce. Un'attività di sorveglianza e prevenzione che i pastori hanno svolto per secoli su queste terre ora sempre più abbandonate.
Addossare ai pastori la colpa di quel che hanno sempre contribuito e anche oggi contribuiscono a prevenire, affrontando tante difficoltà senza mai un riconoscimento, e proprio da parte di chi come te afferma di amare queste terre, è un fardello insopportabile.
Cara Dacia: torna tra noi pastori, a conoscere davvero ogni sussulto di queste valli; ti aspettiamo per mostrarti come ti sei sbagliata, nell'additare in modo facile e indistinto nei pastori gli autori di questo scellerato scempio.
per A.R.P.O. Nunzio Marcelli
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Commenti
Dacia, ne sa chiu lu patut che lu saput
No,non credo che ci sia un ristretto numero di pastori che voglia colpevolmente distruggere i nostri boschi per creare nuovo pascolo da sfruttare in modo criminoso.Gli spazi a loro dedicati sono già molti. A mio avviso questo non è reale.
Costanzo Stornelli