Caro Direttore...
mio figlio è un Neet. ( Un NEET o né-né in italiano (dall'acronimo inglese di Not [engaged] in Education, Employment or Traininglett. "Non [attive] in istruzione, in lavoro o in formazione") è una persona che in un dato momento non studia, né lavora né riceve una formazione. In statistica, sono anche note come persone inattive.)
Laureato ha fatto tanti concorsi non è mai riuscito a rimanere stabilmente con un contratto a tempo indeterminato.
Come lui ci sono tanti altri ragazzi che all'ennesima scadenza contrattuale sono caduti nella rete dell'inattività. Tanti problemi tra i quali la depressione e l'inedia. Nell'ultima settimana ha iniziato anche con il non curarsi igienicamente e non possiamo garantirgli quel supporto psicologico. Da genitore sono veramente preoccupato e ho letto che sono 3 milioni di ragazzi in ITalia a essere definiti dalla statistica inattivi ma che noi genitori chiamiamo gli Arresi. Che fare? Come poter aiutare i nostri figli?
Lettera firmata
Caro Arnando ho conservato la tua lettera fino alla presentazione dello studio dell'ActionDay e Cgil, ti invito a leggere la sintesi e il compendio. Non siete soli e la società ha il dovere morale e istituzionale di aiutare quella generazione di ragazzi rimasti indietro fino all'età adulta.
Abbiamo rinunciato ai nostri ragazzi attraverso la disuguaglianza territoriale, di genere e di rispetto meritocratico.
https://binaries.cgil.it/pdf/2022/11/08/112246968-f0134ee9-cd43-4b2d-a8b6-1a17330681f3.pdf
Video https://www.youtube.com/watch?v=nsc_xPnj9oo
Giancarlo FAlconi
Presentati i dati del Rapporto “NEET tra disuguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche”
L’Italia è il paese europeo con il più alto numero di NEET, giovani dai 15 ai 34 anni che non lavorano, né studiano: nel 2020 sono più di 3 milioni, con una prevalenza femminile di 1,7 milioni. L’incidenza dei NEET raddoppia nel Sud rispetto al Nord, è maggiore tra le donne, nelle due fasce d’età più adulta, 25-29 anni (30,7%) e 30-34 anni (30,4%), più si cresce con l’età, più aumenta la loro quota. Un quadro preoccupante caratterizzato da disuguaglianze territoriali, di genere e di cittadinanza che ActionAid e CGIL hanno analizzato nel Rapporto “NEET tra disuguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche”, presentato oggi a Roma insieme alle raccomandazioni verso il nuovo Governo e Parlamento per indirizzare le politiche nazionali e territoriali per i giovani, a partire anche dalle lezioni apprese dai principali programmi di intervento, tra cui Garanzia Giovani. All’evento hanno preso parte il Comitato Scientifico del Report composto da Chiara Saraceno, Sociologa e Honorary fellow al Collegio Carlo Alberto, Giustina Orientale Caputo, Professoressa dell’Università Federico II di Napoli, Alessandro Rosina, Professore dell’Università Cattolica di Milano e Cristina Tajani, Presidente e A.D. ANPAL Servizi Spa, Marco De Giorgi, Capo Dipartimento Politiche Giovanili e Raffaele Tangorra, Commissario Straordinario Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro – ANPAL.
I NEET E LE DISEGUAGLIANZE. Nel Sud Italia c’è la più alta presenza di giovani che non studiano, non lavorano e non si formano: sono il 39% rispetto al 23% del Centro Italia, al 20% del Nord-Ovest e al 18% del Nord-Est. Tutte le regioni italiane superano l’incidenza media dei NEET sulla popolazione giovanile in Europa nel 2020 che resta al 15%. Ai primi posti ci sono tutte le regioni del Sud, con quote molto alte per Sicilia (40,1%), Calabria (39,9%) e Campania (38,1%). Per il Centro Italia, il Lazio ha la più alta incidenza con circa il 25,1%. La prima regione del Nord per incidenza dei NEET è la Liguria (21,1%), a seguire il Piemonte (20,5%) e la Valle d’Aosta (19,6%). I NEET sono per il 56% donne e la prevalenza femminile resta invariata negli anni, a dimostrare che per una donna è molto più difficile uscire da questa condizione. Le disuguaglianze di genere si riproducono anche osservando i ruoli in famiglia dei NEET: il 26% sono genitori e vivono fuori dal nucleo familiare di origine; tra questi c’è un’ampia differenza tra donne e uomini che vede un 23% di madri NEET rispetto ad un 3% di padri NEET. La più alta percentuale di giovani NEET donne pari al 27% sul totale della popolazione NEET si concentra tra le persone inattive che non cercano e non sono disponibili; il 20% delle NEET sul totale della popolazione dei NEET italiani sono madri inattive. La motivazione all’inattività è spesso legata alla disparità di genere nei carichi di cura che impediscono o suggeriscono alle donne di rimanere fuori o uscire dal mercato del lavoro. I NEET italiani sono per la maggior parte inattivi – coloro che, scoraggiati, hanno smesso di cercare lavoro: il 66% del totale, quindi 2 su 3, e tra questi circa il 20% non cerca ma è disponibile. C’è una tendenza ad essere inattivi soprattutto tra i diplomati (32%) o con un titolo di studio minore (16%). Rispetto ai disoccupati (coloro che cercano regolarmente un lavoro) il dato preoccupante è relativo al tempo: il 36,3% dei disoccupati è in cerca di un lavoro da più di un anno. Quasi 1 su 2 ha avuto precedenti esperienze lavorative e tra questi il 54,3% è donna. Un’ulteriore disuguaglianza attraversa il tema della cittadinanza e delle migrazioni. I giovani di origine straniera o senza cittadinanza italiana sono in numero inferiore rispetto agli italiani (il 18% del totale), ma anche tra questi c’è una maggioranza di donne (57%); la maggioranza delle e dei NEET con cittadinanza straniera (48,4%) ha solo la licenza media.
DESTRUTTURARE IL FENOMENO NEET. In questo Rapporto l’analisi dei dati quantitativi (età, sesso, regione, etc) ha reso possibile la definizione di alcuni cluster (sottocategorie) che aiutano a raccontare e fotografare meglio il fenomeno NEET, tendenze e ricorrenze che aiutano a delineare gruppi al di là degli stereotipi e che potrebbero guidare alla definizione di politiche e interventi specifici e davvero efficaci. Il primo cluster raccoglie i Giovanissimi fuori dalla scuola: hanno dai 15 ai 19 anni, senza precedenti esperienze lavorative e inattivi. Non percepiscono un sussidio, hanno soltanto la licenza media e vivono in un nucleo familiare composto da coppia con figli. Si tratta di un gruppo abbastanza residuale, ma allo stesso tempo significativo rispetto alla popolazione e trasversale a tutta l’Italia. Il secondo racchiude i giovani dai 20 ai 24 anni, senza precedenti esperienze lavorative e Alla ricerca di una prima occupazione. Sono residenti nel Mezzogiorno, hanno la cittadinanza italiana e il diploma di maturità. Sono in un nucleo familiare monogenitoriale, maschi e vivono in una città metropolitana o grande comune. Questo è il cluster più numeroso e mette in luce la fragilità del mercato del lavoro del Sud, dove nonostante le azioni di ricerca e l’immediata disponibilità, i giovani hanno difficoltà ad introdursi per la prima volta nel mercato occupazionale. Il terzo gruppo descrive gli Ex occupati in cerca di un nuovo lavoro. Hanno tra i 25 e i 29 anni, hanno perso o abbandonato un lavoro e ora sono alla ricerca. Sono principalmente maschi, con un alto livello di istruzione, appartenenti ad un nucleo familiare single e percepiscono un sussidio di disoccupazione. Vivono nelle regioni centrali del Paese. Infine, ci sono gli Scoraggiati: giovani dai 30 ai 34 anni con precedenti esperienze lavorative e ora inattivi. Sono principalmente residenti nelle regioni del Nord Italia e in aree non metropolitane. Incidono in questo gruppo il genere femminile e il nucleo familiare composto da una coppia senza figli.
Katia Scannavini, Vicesegretaria generale ActionAid Italia spiega: “Destrutturare il fenomeno NEET e decostruire gli stereotipi che per anni hanno ostacolato la realizzazione di politiche adeguate sono passi essenziali da fare. Servono politiche integrate, sostenibili nel tempo e che rispondano in modo efficace ai bisogni specifici dei giovani, riconoscendo tra le cause della condizione di NEET le disuguaglianze che attraversano l’intero Paese. È necessario ripensare ai servizi, lavorare a stretto contatto con i territori, rafforzare le reti di prossimità, intercettare i giovani più lontani dalle opportunità. Prevenire e contrastare il fenomeno NEET significa per ActionAid garantire giustizia economica e sociale alle nuove generazioni, l’esercizio dei propri diritti, l’accesso ad eguali opportunità, indipendentemente dalla condizione socioeconomica di partenza, dal genere, dalla cittadinanza e dalla Regioni in cui si vive”.
Per il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari: “Occorre modificare la narrazione sui giovani nel dibattito pubblico, per ridare loro centralità nelle politiche e negli interventi dei prossimi anni. I giovani non sono il problema del nostro Paese, ma una straordinaria risorsa fin qui inespressa. Le condizioni di contesto, infatti, li hanno relegati troppo spesso in una situazione di esclusione sociale come quella dei Neet”. “È indispensabile partire - prosegue - dall’analisi delle politiche pubbliche che non sono riuscite a ridurre l’evidente svantaggio delle nuove generazioni, come la cosiddetta Garanzia Giovani. Contrasto alla precarietà nel lavoro, rilancio degli investimenti sul sistema pubblico di istruzione e formazione, pieno ed efficace utilizzo delle ingenti risorse che l’Europa sta mettendo a disposizione, dal Pnrr ai Fondi strutturali: sono questi gli ambiti prioritari su cui agire per invertire la tendenza”. “Solo così - conclude Ferrari - potremo ridurre le disuguaglianze e i divari che, in questi anni, si sono sempre più ampliati, valorizzando le nuove generazioni nel loro ruolo di leva per la crescita sostenibile e inclusiva del Paese”.
LE RACCOMANDAZIONI. Il Rapporto di ActionAid e CGIL dimostra che le disuguaglianze strutturali del Paese incidono sulla condizione di NEET, ma rivelano anche quanto la sofferenza vissuta da un’intera generazione di giovani sia, purtroppo, trasversale, complessa e profonda. Nello stesso tempo proprio per la pluralità dei fabbisogni e dei target l’analisi evidenzia la necessità di costruire percorsi integrati multi misura di media-lunga durata, che siano sostenibili nel tempo e strutturati e sappiano cogliere i bisogni intersezionali delle nuove generazioni, soprattutto se si vogliono avere effetti sulle popolazioni giovanili più fragili. Percorsi che sappiano adeguatamente integrare misure di innalzamento delle competenze e eventualmente dei livelli di istruzione con interventi di accompagnamento e inserimento al lavoro.
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Chi ha una alta formazione come la laurea non può definirsi un neet. In realtà ciò che manca è uba attenta calutazione post laurea per indirizzare i giovani o meno giovani verso un percorso formativo consono alla formazione che hanno. Le stesse procedure selettive sono fatte male . Non si può valutare uva persona semplicemente con dei quiz. Un intero sistema da anni aspetta una riforma vera
Gli inattivi & i disoccupati di lungo periodo dovrebbero riflettere sulla ben nota frase della maestra Maria Montessori che così suona:
"AIUTAMI A FARE DA SOLO"
E dovrebbero anche ricordare che la VITA è come la maratona di N.Y. dove tutti fanno il tifo per Te........c'è anche qualcuno che è diventato Ministro degli Esteri!
Allons Enfants
Aznavour
Io ho cominciato a 14 anni come cameriere e non mai smesso di lavorare da allora... Con tanti altri lavori... Quindi magari il problema sono anche aspettative troppo alte per alcuni x altri sono solo scuse xké si pretende un lavoro di serie A quando non si è mai fatto un giorno di gavetta.... Meditate
Ai miei tempi si chiamavano disoccupati.
Bravo, va in germania a lavare i piatti....
Se vuoi lavorare un lavoro lo trovi, non si trovano camerieri ecc. ecc. però i nostri laureati vanno all'estero credendo si andare a fare gli scienziati invece lavano piatti e fanno i camerieri...
Diciamo che nn ha voglia di fare una c....
Io non lavoro da circa un anno e, quando mostro la volontà di cambiare settore lavorativo, sia le agenzie interinali che il centro per l'impiego a cui faccio riferimento mi trattano da pazzo. Ho 32 anni, l'apprendistato per me non è più un'opzione e penso che se le aziende potessero formare lavoratori senza pagare migliaia di euro di tasse sarebbero più inclini ad assumere inesperti. A 32 anni potrei imparare qualsiasi, o quasi, lavoro d'ufficio in un anno e poi potrei essere un normalissimo dipendente. Se invece di fare il decreto crescita per i lavoratori che arrivano dall'estero aiutassero chi vuole cambiare vita rimanendo dove è nato e cresciuto, forse ci sarebbero meno NEET.
Per la cronaca, ho fatto il barista e cameriere per più di dieci anni, facendo sempre più di 50 ore a settimana e venendo sottopagato per tutto questo periodo. Voler cambiare vita da una situazione del genere mi sembra consono. Come me, tanti altri