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Studentessa vittima del Bullismo

di Miss Marple
5 minuti

Bullismo

Colloqui a scuola. Quelli dove i professori ti relazionano su come tuo figlio vada a scuola. E non nel senso di quale mezzo di trasporto usi ma come si stia “veicolando” verso la vita. L'aula è quella di una delle tre scuole medie cittadine. Dunque, la verifica di grammatica  incassa un tra 4 e 5. Però lo scritto in italiano si attesta ad un 7. Storia? «La ragazza non sembra avere il senso del suo futuro scolastico» che tradotto sta a significare che potrebbe essere un po' distratta. Magari un tantino assente. Chiacchiericcio con la vicina di banco. Forse il pensiero ogni tanto le scappa all'estate, e come darle torto, a quanto erano belle le serate al porto con i gabbiani a volare bassi e le barche che rientravano in porto e quanto sa essere antica e triste un'aula scolastica. La ragazzina, intanto, è fuori che chiacchiera con due amiche. La madre è un po' stordita da quello che i professori le stanno dicendo perché non riconosce sua figlia in quella foto scattata. Fa un cenno alla ragazzina perché si avvicini e dia qualche spiegazione, se mai ce l'ha. Qualche tentennamento iniziale, poi la tredicenne esplode ed è un fiume in piena. Di lacrime. Di dolore. Di autostima violata. «Ogni mattina vado a scuola con il magone», racconta. E il motivo non è il 4 in storia, anzi quel 4 sembra la conseguenza di una storiaccia che non fa onore a nessuno. Perché è una piccola storia di ordinario bullismo. Di quelle che non si raccontano ma che potremmo tutti leggere, un giorno qualunque, dentro alle lacrime senza un senso di nostro figlio. Con l'aggravante, per la storiaccia, di essere declinata in rosa. Perché stavolta il bullo è una “bulla”. Un vissuto non semplice alle spalle, quello di entrambe le ragazzine. La bulla e  quella che ogni mattina viene puntualmente apostrofata con “levati scema “, “esci dal cesso cellangula” e si perdoni il francesismo ma tant'è... E quando la ragazzina ha provato a rispondere per le rime chiedendo di essere lasciata in pace, la “bulla” ha inviato un emissario, un altro ragazzino, all'uscita per intimidirla e apostrofarla chiedendole come si sia mai azzardata a “rispondere”. Per cui adesso che la storia è venuta fuori, la ragazzetta che piange e racconta ha ancora più paura e ancora più piange. La denuncia, si sa, da che mondo e mondo, porta con sé una coda di paura. Hanno paura i “grandi”, perché non dovrebbe averla una che adulta sta provando a diventarlo? La posizione degli insegnanti che apprendono in quel momento del fatto? La bulla però ha recuperato rispetto a quando è approdata a scuola. E se non avesse recuperato, cosa avrebbe fatto? Un accoltellamento? Avrebbe mandato dei sicari? A parità di dolori e disagi, innegabili in entrambi i casi, è giusto che l'una per trovare una (pur comprensibile) maniera di affermazione e riscatto lo faccia minando le poche certezze  superstiti dell'altra? E lo è che questo accada non in una sala giochi qualunque ma in una scuola? Fai scivolare addosso, sei intelligente, fai finta di niente e comunque di questa cosa si parlerà subito con il preside, consiglia l'insegnante. Già, fare finta di niente. E quante volte lo facciamo noi adulti, ogni giorno, davanti al collega arrogante...all'automobilista prepotente che ci taglia la strada...al tipo che ci supera in fila davanti al supermercato disinvolto con il cestello rosso appeso al braccio come se questo fosse un inevitabile stato delle cose. O meglio lo facciamo (e non sempre) quando siamo sì adulti ma anche lucidi,  disposti a lasciar correre, forti di una filosofia di vita maturata negli anni. Due le domande: può essere questa la “soluzione” da proporre ad una tredicenne in cerca di un'autostima da mettere su, mattoncino su mattoncino, come quando fai una casa della Lego? E' possibile che da quando è iniziata la scuola nessuno si sia accorto di niente, tra gli adulti che tra quelle quattro mura insegnano lucidi, sereni, forti di una filosofia di vita maturata negli anni? E poi, con quale criterio si pensa di misurare al “dolorometro” quale delle due sofferenze a confronto abbia diritto di precedenza  e bonus di comprensione da spendere? Quante altre vittime di queste forme di arroganza sofferente girano e non hanno coraggio di sbottare? Non c'è riforma che tenga, qui siamo all'a b c. Non della scuola ma della vita. E succede in città.

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Commenti

Abbraccio la ragazza descritta e raccontata dalla penna di Miss Marple.
Questa città è piena di bulli e non solo nelle scuole e nelle sale giochi, atteggiamenti da bulli, che sono anche quelli tenuti nella normale vita di relazione, appartengono anche a molti esponenti del governo cittadino ed il cittadino che non ci sta viene spesso considerato come un rompiscatole, per non voler usare il francesismo adatto, uno che fa ridere tutti, un povero scemo in definitiva ed è dura portare aventi una battaglia di dignità e rispetto. Povera questa stella che non ha ancora, e la capisco, la forza di combattere contro le vessazioni che subisce. Le auguro di crescere in fretta con il sostegno della sua famiglia. Ma tutto questo clima non ci sarà anche perchè molte famiglie hanno perso di vista parole come dignità, responsabilità, gistizia e rispetto adeguandosi alla povertà morale di chi dovrebbe, dall'alto della propria posizione di responsabilità, dare altri e ben diversi esempi?