"Ho letto non senza curiosità che tornano d’attualità rilievi sulla mia condotta formulati a suo tempo che sono stati mostrati infondati dai tribunali di ogni ordine e grado, che in 52 differenti pronunciamenti hanno riconosciuto la mia innocenza.
Da uomo che ha servito le istituzioni sono naturalmente portato a rispettare integralmente l’operato della magistratura e a rimettermi ai suoi giudizi, ben sapendo che nel processo è possibile per le parti far valere le proprie buone ragioni e ottenere un giusto giudizio.
D’altra parte trovo ragionevole sottoporre ad accertamenti la correttezza di chi ha svolto funzioni pubbliche, soprattutto se nelle sue decisioni ha adottato migliaia di provvedimenti che hanno trasformato e potenziato il territorio di riferimento. Drammatica è, semmai, la condizione di figure delle amministrazioni sottoposte ad accertamento davanti all'inesistenza decisionale e all’inconsistenza realizzativa.
Io ho sempre seguito il primo comportamento, ricevendo sempre la conferma dell’insussistenza delle accuse e della legittimità del mio operato, anche di pubblico amministratore.
Non vorrei, invece, che si volesse instaurare un grado di giudizio non previsto dall’ordinamento ed estraneo alla Costituzione, rappresentato non dalle aule di Giustizia, ma dall’utilizzo strumentale di accuse riconosciute infondate dai giudici.
Allego, comunque, alla presente nota la sentenza emessa dal Tribunale di Pescara l’11 febbraio 2013, aggiungendo che è solo una delle molteplici sentenze di assoluzione “perché il fatto non sussiste”.
In conclusione osservo che non escludo di trovarmi in futuro davanti ad ulteriori accertamenti di correttezza procedimentale, poiché è certo che non mi sottrarrò mai alle responsabilità che la democrazia regionale mi affiderà, anche se dovessero comportare rischi da assumere personalmente. Sono pronto".
Luciano D'Alfonso
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