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Agosto 2012: Anil Chamar partecipa all’investment committee di Reliance Capital

di Marco Moschetta
13 minuti

“METRO-CAMMEL LTD.  ENGLAND”
Ogni mattina, schiacciato tra la folla del treno locale che lo portava da Nariman Point al distretto nord-orientale di Mumbai dove sorge il Complesso Dhirubhai Ambani Knowledge City, Anil si fissava a leggere quella scritta fusa sul ferro del battitacco del treno. Ogni mattina era un tragitto di due ore, tra spintoni, gomitate e l’odore delle oltre duecento persone pigiate in ogni carrozza.
Alle sette, il passaggio alla Victoria Grand Station era un esercizio di ginnastica a cui era ormai allenato. Per evitare di perdere il posto tra la fiumana di passeggeri in violenta uscita e poi in ingresso, aveva imparato ad alzarsi sulle braccia puntando la cornice del finestrino con i mocassini e facendo leva sul mancorrente. Rimaneva così in equilibrio trasversale per un mezzo minuto, fino a che le porte non si richiudevano e il convoglio ripartiva con un secco strattone in avanti.
Circa un’ora dopo, quelle porte si riaprivano in una stazione di leggere colonne di acciaio, pensiline in vetro temperato e profili di legni chiari. I grandi orologi a led riportavano l’ora locale e quella di Londra, New York, Singapore, Mosca, Rio e Shangai. Sotto il banale logo blu e rosso di Reliance Capital scorrevano i ticker con i prezzi dei titoli e la variazione percentuale rispetto alla chiusura della seduta precedente. La folla che usciva dal treno alla fermata Knowledge City era molto diversa da quella che si fermava alla Grand Station: uomini in completo dai toni di grigio e cravatte sottili nere, giovani donne con coloratissimi e lussuosi sari, o addirittura ragazze in tailleur blu o crema.
All’arrivo al Knowledge City quel lunedi 13 agosto 2012 Anil era particolarmente concentrato e teso. Alle nove sarebbe iniziato l’investment committee a cui lui, per la prima volta, era stato chiamato a partecipare. Da quando lavorava per Reliance Capital, il braccio finanziario di uno dei principali conglomerati indiani, era sempre stato all’altezza delle sfide che, giorno dopo giorno, gli si presentavano.
Aveva passato il weekend a rivedere la sua presentazione sui dati macro delle principali economie dell’area Euro. I temi su cui decidere erano:
1. Conviene effettuare un posizionamento “short” scommettendo contro i titoli dei paesi periferici dell’area Euro?
2. Se la risposta alla prima domanda è affermativa, come aggirare il divieto sulle vendite allo scoperto imposto di recente sui mercati europei?
Ad Anil spettava di fornire un quadro con i dati macroeconomici dell’area Euro, mentre il suo collega Rishab si era occupato della strategia di trading.
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Attraversando il grande atrio marmoreo del Reliance Knowledge Center, Anil passava davanti la statua bronzea di Dhirubhai Ambani, il fondatore del gruppo. In una vita, partendo da addetto ad una pompa di benzina, Ambani aveva creato il gruppo industriale-finanziario leader in India e secondo solo a Tata. Alla morte di Dhirubhai Ambani, avvenuta nel 2002, il Gruppo aveva subito una scissione derivante dalla rivalità tra i due eredi. Il maggiore di questi, Mukesh – proprietario della casa più costosa al mondo, la residenza “Antilia” a Mumbai, in cui lavoravano oltre 600 inservienti e che era costata oltre un miliardo di dollari – e il fratello minore Anil Ambani, amministratore delegato della Reliance Capital.
Di fronte a quel potere e a quella ricchezza, Anil ricordava ogni mattina il mantra di Dhirubhai Ambani, ed aveva quasi timore a farlo proprio:
Pensa in grande. Pensa veloce. Pensa avanti. Le idee non sono monopolio di nessuno.”
In milioni, in India, si alzavano ogni mattina con quelle idee in testa. Anil sapeva che le probabilità che quella chiamata fosse per lui erano pressoché nulle. Ma se ne sentiva comunque attratto.
Anil, come hai passato il weekend?”
Lo interruppe il suo amico Rishab, raggiungendolo per le scale.
Sai che ci sarà anche Mr. Ambani? Aveva visto i profitti che suo fratello ha fatto l’estate scorsa scommettendo contro l’Europa a causa delle incertezze politiche italiane ed è molto interessato a capire se una finestra simile si apre quest’estate
Anil si era subito ripreso dalle sue visioni, ed entrò subito in argomento
Credo che andrà deluso, Rishab. La Deutsche Bank, che l’anno scorso era uscita quasi totalmente dai bond di stato italiani, è rientrata acquistando titoli a 5 e 10 anni per quasi un miliardo di euro. Il suo portafoglio di titoli di stato italiani, che prima della crisi italiana dell’estate scorsa era di oltre 11 miliardi, e che era arrivato praticamente a zero, oggi è già tornato sopra 3 miliardi.
Rishab Sharawi, con uno spirito tipicamente da trader, era un grande cultore delle dietrologie che attraversavano continuamente le sale trading. Lanciò rapidamente all’amico una suggestione quasi cospirativa
Hai letto l’Economist di venerdi scorso? I Brits – andando giù pari – consigliavano alla Merkel di mollare tutto e tornare al Deutsche Mark.
Anil invece si manteneva molto quantitativo
Io non credo, amico mio. L’Euro resisterà, perché sta meglio del dollaro. Con tutte queste turbolenze, con tutte le copertine con monetine da 1 euro spezzate, siamo ancora a 1,25 sul dollaro. Significa solo una cosa: la Fed sta pompando dollari per far ripartire l’economia USA, mentre a Francoforte tengono botta. Ma non preoccuparti: se si dovesse arrivare sul precipizio, segnalato dallo spread italiano per due settimane sopra 500, si allineeranno tutti e daranno mano libera a Draghi.
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Il grande tavolo da riunioni in pesante mogano si stendeva davanti ai 12 consiglieri di amministrazione della Reliance Capital. Anil Ambani, in un completo grigio attillato che non riusciva a strizzare più di tanto la sua giovane ma un po’ bolsa figura, esordì sicuro e diretto, scandendo le parole nel buffo Indian-English da cui non era mai riuscito a ripulirsi nonostante l’MbA a Wharton
Noi siamo tra i primi tre gruppi finanziari di questo Paese. Esattamente un anno fa, istituzioni come JP Morgan, Goldman Sachs, Merrill Lynch hanno guadagnato miliardi vendendo allo scoperto titoli di stato italiani. L’anno scorso, diciamolo pure, la partita era facile: il CEO dell’Italia era un buffone che nonostante il suo successo nel business dimostrò di non capire assolutamente nulla di mercati finanziari globali.
Quest’anno è più difficile, e non perché la situazione dell’Italia sia mutata a livello macroeconomico. Sembra che il Paese sia stato commissariato, e dopo il disastro finanziario oggi le decisioni che contano sono state tolte dalle mani dei suoi politici irresponsabili. Ora la musica la suona questo Prof. Monti, che gode di grande credibilità internazionale ed ha un tocco diplomatico raffinato. Alla Bce c’è anche un italiano, Draghi, che farà di tutto per difendere l’Euro non perché è italiano.
E’ difficile, ma qualcuno vuole comunque provarci. Mi sono sentito con dei miei consulenti a Londra e New York – tutti sono pronti a sparare bordate di grosso calibro alla minima incertezza. E stavolta anche noi ne approfitteremo. Nonostante il divieto di vendite allo scoperto sui mercati europei.
Anil e Rishab sedevano dietro a Sir Amithab Jurijunvala, il direttore finanziario del gruppo, a cui era rivolto il cenno conclusivo di Mr. Ambani. Il 55enne di etnia Sikh iniziò a parlare dopo aver fatto un cenno a Rishab, che fece partire la proiezione del powerpoint.
Dopo esserci a lungo sentiti con i nostri legali di Simmons & Simmons abbiamo elaborato una strategia a doppio binario per aggirare i divieti di vendite allo scoperto.
Per prima cosa, punteremmo su dei contratti derivati. Dopo le vicende dell’estate scorsa, è proliferato un vasto mercato di opzioni call che sono deep-in-the-money sui titoli del debito pubblico dell’Italia e degli altri paesi euro periferici. Sappiamo chi detiene queste opzioni, e siamo già pronti a fare dei contratti di prestito con loro per effettuare delle rapide vendite allo scoperto per ammontari di oltre 190 milioni di euro in valore. In caso di calo dei corsi obbligazionari del 30%, il nostro utile, ricomprando le opzioni ormai svalutate, sarebbe stimabile in circa €55-€60 milioni. Il tutto in poche settimane e con un’esposizione pari al costo dell’affitto dei titoli. Come copertura, potremmo acquistare opzioni call sull’Euro, che si rafforzerà se i timori sullo scenario break-up dovessero venir meno.
Il secondo binario di questa strategia è molto meno complicato. Andremmo a prendere in prestito titoli a New York, Londra, Chicago, Tokyo: tutti mercati su cui queste restrizioni non hanno valore.
E’ ovvio che partiremmo solo dietro a qualche grande di Wall Street, che è fondamentale per dare potenza a questa strategia che metterebbe sotto grandissima pressione i titoli dei Paesi target. La buona notizia è che, se partono loro, un minuto dopo riceviamo una telefonata e siamo della partita anche noi.
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Ad Anil toccò la parte macro. Aveva pronte delle slides molto semplici, piene dei grandi numeri colorati che sognava da bambino. Sir Jurijunvala questa volta lasciò la parola al suo assistente, e si appoggiò allo schienale della poltrona accarezzando la sua lunga barba sale e pepe.
Con un PIL previsto in calo di quasi il 3% nel 2013, e un debito che schizzerà ad oltre il 127%, l’Italia è il vero punto debole d’Europa. In termini assoluti, inoltre, l’Italia ha un debito mostruoso, che si avvicina ai 2.000 miliardi di euro, ed un onere per interessi di oltre 85 miliardi di euro, il più elevato in Europa.
L’Italia conta a livello continentale e a livello globale perché è una grande economia, ha un grande debito e se fallisce diventa “too big to bail”, troppo grande per essere salvata.
Spagna e Francia preoccupano molto. Sono due economie che non hanno un debito troppo elevato in termini relativi al PIL, ma i loro stati hanno dei deficit molto elevati: 6,5% per la Spagna e 4,5% per la Francia.
Il mercato sembra tranquillo, almeno fino ad oggi, solo perché pare che finalmente Italia e Spagna si siano avviate verso risolute politiche di contenimento del deficit. Per quanto riguarda l’Italia, oggi lo scenario è completamente cambiato rispetto ad un anno fa. Il governo Monti e le due principali forze politiche stanno lavorando a piani di riduzione strutturale del debito tramite cessioni del patrimonio pubblico o interventi sul patrimonio privato.
Il patrimonio delle famiglie italiane è tra i più elevati al mondo: vale quasi 8 volte il PIL. Paesi come l’Inghilterra e la Germania hanno patrimoni privati pari a 6 volte il PIL.
 Lo interruppe Sir Jurijunvala, alzandogli la mano davanti.
Probabilmente il differenziale deriva dall’elevata tendenza all’evasione fiscale dell’Italia. Meno tasse pagate, più patrimonio accumulato nelle mani dei privati.
C’è un problema di crescita in Italia, Sir” – riprese la parola Anil.
E’ un’economia completamente ferma, anzi in decrescita, a causa di un sistema collusivo tra politica, grande burocrazia di stato e varie corporazioni. E, ovviamente, il peso fiscale record al mondo.
Concordo col mio omonimo” – intervenne Anil Ambani, il CEO di Reliance Capital, che fino a quel momento aveva ascoltato tutti gli interventi con attenzione. “Secondo il concièrge del Cavalieri Hilton a Roma, dove sono stato tempo fa con mia moglie, in Italia anche per avere una licenza taxi c’è bisogno dell’amico politico. E’ un sistema bloccato, ognuno pensa per sé e non c’è nessuno che abbia il senso del bene comune”
Si fermò un attimo, bevve un sorso d’acqua.
Se ci arriva la chiamata da New York noi partiamo all’attacco dietro agli americani, comunque. Vorrà dire che la mia prossima vacanza a Roma sarà molto, ma molto più economica. Resta sempre un posto meraviglioso, dopo tutto!



 





 

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