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Caro Tribunale di Teramo ecco perchè non abbiamo commesso nessun reato...

di Giancarlo Falconi
10 minuti

Era il 5 febbraio del 2016.
Questa è la nostra storia.
Un blogger e un giornalista indagati e condannati per aver riportato una querela di parte.
Una denuncia scritta.
http://www.repubblica.it/cronaca/2016/02/08/news/giornalisti_condannati_a_teramo_colpevoli_di_aver_svelato_indagine_in_corso_il_sindacato_incomprensibile-132949704
Non abbiamo accettato l'oblazione e siamo andati avanti fino alla Cassazione.
Per mio conto non finirò mai di ringraziare mio fratello, l'avv. Gianni Falconi, l'avv. Giuseppina Di Massimo e l'avv. Giandonato Morra. 
Senza di loro non avrei avuto i mezzi economici per difendermi.
A volte, la giustizia, è uguale per tutti quelli che hanno i soldi per pagare un cassazionista. 
Un abbraccio a Fabio Capolla.
La Cassazione non assolve ma annulla la sentenza.
Ma il termine assoluzione mi desta l'anima. 

Per stile e lignaggio, attendo dalla Procura di Teramo e dal Tribunale di Teramo un caffè sospeso al bar dello stesso tribunale.
Ristretto e senza zucchero.
Grazie. 
A voi, miei cari giudici, per studio e per evitare altre simili barbine cantonate giuridiche, le motivazioni della Cassazione.
Farà Giurisprudenza anche per vostro merito...

RITENUTO IN FATTO 
1. Con sentenza del 5 febbraio 2016, il Tribunale di Teramo dichiarava Falconi Giancarlo e Capolla Fabio Massimo responsabili del reato di cui all'art. 684 cod. pen. loro rispettivamente ascritto e, operata la riduzione per la scelta del rito, li condannava, ciascuno alla pena di C. 160,00 di ammenda, concedendo agli stessi i doppi benefici di legge. tribunale
Premetteva il Tribunale che era pacifico che i due suddetti imputati avessero pubblicato gli articoli meglio descritti nel capo di imputazione riportando stralci e contenuto di una denuncia sporta da Capponi Anna, le cui indagini erano in corso; quindi, dopo avere ampiamente esposto il sistema normativo in materia delineato dal combinato disposto degli artt. 684 cod. pen., 114 e 329 cod. proc. pen., concludeva affermando che tra gli atti di indagine effettuati direttamente o per iniziativa (o delega) del Pubblico Ministero e della Polizia Giudiziaria rientrano le denunce apprese dalla polizia giudiziaria e  il verbale di spontanee dichiarazioni e acquisizione documentale rese da parte privata  innanzi alla stessa, trattandosi di atti destinati a confluire nel fascicolo processuale e a essere utilizzate per tutte le indagini da eseguirsi e che ricadono sotto la previsione di cui al comma 1 dell'art. 329 del codice di rito. 2. Avverso detta sentenza gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione con due distinti atti di identico contenuto. 2.1. Con il primo motivo, i ricorrenti hanno denunciato "inosservanza della legge penale di cui all'art. 606, comma 1 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all'art. 329, comma 1, in combinato disposto con gli artt. 357, 114, commi 1 e 7 cod. proc. pen. e 684 cod. pen. poiché la denuncia scritta è atto privato non soggetto a segreto istruttorio". La difesa dei ricorrenti sostiene, infatti, che gli atti coperti da segreto ai sensi dell'articolo 329, comma 1, cod. proc. pen., sono gli atti di indagini compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, per i quali vige il divieto di pubblicazione ex articolo 114 cod. proc. pen.; e sostiene altresì che l'articolo 357 cod. proc. pen. elenca gli atti coperti da segreto istruttorio perché soggettivamente riferibili al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria e tra questi la denuncia presentata oralmente, ma non quella scritta che è atto della parte privata. 
2.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti hanno denunciato "manifesta illogicità della motivazione ex art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen., poiché interamente contraddittoria per avere ritenuto il giudice di prime cure la denuncia scritta dal privato soggetta ex art. 329, comma 1, cod. proc. pen., a segreto istruttorio mentre contestualmente riteneva, in premessa, sottoposti a segreto istruttorio gli atti soggettivamente riferibili non al privato ma al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria". 2.3. Con il terzo motivo i ricorrenti hanno denunciato "mancanza di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per avere ritenuto il giudice di primo grado genericamente che il contenuto della denuncia potesse evincersi dall'informativa di polizia giudiziaria senza, tuttavia, specificare né quale attività né quali atti di polizia avessero formato il suo convincimento nel pervenire al giudizio di colpevolezza". 
CONSIDERATO IN DIRITTO 
3. Il primo motivo di ricorso è fondato ed è assorbente rispetto agli altri. Osserva, infatti, il Collegio che la contravvenzione di cui all'art. 684, cod. pen., sanziona "chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa di informazione, atti o documenti di un procedimento penale di cui sia vietata per legge la pubblicazione". È perciò evidente che la condotta di arbitraria pubblicazione deve riguardare "atti" o - con pari rilevanza - "documenti" che ineriscano a un procedimento penale, dei quali la pubblicazione sia vietata per legge; e che tale ultima espressa indicazione normativa - divieto per legge - impone di percorrere l'unica strada ermeneutica dotata di legittimità e cioè quella volta a rinvenire nell'ordinamento penale i termini di legge che attengano al divieto di pubblicazione di atti e documenti di un procedimento penale. In tal senso il riferimento obbligato è senza dubbio alcuno quello dell'art. 114 cod. proc. pen. il  quale stabilisce al primo comma: "È vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto, o anche solo del loro contenuto". a v
Quanto sopra premesso, per individuare gli atti e i documenti coperti dal segreto, per i quali vige il divieto di pubblicazione, ex art. 114 cod. proc. pen. e che dunque costituiscono materia del reato di cui all'art. 684 cod. pen., è necessario fare riferimento all'art. 329, comma 1, cod. proc. pen., che indica espressamente come coperti dal segreto "gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria": dunque, si deve trattare di atti di indagine effettuati direttamente o per iniziativa (o delega) dei predetti organi pubblici. Ebbene, per gli atti di indagine in senso stretto formati dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria, come ad esempio gli esami di persone informate e gli interrogatori degli indagati, non si pone alcun problema relativamente alla loro segretezza, dal momento che si tratta di atti in ogni caso ricompresi nel primo comma dell'art. 329 cod. proc. pen.; mentre per la categoria dei documenti che siano entrati a far parte del contenitore processuale, la questione è ben diversa. E infatti - secondo la giurisprudenza di questa Corte - tali documenti, ai fini del segreto, rientrano nella previsione di legge ove abbiano origine nell'azione diretta o nell'iniziativa del pubblico ministero o della polizia giudiziaria e perciò quando il loro momento genetico, e la strutturale ragion d'essere, sia in tali organi. Con la conseguenza che tale conclusione non può valere ove si tratti di documenti aventi origine autonoma, privata o pubblica che essa sia, non processuale, generati non da iniziativa degli organi delle indagini, ma da diversa fonte soggettiva e secondo linee giustificative a sé stanti. Dunque, non possono rientrare nella categoria del segreto, ai fini in esame, i documenti che non siano stati compiuti dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria, in conformità a quanto stabilito dall'art. 329, comma 1, cod. proc. pen., ma provengano da privati e siano entrati a far parte degli atti processuali per loro iniziativa. A tal proposito va ribadito quanto affermato da questa stessa sezione (cfr.: Cass. pen., sez. I, 9 marzo 2011, n. 13494), e cioè che tale conclusione si impone da un lato per il principio di tipicità, stante il tenore letterale di una norma integratrice di quella penale ("atti di indagine compiuti dal P.M., ecc."), dall'altro per la logica giuridica che impone di ritenere che qualità e matrice genetica di un documento possa perdere o mutare valore e significato se versato agli atti di un procedimento penale, neppure se in forza di una eventuale acquisizione disposta dagli inquirenti. E in vero, non può darsi, al termine "compiuti", di cui all'articolo 329 cod. proc. pen., un significato tanto ampio da farlo fuoriuscire dal suo intrinseco valore semantico; del resto, diversamente opinando, la disposta acquisizione in ambito processuale, a fini di indagine, renderebbe in pratica inutilizzabili documenti, come ad esempio una delibera societaria o un provvedimento amministrativo, che invece pacificamente conservano la loro piena autonomia giuridica. A maggior ragione, dunque, la denunzia scritta da una parte e da questa presentata ai pubblici ministeri o alla polizia giudiziaria non può essere considerata alla stregua di atto "compiuto" da costoro. Dalle su esposte considerazioni, consegue che gli imputati ricorrenti devono essere assolti con la formula "il fatto non sussiste", in ragione della mancanza, nella condotta loro attribuita, di un elemento essenziale della struttura giuridica del reato contestato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i fatti non sussistono. 
Così deciso, il 2 febbraio 2017 
 

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Commenti

Complimenti!

Una cosa mi ha colpito:
"Senza di loro non avrei avuto i mezzi economici per difendermi."
Giustizia e Sanita' solo per chi puo' permetterseli...

Gianni Falconi è un vero Signore

Quante risorse pubbliche sprecate per un cazzo di niente! Mentre il malaffare a teramo e dintorni regna indisturbato!!! Vergogna!!!!

I miei complimenti per la vittoria in Cassazione. Non è stata una bella figura per il tribunale di Teramo.
Spero che il caffè sia pagato. Sarebbe un gesto intelligente.

Mi associo ai complimenti con l'amarezza che in questo paese di m ci si può difendere e curare soltanto con il denaro.

In effetti,in questi casi credo che chi sbaglia .........paghi .....ed i cocci sono suoi.
Se è vero che la legge è uguale per tutti,credo che anche quei giudici che sbagliano,dovrebbero pagare e non ridurre sul lastrico i poveri cittadini,per i loro errori.

Di "cantonate" giuridiche nel Tribunale cittadino pare ce ne siano abbastanza. Poche ne vengono portate a conoscenza.
Molti non possono, per motivi economici, arrivare fino alla Corte di Cassazione. Rinunciano ad avere giustizia.
GGGGG!
Grandi Giancarlo, Gianni, Giuseppina, Giandonato!

Con il sisma non ho potuto chiudere mai il gas, neanche durante le mie assenze, nonostante le raccomandazioni dell'ex sindaco Brucchi.
Il Giudice che doveva sentirmi per decidere la coatta liberazione degli ostacoli nel mio contatore, che fa? Accetta il rinvio del procedimento richiesto dall'avvocato della controparte A CAUSA DEL SISMA.
Povera Teramo.

vedi Giancarlo.. la legge non è uguale sempre per tutti.. una sentenza a noi favorevole risarcitoria di un grave torto subito che ancora non viene eseguita dal tutore di una signora incapace ... suo malgrado la signora erede del vero truffatore.. ella voleva anche pagare... ma una persona a cui è stato affidato in buona fede la gestione del suo patrimonio ancora non paga.. abbiamo con l'avv.to P. avvisato il giudice tutelare... ma nulla.. lui continua a vendere gli immobili .. per ora un milioncino di euro.. e noi invece che essere risarciti dobbiamo continuare ad aspettare e avv.ti compiacenti fanno il resto.. presto un'esposto pubblico alla procura per circonvenzione di incapace...distrazione di denaro.. ecc... sequestro di patrimonio... ecc... la legge non è sempre uguale per tutti...

@mamma incazzata.
Se la consola io sto lottando per far rispettare sentenze che condannano enti pubblici.
Sugli Avv.ti compiacenti (che si coprono a vicenda) se ne faccia una ragione. Se non interviene l'Ordine degli Avvocati e/o alcuni giudici che non si decidono a condannare dei veri e propri truffatori non si risolverà nulla. Parlo per esperienza diretta. Il segreto è non mollare.

Rallegramenti per l'esito, ma occhio alla demagogia: per chi non può permettersi un avvocato c'è l'istituto del gratuito patrocinio. Paga lo stato.

Signor Pino la ringrazio della solidarietà... nel mio nickname c'è tutta la mia forza. Gli avv.ti che si accordano alle spalle dei loro assistiti andrebbero radiati dall'ordine... combatteremo anche per questo...