Teramo può salvarsi. Può farcela. Le risorse economiche ed umane per potercela fare ci sono. Ma occorre un progetto. Un progetto per la salvezza comune, della città e dei suoi abitanti. Il progetto da avviare deve presentare e proporre delle alternative, perché finora sono stati commessi molti errori, che non devono essere ripetuti.
Bando perciò a chi non li riconosce come tali, a chi non fa autocritica, o per aver fatto errori o per averli lasciati fare; bando a chi intende muoversi sul piano di una continuità che sarebbe solo la perpetuazione della serie di errori.
Occorre un progetto che parta da premesse diverse da quelle che, senza un orientamento preciso, sono state la base di una serie di scelte-non scelte irresponsabili che stanno portandoci alla catastrofe di un isolamento reso ancora più grave dalla perdita della nostra identità, di capoluogo e di comunità.
In una realtà sociale ed economica in cui non ci saranno più le province e i capoluoghi di provincia, in cui le aree economiche saranno sottoposte al vaglio quotidiano di un mercato cinico e spietato, in cui tutto dipenderà dalla cultura che si sarà capaci di esprimere, i teramani saranno chiamati a periodici esami nei quali sarà troppo alto il pericolo di essere bocciati. Non potremo più, in futuro, sbagliare i nostri candidati, sia a destra che a sinistra, i nostri eletti e i nostri amministratori, perché gli errori ci saranno fatti pagare sempre più caramente.
Occorre per Teramo un progetto nuovo, da avviare subito, senza indugi, un progetto globale, economico, sociale, culturale, che disegni una nuova identità e interpreti una nuova vocazione, senza incertezze, ponendo degli obiettivi precisi e indicando i tempi per il loro raggiungimento. Dovremo darci da fare.
Ma chi avvierà il progetto? Chi si rimboccherà le maniche? Chi si incontrerà con chi, in un confronto di idee più concreto di quello che finora è vissuto a sprazzi e di stenti? Perché in questa città si litiga, ci si accapiglia, ma non si discute, non si dibatte, non ci si confronta seriamente? Perché le scelte strategiche non vengono discusse prima di vederle destinate al fallimento? Non perdiamo l’ultima occasione. Ma questa volta evitiamo l’astrattezza di dibattiti come quelli organizzati in vista di Teramo 2020 o di Teramo Cult e rimaniamo coi piedi ben piantati per terra. Curiamo le ferite del parcheggio di Piazza Dante, dell’Ipogeo e delle rotonde senza rotondità, evitiamo di cementificare le aree più prestigiose solo per accontentare gli speculatori dell’edilizia d’assalto. Parliamo di cose concrete e di tempi certi. Chi avvia il progetto?
Simon Soel
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