Dopo averi pensato (e taciuto) a lungo, ho deciso di rompere il silenzio sulla questione televisiva teramana, diciamo pure sulla questione di Teleponte. Devo dire, innanzi tutto, che quanto è accaduto e sta accadendo mi dà sofferenza.
Mi riporta ai giorni amari della crisi di Tv Teramo (con l’allora editore Malavolta), della prima crisi di Teleponte (la rottura di parte delle redazione da me diretta con l’editore della prima Teleponte), della chiusura di Verde TV (che avevo fondato e che veniva lasciata deperire dall’editore, ancora Malavolta).
Furono davvero giorni amari, durante i quali mi resi conto benissimo che alcuni, tra cui gli editori, si aspettano che in una televisione in cui mettono i loro soldi (o in cui li prendono) chi la dirige non rompa né i silenzi né le scatole.
Quando lo fa e la “sua” (del direttore) televisione rompe il silenzio (cioè dice quel che l’editore non vuole che si dica o, il che è o stesso, non dice quello che l’editore vuole che si dica) o rompe le scatole, cioè si impiccia di cose di cui l’editore non vuole che la “sua” televisione si impicci (per esempio le cose dei suoi amici e degli amici dei suoi amici)... quando lo fa, l’editore non la prende bene (per usare un’espressione eufemistica).
Gli editori, anche quelli televisivi e anche quelli locali vogliono che le loro testate siano sempre e comunque la voce del padrone e quando una televisione e i giornalisti che ci lavorano non rappresentano solo e soltanto la voce del padrone, le cose cominciano ad andare male.
Se poi si aggiungono un’allegra amministrazione e qualche altro ameno comportamento disinvolto, le cose peggiorano fino al punto in cui sono peggiorate nell’attuale Teleponte.
Sentirmi definire “ospite non gradito” in una televisione che avevo contribuito a far crescere non mi fece propriamente piacere fino a quando (e accadde quasi subito) non decisi di fregarmene.
Nel tempo ho scritto a volte che una televisione locale come quella di cui Teleponte era esempio serviva a poco.
A questo mio giudizio era dovuto l’ostracismo nei miei confronti, perché che io continuassi a rompere scatole e silenzi anche stando fuori non poteva piacere. Ma confermo che la televisione locale ha compiti facilmente individuabili e, quando non sono individuati e perseguiti, tutto scade e finisce nello scatolone delle cose inutili.
Naturalmente auspico che Teleponte possa riprendersi, anche se ne so abbastanza per capire quando un’emittente è colpita da una malattia irreversibie. Auspico anche che giornalisti e tecnici possano trovare collocazione altrove, anche se “l’altrove” è di questi tempi assai angusto e incombono rivalse, persino giustificate, e risentimenti, anch’essi non campati in aria. Aggiungo che una televisione può dirsi davvero teramana se vive ed opera a Teramo, se i suoi redattori e le sue telecamere percorrono le strade di Teramo e il suo tessuto urbano e che una televisione è “eterodiretta” se non ha i suoi studi e la sua direzione strategica a Teramo capoluogo. Quando Teleponte stava a Ponte Vomano (e si chiamava Teleponte proprio per questo) facemmo di tutto, con felice intuizione, per portarla a Teramo e se oggi il nome di Teleponte è l’unico vanto e l’unico bene di una emittente quasi morta, ciò lo si deve al fatto che riuscimmo a far dimenticare l’origine di quel suo nome, inventandoci che era collegato ai ponti radio, non ad una frazione del comune di Teramo, della quale cosa un po’ ci vergognavamo. Ma quale che sia il nome di una emittente prossima ventura teramana, se Teramo continuerà ad avere un’emittente televisiva, non potrà fare a meno di avere a Teramo i suoi studi, la sua direzione strategica e operativa, la sua sede e i suoi giornalisti. I quali non dovranno avere paura, mai, anche contro l’editore, di rompere scatole e silenzi, dovranno evitare di essere la voce del padrone e smettere di considerare ospite non gradito della televisione l’ospite non gradito dall’editore.
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