Il libro “Le donne che leggono sono pericolose” (di Stefan Bollmann ed Elke Heidenreich, edito da Rizzoli) presenta – attraverso dipinti, immagini e fotografie - la storia della lettura al femminile a partire dal Medioevo fino al XXI secolo.
Dall’“Annunciazione” di Simone Martini, all’“Anziana donna che legge” di Rembrandt; dalla “Donna che legge una lettera” di Vermeer, alla “Fanciulla che legge” di Franz Eybl; dalla “Lettura (Le tre sorelle)” di Matisse, a “Marilyn che legge Ulisse” di Eve Arnold.
Per millenni la cultura non ha lasciato spazio alle donne, che restavano relegate in casa, dedite alle attività domestiche. Nell’antichità esse non potevano addirittura parlare in pubblico: “le donne devono tacere nelle assemblee. A loro infatti non è premesso parlare” (San Paolo, I Cor. 14). Non è un caso che sul rogo finissero donne e libri: le prime viziose come Eva, concubine del demonio, i secondi strumenti di emancipazione e di potere.
Da quando le donne hanno potuto scegliere la lettura come passione consapevole sono diventate una minaccia. La lettura fa scoprire le carte, rende possibile il cambiamento: infatti immedesimarsi nelle esperienze altrui allarga l’orizzonte di percezione.
Le donne che leggono non temono il confronto. Sono coraggiose perché consapevoli. Sono belle, di quella bellezza che non tramonta. Sono viziate perché una vita non basta loro.
Non pensate di adularle con complimenti, perché sanno che potrebbero essere fasulli. Si annoiano delle conversazioni superficiali, ma sanno che servono anche quelle.
Non scendono a compromessi, semmai li dettano. Talvolta alzano la voce, ma solo quando hanno ragione.
Queste donne non si accontentano di essere amate, vogliono essere anche stimate.
La lettura è un vizio, di quelli che durano tutta la vita. È un vizio faticoso e travolgente di cui non si può fare a meno.
“La lettura è un atto di isolamento amichevole. Quando leggiamo, diventiamo irraggiungibili. Forse è questo che per molto tempo ha interessato i pittori nel ritrarre i lettori: di mostrare alla gente quello stato di profonda intimità che è escluso agli altri”.
Maria Cristina Marroni
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