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Chi avvia il progetto di salvezza?

3 minuti

Teramo può salvarsi. Può farcela. Le risorse economiche ed umane per potercela fare ci sono. Ma occorre un progetto. Un progetto per la salvezza comune, della città e dei suoi abitanti. Il progetto da avviare deve presentare e proporre delle alternative, perché finora sono stati commessi molti errori, che non devono essere ripetuti.
Bando perciò a chi non li riconosce come tali, a chi non fa autocritica, o per aver fatto errori o per averli lasciati fare; bando a chi intende muoversi sul piano di una continuità che sarebbe solo la perpetuazione della serie di errori.
Occorre un progetto che parta da premesse diverse da quelle che, senza un orientamento preciso, sono state la base di una serie di scelte-non scelte irresponsabili che stanno portandoci alla catastrofe di un isolamento reso ancora più grave dalla perdita della nostra identità, di capoluogo e di comunità.
In una realtà sociale ed economica in cui non ci saranno più le province e i capoluoghi di provincia, in cui le aree economiche saranno sottoposte al vaglio quotidiano di un mercato cinico e spietato, in cui tutto dipenderà dalla cultura che si sarà capaci di esprimere, i teramani saranno chiamati a periodici esami nei quali sarà troppo alto il pericolo di essere bocciati. Non potremo più, in futuro, sbagliare i nostri candidati, sia a destra che a sinistra, i nostri eletti e i nostri amministratori, perché gli errori ci saranno fatti pagare sempre più caramente.
Occorre per Teramo un progetto nuovo, da avviare subito, senza indugi, un progetto globale, economico, sociale, culturale, che disegni una nuova identità e interpreti una nuova vocazione, senza incertezze, ponendo degli obiettivi precisi e indicando i tempi per il loro raggiungimento. Dovremo darci da fare.
Ma chi avvierà il progetto? Chi si rimboccherà le maniche? Chi si incontrerà con chi, in un confronto di idee più concreto di quello che finora è vissuto a sprazzi e di stenti? Perché in questa città si litiga, ci si accapiglia, ma non si discute, non si dibatte, non ci si confronta seriamente? Perché le scelte strategiche non vengono discusse prima di vederle destinate al fallimento? Non perdiamo l’ultima occasione. Ma questa volta evitiamo l’astrattezza di dibattiti come quelli organizzati in vista di Teramo 2020 o di Teramo Cult e rimaniamo coi piedi ben piantati per terra. Curiamo le ferite del parcheggio di Piazza Dante, dell’Ipogeo e delle rotonde senza rotondità, evitiamo di cementificare le aree più prestigiose solo per accontentare gli speculatori dell’edilizia d’assalto. Parliamo di cose concrete e di tempi certi. Chi avvia il progetto?

Simon Soel
 

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Commenti

Chi avvia il progetto? Certamente non il signore della foto!
Siamo ad un passo dall'annullamento del ruolo di Teramo capoluogo e dell'identità storica della nostra Provincia . In termini concreti significa perdere non l'Ente Provincia, svuotato ormai di funzioni, ma tutte le funzioni statali e regionali e i centri di erogazione dei servizi legati alle Circoscrizioni provinciali : rischiamo di pagare sui terreni della SICUREZZA (Questura e Comando dei Vigili del Fuoco), dell'ECONOMIA (Camera di Commercio), del SISTEMA FORMATIVO (Università) e del WELFARE (ASL e Ambiti Sociali). LA MIA OPINIONE E' : 1) sopprimere le Province perchè con le funzioni previste (lo dico con cognizione di causa) non servono più; 2) in attesa della riforma costituziuonale istituire in Abruzzo una PROVINCIA UNICA (oltretutto sarebbero massimizzati i risparmi di spesa); 3) salvaguardare e razionalizzare i SERVIZI attraverso l'individuazione di AMBITI TERRITORIALI OMOGENEI per tutte le funzioni statali, regionali e provinciali.
Bene. Iniziamo un confronto sulle idee. Semplifichiamo il dibattito cittadino scarnificando l'inutile massa acefala che ci conduce al disastro. Andiamo all'osso: quale funzione deve avere Teramo ela sua ex Provincia? Cementificata la costa, inquinato il mare, asfaltate le valli, imbruttite le nostre colline, umiliata l'università, azzerato il polo agroalimentare, persa la velleitaria vocazione bancaria, rimane solo la nostra montagna con i suoi fiumi ed i suoi sentieri ed una miriade di casolari in pietra da riattare e connettere in una rete ecologica ambientale di pregio. Per Teramo città, partiamo dal piccolo, curiamo e proteggiamo la nostra aria e la nostra acqua, diamoci un piano del colore, diamoci un piano dei tempi (scuole, negozi ecc), inseriamo piccoli incentivi per abbellire il nostro centro storico, curiamo i nostri Parchi (Villa Comunale, Parco sul Vezzola, Parco sul Tordino) ecc. Torniamo al Bello, al Semplice e al Facile. Ma soprattutto torniamo a parlare tra di noi della nostra città.
Come facciamo caro Dolores a tornare a parlare tra di noi della nostra città? Fino a quando governerà questo sindaco unitamente alla sua squadra, non se ne potrà parlare. E' antidemocratico. E' un servo di tancredi e chiodi. Deve legare l'asino dove hanno deciso che venga legato i padroni. Quest'uomo è deleterio per Teramo. Se fosse libero......veramente si potrebbe cominciare a parlare di teatro, di università, di sanità, e di tante, tante altre cose................ Buona giornata a tutta la redazione.
Un progetto e un libero confronto potranno essere realizzati solo da una politica autonoma dai poteri economici privati. Questa autonomia ha dimostrato di non averla il centrodestra e purtroppo nemmeno il passato centrosinistra. Non sarà affatto semplice rompere il cordone ombelicale, ma non si può rinunciare a lottare per questo.
E’ necessaria una svolta radicale rispetto agli ultimi decenni, che hanno visto una continuità fatale nelle scelte di fondo. Soprattutto, dopo i danni fatti, non si è mai discusso deciso, quale possa essere la direzione verso cui cercare di costruire un’identità, un ruolo e il futuro della città e del territorio. Il centro storico è ormai irrimediabilmente compromesso, vi sono alcuni elementi di indubbio valore, ma l’insieme è stato reso incomprensibile sia da una cementificazione che non si è fermata davanti a nulla, sia da scelte culturalmente irresponsabili nella loro sciatteria. Per cui sognare un avvenire turistico è decisamente velleitario, basta andare nelle Marche, in un paese qualunque, per vedere con dolorosa chiarezza come abbiamo ridotto urbanisticamente la nostra città. La costa ha ormai compiuto la definitiva cementificazione e le pochissime aree scampate, come il Borsacchio, sono ad alto rischio per la cecità di amministratori. Per cui per il turismo marino si può solo cercare di valorizzare quel che esiste, evitando nuove cemento e cercando di non far prevalere coloro che sognano nuove trivellazioni in mare. Un futuro industriale, è forse possibile nelle aree di territorio verso le Marche, certamente non nel territorio teramano dove queste esperienze sono già fallite. Ci sarebbe la possibilità di una prospettiva di terziario avanzato, dedicato soprattutto ai servizi culturali, ma anche qui i danni fatti e le scelte sbagliate sono evidenti: l’università relegata sulla collina; in città non vi è un sistema di biblioteche comunali né centri di lettura sul territorio; in generale non vi sono istituzioni culturali vitali. Sarebbero necessari servizi culturali, valorizzazione di quello che c’è e nuovi progetti, ma è soprattutto è nei confronti dell’ambiente che è indispensabile andare ad una svolta: cubatura zero, questa deve essere la parola d’ordine per i prossimi anni! Non nuovo cemento, ma recupero e adattamento di tutto ciò che è possibile nel centro storico. Bisogna poi porre come questione primaria la costruzione di una rete di piste ciclabili dentro il centro, altro che vaneggiamenti sulla città della bicicletta; ridisegnare completamente il sistema dei trasporti, non è possibile che l’autobus urbano non arrivi nella più grande frazione del comune! E poi le colline, è vero sono state parte cementificate ma qualcosa di salvabile c’è, ed è vitale ricostruire un legame territoriale tra la città e i dintorni! E poi un legame con i fiumi valorizzando quanto già esiste, ora spesso tristemente abbandonato. E come dice Simon Soel ci sono da riparare le ferite, come piazza Dante, L’ipogeo, le vergognose pavimentazioni del centro, la decadenza del Castello Della Monica ecc. ecc. Questi problemi esistono e si aggravano da decenni, anzi la cecità di amministratori della città e della Provincia ha contribuito a provocarli e aggravarli. Ora i nodi sembrano giungere al pettine. Teramo non perderà la propria identità, le prospettive, il proprio ruolo perché finisce un ente come la provincia, li sta già perdendo! E se togliere l’ente significa aprire un dibattito concreto sul ruolo e sulle prospettive di questo territorio penso che possa valerne la pena; perché è con idee chiare, forti di un progetto, che si può andare a discutere su ciò che deve rimanere in città, sulle funzioni che Teramo deve continuare a svolgere per se e per un territorio la cui realta e i cui problemi non scompaiono perché non c’è l’ente provincia. A mio parere Il “progetto di salvezza” (mi piace l’espressione) può nascere solo dai cittadini, solo da un dibattito che coinvolga chi ha a cuore le sorti della città e non solo le proprie. Su queste basi Si vada ad un’autoconvocazione, senza alcuna mediazione, che potrebbe anche essere lanciata da questo blog; da qui potrebbe nascere un movimento di cittadini, che potrebbe provare a fare qualcosa di concreto. Un primo incontro per parlare di questi temi e anche se non dovessimo riuscirci, almeno rimarrà memoria che qualcuno certe cose le ha dette.