Salta al contenuto principale

Il Corrosivo... Censura a scuola. Dio ce ne liberi!

di Elso Simone Serpentini
9 minuti

Recentemente sono stato, mio malgrado, testimone e protagonista di uno spiacevole episodio (spiacevole da qualsiasi punto di vista lo si consideri) avvenuto in un edificio scolastico, uno di quegli edifici dove ho trascorso una vita intera considerandoli come gli ultimi posti al mondo in cui quello che mi è accaduto mi sarebbe potuto accadere. Ero stato invitato a parlare di un libro di un giovanissimo “enfant prodige” teramano, Marco Esposito, autore ad appena 15 anni di un’opera che ha già avuto e sta avendo molto successo, intitolata “Il vaso di Pandora”.
Dopo essere stato relatore del libro in questione in molteplici occasioni (sale pubbliche, biblioteche, librerie e altri contesti), era la prima volta che mi si dava l’occasione di farlo in un contesto scolastico, nell’ambito di un’assemblea studentesca, in un istituto di scuola media superiore di Nereto.
Ho esordito, prendendo la parola, proprio parlando dell’emozione del mio primo ritorno in una scuola dopo un lungo periodo di pensionamento successivo a 35 anni di servizio come docente.

A questo punto, passo al presente storico,
ritenendo che meglio si presti al racconto di quanto accaduto.
Aspetto, insieme con il giovane autore e con l’editore, che si concluda la prima parte dell’assemblea studentesca, dopo aver accettato ben volentieri il caffè offertomi dalla preside al bar della scuola.
Dalla sala dove si sta svolgendo l’assemblea mi giunge il rumore familiare di studenti che discutono. Entro, mi siedo al tavolo e prendo la parola.
Come anticipavo, qualche parola di circostanza, parlando della mia emozione nel tornare a rivolgermi a degli studenti, poi entro in argomento.

Il libro. Già, il libro.
E’ un libro del genere fantasy, scritto da un giovanissimo e forse gradito a lettori giovanissimi, ma il titolo è “Il vaso di Pandora”.
Si presta, a partire dai richiami mitologici, a sollecitazioni metaforiche, che consentono una lettura critica di fatti contemporanei.
Cerco di fare ciò che so, per esperienza, essere essenziale e determinante quando si parla a dei giovani studenti: suscitare interesse.

Penso di riuscirci, stando all’attenzione con la quale vengo ascoltato. Traccio un panorama di largo respiro, come si conviene, perché, presentando un libro, non ci si può limitare all’esposizione della trama e alla decantazione dei meriti dell’autore e dell’opera, tanto più che ci si rivolge a persone che non lo hanno ancora letto. Inquadro il tutto nell’ambito del contesto sociale e storico nel quale viviamo... All’improvviso, dal pubblico si stacca la figura della preside che, con tono davvero molto irritato, mi interrompe e mi invita a concludere alla svelta e a dare la parola all’autore.
Tanto più, osserva, che quello che sto dicendo non le garba, non lo trova consono e adatto all’uditorio, che va salvaguardato dalla mie osservazioni e dalle mie considerazioni, molte delle quali trova troppo politiche e pericolose, eversive... Rimango allibito. Sorpreso. Scandalizzato.

Continuo per un po’, poi irritato a mia volta, chiudo bruscamente e do la parola al giovane autore, che in altre occasioni ho bonariamente protetto e supportato. Marco è imbarazzato, indifeso, ma se la cava. La presentazione è finita, almeno la prima, quella ad un certo numero di classi.
Poi, dopo l’intervallo, ne è prevista un’altra, per altre classi, le ultime.
 
Nell’intervallo c’è, ovviamente, lo scontro con la preside, che torna a contestarmi. Le dico che accetto le critiche, le contestazioni, il confronto di opinioni, ma non la censura, che ero davvero scandalizzato per essermi sentito censurato per la prima volta durante la presentazione di un libro proprio in una scuola, che dovrebbe essere una palestra di libertà di espressione.
Osservo che non avevo davvero detto nulla di scandaloso o di eversivo, che quell’atteggiamento paternalistico nei confronti di studenti riuniti in assemblea non era giustificabile. Aggiungo che le assemblee studentesche dovrebbero essere di per sé autogestite e che il personale docente ha il compito di intervenire solo in caso di sovversione dell’ordine pubblico e che non mi sentivo un sovversivo.

Lei ribatte, inviperita. Le faccio presente che non è certo elegante e libertario invitare qualcuno a parlare agli studenti e poi pretendere di stabilire ciò che si può e ciò che non si può dire. Le dico che più che una dirigente scolastica mi sembra un sergente e quella scuola, più che una scuola, una caserma.
Che il mio compito era presentare un libro e non quello di un imbonitore che doveva magnificare la bontà di una saponetta da vendere.
Annuncio che non prenderò parte alla seconda presentazione, pur rimanendo seduto a fianco del giovanissimo autore, per sostenerlo quanto meno con la mia presenza.

Arrivata a metà della discussione con la preside, una funzionaria dell’ex provveditorato cerca una mediazione, dicendo di non aver capito come lo spiacevole episodio avesse avuto origine. Ma la mediazione è di per sé inopportuna, perché basata su conoscenze “de relato” di quanto stavo dicendo quando sono stato interrotto e perché chiaramente ispirata a “cerchiobottismo”, vale a dire al tentativo di dare un po’ torto e un po’ ragione all’uno e all’altro.

Il giovane Marco prende la parola da solo e mostra tutto il suo imbarazzo nel fronteggiare la situazione, pur aiutato dall’uditorio e soprattutto dagli studenti che dirigono l’assemblea. Sento che non posso esimermi dall’intervenire. Lo faccio, riprendo la parola, sia pure irritato.
Non riesco a non dire che la scuola deve essere, comunque, una palestra di libertà, che la libertà non si vende nemmeno a prezzo di tutto l’oro del mondo. Aggiungo altre considerazioni sull’importanza per i giovani di mettere a frutto nella vita anche più di quello che la scuola è riuscita a insegnare, riprendendo il concetto che stavo svolgendo quando sono stato interrotto.
Gli studenti applaudono. Hanno capito quanto è accaduto, mi manifestano la loro solidarietà. Lo fanno anche al termine dell’incontro, quando lascio la scuola, ancora deluso e irritato. Lo fanno quasi di nascosto, quasi temendo di farsi vedere da chi non vorrebbero essere visti.

Qualche frase esprime più della solidarietà a me, ma anche un disagio. Ci tengono a mostrarmi che stanno dalla mia parte.
La funzionaria del provveditorato continua a mediare, mi accompagna all’uscita, in sostituzione della preside, “impegnata” in altre incombenze inerenti il suo ufficio e il suo ruolo. Pare addirittura in un’altra scuola, perché i dirigenti scolastici sono pochi e al giorno d’oggi dirigono più scuole.
Mi dico di aver fatto bene a non mettere più piede in una scuola dopo il mio pensionamento. Mi riprometto di non farlo più.
Non mi sono mai piaciute le scuole che non sono scuole, ma caserme.

Non mi sono mai piaciuti presidi che non sono presidi, ma caporali o, al massimo sergenti.
Non mi sono mai piaciute le scuole dove non si consente ai giovani di crescere insieme con il diritto alla libertà di espressione del proprio pensiero e dei propri convincimenti.
Non mi è mai piaciuta la censura delle idee in nessuna delle sue forme e tanto meno mi piace quando la si esercita in una scuola e con la presunta giustificazione di voler proteggere i giovani. Che cosa è diventata la scuola in questi anni in cui ne sono stato lontano?

Me lo chiedo con tutte le apprensioni del caso. Che cosa sono diventati gli insegnanti in questi anni in cui non sono più stato loro collega? I giovani mi sono sembrati ancora quelli, intellettualmente curiosi, vogliosi di apprendere se ben sollecitati, desiderosi di dibattere.
Ma, se la scuola è diventata questa, Dio ci liberi da questa scuola!
                            
 

Commenta

CAPTCHA

Commenti

Caro Prof., mi consenta: la scuola e' diventata questa grazie alla Gelmini (grazie quindi anche al suo voto ovvero al suo non voto).
Oggi la censura e l'intimidazione si attuano con espedienti più moderni e solo apparentemente meno perversi e repressivi. Tutto ciò rappresenta un retaggio del regime fascista. Questo deve indurci ad una riflessione seria per difendere la liberta' di espressione,principio fondamentale di un Paese Democratico.
l'episodio che il prof. Serpentini riporta è il risultato di un processo che dura da vent'anni di trasformazione della scuola in aziende e dei presidi (dirigenti scolastici) in "managers"; da questo punto di vista dal ministro Berlinguer in poi c'è stata una continuità notevole nella politica dei diversi governi e direi che non ce la possiamo cavare gettando la responsabilità sugli ultimi due anni di gestione Gelmini. Ricordo ancora quando De Mauro ammoniva: "bisogna portare nella scuola la cultura del cliente", allora la gelmini era ancora studentessa. E poi la Moratti, ecc. Ecco i risultati di questo processo: i presidi vengono scelti indipendentemente dalla loro specifica cultura, ma cercando di far emergere le loro capacità di gestione aziendale, gli ultimi concorsi sono "tarati" per ottenere questo scopo, si pensi che la produzione culturale non è neanche presa in considerazione. Il tutto all'evidente scopo di ottenere dei funzionari ligi, più legati al ministero che alle comunità che amministrano. Beninteso ho conosciuto nella mia non brevissima carriera di insegnante ottimi presidi, ma lo erano perché, o per cultura o per età, indipendentemente dalle indicazioni ministeriali, cercavano di rimanere educatori e non solo gestori rivolti alla soddisfazione di un "cliente" ; evidentemente Serpentini, nell'episodio narrato, non ha avuto la fortuna di incontrare un dirigente di questo tipo.
si ma nel merito.. Detto così non si capisce neanche quale pensiero sia stato censurato. "Traccio un panorama di largo respiro ... Inquadro il tutto nell’ambito del contesto sociale e storico nel quale viviamo" professò c'hai detto che ha fatto incazzare la signora?!
Caro professore.......(nulla, il mio è un sospiro...) .. le dico solo che avendo studiato fuori regione, (per mia fortuna) ho avuto dei docenti come Lei, integri e con la voglia di insegnare trasmettendo, oltre che "dati" anche i valori che ci distinguono dagli animali( che talvolta sono migliori di noi). Con orrore, tornando in questa città, mi sono sorpresa, ed anche irritata, quando il primo dei miei figli, tornando da scuola mi raccontò , che la prima domanda postagli dall'insegnante di turno fu: di chi sei il figlio??? questa è Teramo....la cultura, la libertà d'espressione, vengono censurate, se non sei il figlio di.....
Per Anonimo. Ho scritto: "Aggiungo altre considerazioni sull’importanza per i giovani di mettere a frutto nella vita anche più di quello che la scuola è riuscita a insegnare, riprendendo il concetto che stavo svolgendo quando sono stato interrotto." Penso, perciò, che si capisca bene quale concetto stavo esprimendo: stavo dicendo che la scuola insegna nozioni e valori, ma che nella vita ciascuno è chiamato a mostrare il proprio valore e a mettere in atto le proprie capacità anche al di là di quanto la scuola riesce a trasmettere e a insegnare e di come la scuola lo abbia giudicato. In particolare, stavo anche dicendo che la mia generazione, quella che si era formata nel '68 (io mi sono laureato nel 1966 e tornai subito a insegnare nel liceo dove ero stato studente diplomandomi nel 1961) , aveva sostanzialmente fallito, lasciando una scuola e degli insegnanti non sempre all'altezza delle aspettative dei giovani. Ma, al di là del merito, qualsiasi concetto io stessi svolgendo, se non chiaramente contrario alle previsioni del codice penale, non si può esercitare alcuna forma di censura, tanto meno in una scuola. Aggiungo che, presentando un libro, è assai riduttivo parlare solo del libro, senza allargare il discorso a considerazioni che la lettura del libro suscita.
Professore, sicuramente ricorderà che dal 1975 al 1983 non ci furono concorsi per l'inserimento in ruolo degli insegnanti elementari. La metamorfosi era iniziata. Il signor Artese, ben documentando la politica dell'epoca, ha illustrato proprio questa voglia di modificare la scuola. Noi studenti che ci diplomammo nel 1975 fummo scavalcati tramite le leggine che miravano ad inserire i lecchetti che avevano raggiunto qualche incarico negli enti come precari da sistemare. Oggi sentiamo bambini che, dopo la licenza media, continuano a cantilenare come le loro maestre. Il regime a scuola era arrivato. Ormai non mi meraviglio più di niente.
La scuola oggi e' lo specchio della societa' lecchini e ancora lecchini e non meritocrazia, se c'e' qualche insegnante che vuole appunto insegnare bene viene attaccato da tutti in primo luogo dai genitori. Cerchiamo di svegliarci e mandiamo a casa questo sistema di m...........
Caro prof. tutta la mia solidarietà. Nella scuola ci sono tanti operatori di grande spessore che il più delle volte devono confrontarsi con colleghi e dirigenti mediocri, i quali approfittano di questo strumento per scaricare in modi raffinati le proprie tensioni o fallimenti di vita che sono da ricercare in altri ambiti. L'Intelligenza paga sempre a distanza e al costo di grandi sacrifici. Se le cose stanno come Lei dice, mi si sta "accapponando" la pelle dalla vergogna!!!!!!!!!!
Caro Bakunin, è vero, oggi ci sono mezzi più subdoli di intimidazione che piacciono molto anche ai comunisti, moltissimo...
LA PRESIDE CHE LE SI E' GONFIATA LA VENA DEL COLLO, in senso di rabbia, ed ha tentato di zittire, censurare, insolentire il prof. serpentini la paragonerei più ad una marionetta che ad una bambina che si diverte a mutilare le bambole (nel senso di censura). forse la preside si è sentita inadeguata ed ha temuto di perdere il proprio prestigio per qualche tesi " elevata" del professore. ha avuto, forse, la sgradevole sensazione di non poter esercitare il ruolo di prima donna indaffarata, con l'elmetto e la borsa della spesa da terminare. manie di potere e frustrazioni in quantità tali da renderla insopportabile, ma non abbastanza grande da farla apparire un'artista....ragazzi è primavera, è evidente che la signore è allergica alla..............LIBERTA' DI ESPRESSIONE........mi piace ricordare, senza GENERALIZZARE, ciò che qualcuno disse, a proposito : " quelli che non sanno fare niente insegnano, quelli che non sanno insegnare insegnano ginnastica, quelli che non sanno insegnare ginnastica li riservano alla presidenza delle scuole........................ elles nous blessent toutes...la dernière tue