Vincenzo è vivo.
Per molti non è una notizia.
Per molti Vincenzo era un alcolizzato, leggero di testa e che chiedeva solo soldi.
Vincenzo è la nostra ombra.
Vincenzo è la tessera del suo tessere, quell' essere che fugge dai demoni.
Vincenzo leggeva il suo giornale e di follia ne comprendeva la corrente.
Fumetti mai letti in un'infanzia negata.
Fin da piccolo.
Vincenzo ascoltava se stesso e non ne aveva paura.
Vincenzo potrebbe raccontare la notte, il giorno, il pomeriggio, le ore vissute, pasteggiate in una Teramo con altre prospettive.
Altre visioni, altri strilli, altre urla.
L'altra sofferenza.
Quella nascosta dai ben tutto anche pensanti.
Dicono loro.
Vincenzo è morto mille volte.
Abbandonato, deriso, condannato, allontanato, picchiato.
Vincenzo è tornato con un piatto di spaghetti nella cantina di Marcello Schillaci.
Spaghetti alla Chitarra con le pallottine.
Altra musica.
Altro cibo.
Altri ricordi che si mescolano.
La scarpetta senza piede che calza l'anima.
Una coca cola che rimane simbolo della liberazione.
L'alcol è sparito.
Il sorriso è di un uomo che ha vinto.
Non da solo, ma che ha avuto la forza di chiedere aiuto.
La dignità dei folli che amano la resistenza.
Che si aggrappano con amore.
Vincenzo si è amato.
Vincenzo è stato amato nella struttura di Villa Turchi di Bisenti gestita dalla cooperativa Filadelfia.
Altra dama di compagnia.
La sua Manola Di Pasquale.
Onore a una donna che ha saputo cogliere l'umanità, la teramanità, il dolore, il desiderio di vita che solo un sopravvissuto sa far intendere.
Vincenzo è a casa.
Bentornato.
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