Ancora gli faceva male la testa tanto aveva bevuto la sera prima. E male, aveva bevuto. Champagne, poi cocktails, poi Montepulciano, poi vodka ghiacciata, poi gin tonic. E aveva finito con un molto aggressivo cocktail a base di saké profumato al wasabi.
Ma era il suo compleanno. E doveva festeggiare la promozione a managing director della Lehman, una delle banche d’affari più prestigiose e ricche di wall street.
Greta, la sua ragazza, aveva insistito per organizzare un party la sera prima. Il tipico party newyorchese post-ufficio del venerdì. Erano stati al Forty-eight, un lounge-bar sulla sesta frequentato da gente che lavora nelle PR e nella pubblicità, non proprio il tipico posto da investment banker. Ma tant’era, non aveva tempo, e si era dovuto adattare a quello che diceva Greta.
E non aveva mangiato niente. Solo qualche pezzo di sushi che, a ripensarci, era mezzo secco.
E rientrando a Jersey city alle tre del mattino, mentre il taxi percorreva il tunnel, gli era venuto da rimettere. Appena salito, aveva chiesto al tassista indiano di spegnere la candelina d’incenso, ma lui aveva risposto a mitragliatrice “impossibile-nostra-festa-Diwali-oggi-sir”. E si doveva anche tenere il finestrino chiuso, che Greta portava un tubino nero e uno sciallone di lana che comunque le lasciava le gambe e le braccia scoperte. E faceva freddo, molto freddo, quella notte.
All’uscita del tunnel aveva fatto cenno picchiando contro la spalla del tassista ed era sceso. Aveva rimesso pure l’anima, un flusso liquido a pressione che aveva lasciato una bella pozzanghera sul selciato.
Maledetto tassista. Va bene il rispetto delle minoranze, ma girare con un taxi appestato di una densa nebbia d’incenso gli sembrava un tentato omicidio.
Avevano passato il sabato tra la tele, il computer e il letto.
Ora lui se ne stava lì a riflettere su una frase di un libro che gli avevano regalato, “The Art of Diplomacy” di Kissinger, in cui si parlava dei modi bruschi, aggressivi e prepotenti di Hitler e del suo istinto ad intimidire che si fermava solo davanti ad altre belve come lui. Un profilo che somiglia a quello di Dick Fuld, pensò, il capo di Lehman. Predatore senza anima, senza rimorsi. “mangerò il loro cuore, prima che muoiano” aveva detto Fuld durante un dinner party riferendosi a chiunque avesse minacciato la solidità della Lehman.
Si era già accorto da tempo che i lati del suo carattere che lo avevano portato dentro la banca, 10 anni prima, nonostante l’Università di stato dell’Illinois, e 6 anni di apprendistato come addetto mutui in banca a Chicago, erano gli stessi che adesso gli precludevano di raggiungerne le vette. Ralph era un venditore, un ottimo conoscitore dei prodotti e delle persone, ed era uno che piaceva alla gente. Aveva avuto successo perché l’economia di banche prestigiose come Lehman ormai da tempo girava intorno ai mutui-casa, e perché il modo in cui queste banche acquistavano, assicuravano, impacchettavano e rivendevano migliaia di crediti derivanti dai mutui casa era diventato così intricato e complesso che molti dei suoi colleghi che pur venivano da Harvard o da Princeton avevano perso la voglia di ricostruirne i meccanismi e di comprenderli e di tentare di spiegarli bene ai clienti.
Ad un certo punto suonano alla porta. Si alza dal divano urlando a Greta “hai chiamato le pizze?” ma lei non risponde. Poi apre, e non trova nessuno dietro il vetro smerigliato. Solo una busta bianca, sotto allo stipite. Aveva già capito. Ora toccava a lui. Scende di corsa i quattro gradini, arriva sul marciapiede e si guarda intorno, ma intravede solo una Toyota giù all’incrocio che sta svoltando per reimmettersi sulla direttrice principale di traffico verso Newark.
Apre la busta:
Esq. Ralph M. Kubelski,
sarà mio grande piacere averla ospite per pranzo il prossimo martedi, 13 novembre.
H. 1:15, al Plaza Food Hall, Tavolo n. 7.
JFK - Avvocato
RSVP voice mail 917 374 4666
= = =
Lunedi mattina, prima di salire in ufficio, aveva lasciato un messaggio alla segreteria dell’Avvocato JFK dicendo che confermava l’appuntamento. E aveva passato la giornata a trasferirsi nel suo nuovo ufficio privato con vista d’angolo verso nord sempre al 32^ piano.
Ad un certo punto, prima delle nove, il telefono aveva squillato. Era una tal Jane, che si era presentata come sua nuova assistente, e le aveva detto che presto si sarebbero incontrati di persona. Nel frattempo, era invitato a recarsi alla sala riunioni sotto al 20^ piano perché il grande capo avrebbe parlato a tutto il senior staff.
Entrando in sala aveva percepito il brusio delle circa 50 persone in camicia e cravatta o in tailleur grigio che si era immediatamente acquietato. Tutti avevano guardato lui, poi dietro di lui. E si era fatto il silenzio.
Cravatta e abito nero, camicia bianca, fisico da mastino e sguardo impossibile da sostenere: Jack Fuld era entrato proprio dietro a lui. Gli aveva dato una gran pacca sulle spalle come per dirgli “sveglia” e poi gli aveva teso la mano per un attimo “Hey, come va?”.
Aveva trovato posto proprio alla sua sinistra mentre lui esordiva
“Buon giorno a tutti. E sono certo che sarà un buon giorno, per noi tutti. Le opzioni indicano che tra qualche minuto, quando suonerà la campana, Lehman salirà a razzo di almeno il 5%. Ma noi dobbiamo lavorare duro per non tradire la fiducia del mercato.
Giovedi scorso sono stati nominati 20 nuovi managing directors per la divisione finanza strutturata. Significa che c’è un enorme lavoro da fare. Da stamattina usciremo sul mercato a collocare due nuove operazioni: “SunRise VI” e “Surfer III”: si tratta di due pacchetti di crediti da mutui immobiliari che valgono, rispettivamente, 850 milioni e 1.200 milioni. Abbiamo dovuto lottare duro stavolta per ottenere la tripla A e ci è anche costato una ventina di milioni. Ma mi raccomando: si tratta di posizioni della massima qualità, ben strutturate, assicurate e controgarantite per le porzioni apparentemente meno solide. Se vi chiedono di scendere sotto al 95% del valore nominale, dite di no. Proponete che in cambio acquisterete un ammontare pari di titoli di stato del cliente, come contropartita. Ma non sbracate. Almeno fino a quando non avremo collocato il 70% di queste due emissioni, cosa che spero avverrà prima della chiusura delle contrattazioni, stasera.
Ci sono domande?
Buon lavoro a tutti!”
Lo show di Fuld era durato meno di 4 minuti in tutto, ma aveva lasciato un’atmosfera elettrica e un brusio basso mentre tutti uscivano dalla sala e si canalizzavano verso gli ascensori. Ralph pensò che avrebbe dovuto ripetere quello show con i suoi ex colleghi che da quella mattina sarebbero diventati “i suoi ragazzi”. Avrebbe fatto un po’ come Fuld, su al 32^ piano.
= = =
Martedi aveva varcato le porte girevoli all’una precisa e si era avviato sulla settima a piedi. Avrebbe camminato, la cosa lo avrebbe preparato meglio a quell’incontro misterioso.
Il tavolo 7 era uno dei tavoli bassi con poltrone forse più adatti ad un tè che ad un lunch di lavoro. L’avvocato JFK lo aspettava già lì, seduto con le spalle al muro e si era alzato appena lo aveva visto come se lo conoscesse già. Circa 55 anni, carnagione scura e ampia stempiatura, vestiva in jeans imbottiti e giaccone sportivo. La prima cosa che gli aveva detto era che aveva passato la mattina a Central Park con la figlia di 5 anni, a girare in calesse e a fare foto alla prima neve.
“Fa freddo, ti consiglio la zuppa del giorno” – gli aveva detto lanciando uno sguardo alla cameriera che si era immediatamente avvicinata – e per secondo in questo periodo hanno un ottimo tacchino farcito.
Ralph glissò sul tacchino farcito e chiese delle bistecche di tonno, notando che il suo commensale faceva di tutto per sottolineare, con la complicità della cameriera di colore, che lui era un habitué e uno del quartiere.
“Veniamo a noi” gli aveva detto poi avvicinandosi agli sutzzichini che erano appena stati serviti. “Il mio cliente è un primario fondo “hedge” con sede fuori dagli USA, che si ritrova un portafoglio di investimenti di cui non è proprio contentissimo. Si tratta di pacchetti di mutui residenziali di piccola taglia unitaria, roba da classe media-inferiore, per intenderci, acquistati da banche e casse di risparmio un po’ in tutto il mondo”. “Oggi mi ha chiesto di aiutarlo ad infilare queste posizioni , che valgono poco, al nominale circa 100-150 milioni di dollari, dentro le operazioni primarie che girano oggi a Wall Street”.
Arrivò la zuppa vegetale servita dentro delle coppe fumanti, insieme al bicchiere di Chianti di JFK – Ralph notò che nessuno, nella sala, era stato servito con la loro sollecitudine
mentre JFK proseguiva, dopo aver assaporato un paio di sorsi di vino
“ … ecco diciamo che il mio cliente non vuole esporsi con voi in abito grigio delle banche più prestigiose, e mi ha chiesto di intermediare questi collocamenti. Si tratta di posizioni che, vendute singolarmente, non avrebbero più la tripla A, ma che, affondate dentro i vostri mega-deal, nemmeno si vedrebbero”
“ne abbiamo per oltre due miliardi” – si lasciò scappare JFK, evidenziando una certa consorteria con il suo “cliente” – “e ne puoi piazzare quante ritieni opportuno. Se la cosa ti interessa, naturalmente ti farò avere anche i riferimenti dei soggetti disposti ad assicurare queste posizioni, così che, diciamo, non vi macchiate la cravatta…”
“Puoi utilizzare il numero di telefono che hai già, se la cosa ti interessa, Ralph. Ti richiamerò io. Ma fammelo sapere entro venerdi”.
“Ah, a proposito. Per te c’è un premio del 1% sul valore intermediato. Pagabili su qualsiasi conto in qualsiasi parte del mondo, a tua discrezione. Good deal, non è vero Ralph?”.
= = =
Ralph lasciò l’avvocato JFK al bancone del Plaza che scherzava con le cameriere e il maître. In strada, l’aria si era fatta davvero gelida. Radi ma solidi fiocchi di neve di tanto in tanto gli colpivano il viso e gli occhi. Alzò lo sguardo verso l’alto. La torre della Lehman si perdeva lassù nella foschia. Leggera e solida allo stesso tempo. Tirò fuori 5 dollari per un Babbo Natale che suonava “Stille Nacht” con la cornamusa. Tirò fuori il blackberry, digitò JFK, riguardò quel monogramma che appariva ridicolo, attribuito al soggetto con cui era stato fino ad un minuto prima. Premette canc.
Marco Moschetta
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