Poche, pochissime, sono le cose di cui noi teramani possiamo andare fieri: senza dubbio il patrimonio storico-artistico è uno di questi, nonostante le gravissime perdite subite per colpa della scellerata inerzia e incapacità gestionale della classe politica teramana.
Mi sono chiesto più volte se valga ancora la pena insistere su questo tema.
Ma è più forte di me. Come si fa a restare in silenzio dinanzi a tale disfacimento culturale?
Ancora una volta gli amministratori comunali stanno dando prova di non essere nella condizione di rispondere a quelle che sono le esigenze e le regole di governo dello straordinario patrimonio culturale che nonostante tutto la città ancora detiene.
Prendo spunto dalla recente delibera approvata dalla Giunta comunale n. 263 del 7 luglio 2016 avente ad oggetto.. “criteri per l’affidamento dei servizi museali della città...”Nelle premesse della delibera sono pomposamente richiamati l’art. 9 della Costituzione e il Codice dei Beni Culturali, che contengono principi volti alla affermazione dello sviluppo della culturale e la tutela del patrimonio…e che nel quadro della sua valorizzazione e promozione - così si afferma in delibera - si inserisce il Polo Museale “Città di Teramo”, come rilevante sistema di tutela della memoria storico-artistica della città.
Ma questi politici sono consapevoli di ciò che approvano?
Affermano principi che poco conoscono e che soprattutto diisattendono.
Se così non fosse tutti i siti della città, che inopportunamente e assai demagogicamente sono inclusi dalla delibera nel cosiddetto “ Polo Museale” sarebbero ordinati, aperti al pubblico e fruibili.
Ma soprattutto gestiti, pratica del tutto estranea al linguaggio politico locale.
Al fine di dare contezza di ciò che affermo sento il dovere di ricordare al Sindaco e alla sua Giunta alcune tristi e drammatiche vicende legate alla gestione, alla scomparsa e finanche alla distruzione delle nostre ricchezze a causa della miopia e scarsa cultura della classe politica teramana cui appartengono, dalla quale non vanno esclusi i rappresentanti delle opposizioni.
L’area, tra le più importanti del patrimonio archeologico abruzzese, un’ autentica “Via Appia” in miniatura che si snoda per oltre trecento metri a fronte dei garage dell’Arpa, non è mai stata aperta al pubblico. 2. Il teatro romano di Teramo è stato ed è al centro di una delle vicende più grottesche della storia del patrimonio culturale del nostro Paese. Per memoria ricordo brevemente che la Regione Abruzzo acquistò Palazzo Adamoli al prezzo di un milione e duecentomila Euro da una società privata per farlo abbattere e liberare, ai fini di valorizzazione del monumento, le sottostanti strutture del teatro romano. L’edificio acquistato fu affidato alla Soprintendenza abruzzese per il suo abbattimento con una dotazione di quasi un milione di euro. La somma stanziata è stata completamente spesa, per consulenze ed altro. Palazzo Adamoli non è mai stato demolito. Le sue originarie strutture sono state rinforzate con la costruzione di giganteschi muraglioni di sostegno. Allo stato nessuno sembra essere responsabile per quanto accaduto. Il teatro romano di Teramo è comunemente ritenuto, assieme al vicino anfiteatro uno dei monumenti di spettacolo più importanti del Paese. 3. Gli interventi di consolidamento e recupero a carico del più grande edificio di spettacolo d’Abruzzo, ovvero l’anfiteatro romano, evidenziano in maniera eloquente la non propensione ad una corretta conservazione, utilizzo e valorizzazione del monumento, da sempre privo di ogni elementare strumento di informazione a fini turistici. 4. Dopo anni di lavori i resti della villa romana sotto palazzo Savini, che ospita il famoso “mosaico del leone”, è stata definitivamente chiusa al pubblico per inagibilità.
Il “mosaico del Leone”, ritenuto a ragione uno dei più preziosi del mondo romano, è stato oggetto, qualche anno fa di un intervento di restauro che ne ha totalmente alterato i colori originali e di questo autentico sfregio, ancora oggi, nessuno è stato chiamato a rispondere.
Le infiltrazioni di acqua che stanno seriamente pregiudicando il mosaico e le restati strutture della domus non sembrano essere ricomprese tra le priorità del Comune e della Soprintendenza. Nonostante si stia parlando di un sito che da solo avrebbe potuto rappresentare una straordinaria attrazione turistica per la città. 5. Piazza Madonna delle Grazie, uno spazio libero gigantesco sottratto alla pubblica frizione e soprattutto ai giochi dei giovani, occupata da anni da un sito archeologico recintato, saldamente chiuso al pubblico e privo di ogni informazione sulla natura del monumento. La copertura del sito è del tutto inadeguata e obsoleta e non protegge affatto i muri e i pavimenti antichi che hanno subito gravissimi irreversibili danni. Ma nessuno è mai intervenuto.
6. In via Antica Cattedrale, tra Palazzo Savini e l’Antica Cattedrale qualche anno fa sono stati realizzati sul piano stradale alcuni finestroni per la osservazione nel sottosuolo stradale dei resti della domus del leone e di una necropoli di epoca barbarica. I vani sottostanti sono stati dotati di impianti di aerazione e illuminazione. Dopo qualche mese la vegetazione ha del tutto coperto i resti archeologici. Gli impianti non sono più funzionanti. Il costo dell’intervento ammonta a circa 150 mila Euro. Il sito non è mai stato oggetto di interventi di manutenzione ordinaria, né da parte del Comune, tantomeno della Soprintendenza archeologica. Non vale la pena procedere oltre. Ci faremmo solo del male. Al Sindaco vorrei segnalare che un patrimonio di tale portata merita un progetto industriale di gestione. E’ il progetto di gestione che andrebbe posto in gara non la mera vigilanza del patrimonio, finalizzata a dare lavoro a un gruppo di giovani. Sarebbe al contrario utile che quei giovani potessero lavorare in favore di un’impresa, pubblica o privata aggiudicataria di un appalto pubblico, dotata e consapevole, in grado di gestire il patrimonio culturale e sviluppare economie. Quello sarebbe il vero investimento da compiere. Si otterrebbe così un triplice risultato: sviluppo turistico, incremento dell’economia e crescita professionale dei giovani impiegati nella gestione. Il problema è tutto qui. E’ politico ma è soprattutto culturale. Il caso dimostra che la politica è fragile, indebolita, stressata e carente delle necessarie capacità di governo. Per curarla è indispensabile dare avvio ad una forte, consapevole virata attraverso una rivoluzione culturale. Mi rivolgo ai giovani dai quali sarebbe meraviglioso attendersi uno scatto di reazione, un tuono di rivolta pacifica che segni l’abbandono degli apertivi e dica basta allo sfacelo sociale che sta distruggendo la città. Mi rivolgo a loro perché una via di uscita dovranno pur trovarla, ove desiderino provare a sottrarre la città dall’isolamento e dal preoccupante declino.
Non posso credere che i più abbiano la convinzione che alla mancanza di prospettive di lavoro e di sviluppo della città, si possa far fronte con i fiumi di alcool che vengono consumati di giorno e di notte nei numerosi locali che costellano il centro storico. Si cerchi un progetto in grado di dare avvio alla riflessione, alla discussione e al dialogo sulle prospettive e sul futuro della città di Teramo.
Io sono convinto che il patrimonio storico debba e possa diventare, attraverso un innovativo progetto gestionale, uno degli asset principali su cui fare affidamento per il rilancio della morente economia teramana.
Questa è la mia proposta. Se ne facciano altre e di migliori. Ma la vera grande sfida è dare avvio ad una rivoluzione culturale che investa tutti. Aprite il dibattito con coraggio e aspirazione. Walter Mazzitti
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