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Il Libro...El especialista de Barcelona

di Maria Cristina Marroni
4 minuti

El especialista de Barcelona di Aldo Busi ha un sapore unico e riconoscibile. L’autore ci accoglie nel suo mondo, ma poi ci sbatte la porta in faccia.

Busi è uno snob: non è mai privo di idee, possiede l’arte di creare e di crearsi nuovo ogni volta. Non si lascia manipolare dal lettore, ma è lui stesso che lo invita alla sua tavola imbandita, di cui sarà cuoco sopraffino e ospite loquace. D’altronde “non si dovrebbe fare mai nulla di cui non si possa parlare dopo cena” (Oscar Wilde).

Busi è sempre un’eccezione: quando pensi di averlo compreso, sguscia via e inizia a parlare con una foglia di platano sulle Ramblas.
Ma lui è un po’ così. Il suo libro non è destinato al vulgum pecus, insegna che la vita non è vita se non può essere declinata in modi assai differenti, a volte confusi ed eccentrici.
 
Busi è un intellettuale dalla parola pura ed elegante. Poeta dotato di allure.

Busi è tutti, ma nessuno è Busi. Come un camaleonte si mimetizza tra le parole. Come un giocatore di scacchi, conosce sempre la mossa vincente: quale sia la parola più efficace, quale sia la vicenda più conturbante, quale sia l’evento nostalgico della sua infanzia cui richiamarsi. Egli ha vissuto infatti un’infanzia “incendiaria e animalescamente pericolosa”, come disse Baudelaire nel “Delocroix”.

Il lettore attraversa le pagine del romanzo cercando di schivare la pioggia di fuoco, che lo scrittore gli scaglia contro o, come dice lui stesso, “le tegole in testa”, di cui pure ignora il tetto da cui stanno precipitando. Sì perché le riflessioni del poeta sono amare e i suoi personaggi sono abietti, egoisti, parassiti.
 
El especialista, ovvero Sancho Maria Todabierta, è un docente universitario che ha scoperto tardi la propria omosessualità. Piccolo e bruttino, è però tracotante: “in petto si sentiva un domatore di leoni ma alla punta del suo frustino saltavano solo le pulci, bestie feroci improvvisate dall’interesse di una lauta mancia”.  Intorno a lui gravitano i figli avuti dalla ex moglie, ignoranti e nullafacenti, le nipoti con i nomi rubati alle tre caravelle “petulanti, screanzate, sboccate, indiavolate coi capelli color carota come le unghie laccate, anche dei piedini” e Melchor, giovane e aitante amante con cui è prossimo alle nozze.

La trama però si avvinghia, imita i diversi registri di una danza, i cui passi ora diventano lenti e regolari, ora si complicano attraverso movimenti forsennati e vivaci. E quando sembra al lettore di aver raggiunto il nocciolo, la trama torna polpa succosa. Ma la spremuta di agrumi deve essere mista, “per carità, due mandarini un pompelmo un’arancia e mezzo limone”. Perché nella vita un solo ingrediente non è mai sufficiente per palati esigenti. Guai allora a prepararla solo con le arance.

Busi è un attento osservatore e corregge le incerte identità dei personaggi con “uno sguardo fisso, calmo, feroce e rigido come quello di una tigre”.
E disapprova l’ignoranza, l’omologazione, il qualunquismo, la cultura esibita, quando assente, il dolore compiaciuto. Perché “gli umanotteri addolorati per niente, tutto quel dolore per niente che gli ha castrato la vita se lo sono meritato in pieno”.

La realtà, avverte però lo scrittore, c’è bisogno di realtà, anche quando le acque sono torbide e lerce e “se ti tocca e per quella volta che ti tocca, bere tutto, anche la feccia, che non ha un valore nutritivo inferiore al mosto appena spremuto”.
Mela sessuale, mela bacata, mela avvelenata, comunque mela per eccellenza della coscienza e quindi della conoscenza, ho sempre avuto un debole per la realtà e non per me che volevo immaginarmela, aggiustarmela, sagomarmela, menarmela a mia immagine e somiglianza”.

Il libro ha una potenza architettonica straordinaria, listata con una lingua che a volta il lettore sembra non riuscire a tollerare, tanto è perfetta.
Allora prova una sorta di stordimento dei sensi e avverte la Bellezza e deve fermare la lettura e dilatarla, tanto è solida la padronanza della nostra lingua.
Per questo difficilmente il romanzo vincerà il Premio Strega, perché “fra tre secoli Aldo Busi sarà qui più che mai”.
Parola di Busi.


 

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Commenti

Gentil.ma Maria Cristina Marroni, Le inviamo il link della nostra homepage dove, da qualche minuto, ospitiamo e con piacere, la sua recensione all'ultimo romanzo di Aldo Busi. Grati Saluti, Redazione Altriabusi.it http://www.altriabusi.it/2013/06/02/busi-e-tutti-ma-nessuno-e-busi-mari…
Come sempre ottimo articolo. Approfitto di questo piccolo spazio domenicale per dedicare, visto il silenzio delle migliori penne dei " Due Punti" ,due parole a Franca Rame,attrice formidabile ma soprattutto donna coraggiosa ,capace di affrontare le dure battaglie della vita ,con determinazione ,fierezza e grandissima dignità. Femminista nell'eccezione più genuina del termine.
Da assidua lettrice del sito Altriabusi.it mi sento onorata e ringrazio di cuore la Redazione. Buona domenica. M. Cristina Marroni
Leggo questa recensione da Bologna e mi complimento con M. Cristina per la scrittura arguta e brillante. Il libro di Busi (e non solo quest'ultimo) lascerà un segno nella letteratura italiana, come giustamente evidenziato nella parte finale. La citazione della mela poi è straordinaria. Grazie.
"I due punti": classe e cuore. Così andrete sempre più in alto!
Gent.le Sig. Antoine, come sempre la ringrazio, oggi anche per aver ricordato Franca Rame e dato che ci sollecita in tal senso parlerò di Lei. Ho scelto di non farlo, perché quando tutti parlano di una persona, si rischierebbe la ripetizione. Meglio farlo in un momento diverso. Ho conosciuto personalmente Franca Rame, durante la XV Legislatura in Senato. La incontravo spesso (Palazzo Madama è relativamente piccolo) e rispondeva a ogni saluto con una rara gentilezza. Poi un giorno si fermò a parlare con me e una cara amica per più di un'ora, eravamo al caffè S. Eustacchio, Lei era la grande Franca Rame e noi non eravamo nessuno. Ritengo l'umiltà un dono rarissimo. Quello che ci raccontò e ci consigliò come donne rimane per me un prezioso ricordo, parlammo di "cose che 'l tacere è bello" (Dante). Nella mia memoria resta la bella lettera che la Rame scrisse quando di dimise dal Senato; l’esperienza politica l’aveva delusa, il Parlamento era diventato ormai un inutile carrozzone e le sue iniziative restavano lettera morta. Perciò preferì rinunciare al suo incarico, per il quale non si ritenne adeguata, come nessun altro avrebbe fatto. “Diciannove mesi è durata la permanenza di Franca Rame al Senato. Poi - dopo esserci arrivata il 12 aprile 2006, voluta da Antonio Di Pietro capolista in Piemonte per l'Italia dei Valori - , il 15 gennaio del 2008, la donna che è stata l'attrice più impegnata del teatro italiano non ce la fa più a stare in quelle istituzioni che sente «impermeabili e refrattarie a ogni sguardo, proposta e sollecitazione esterna, cioè non proveniente da chi è espressione organica di un partito o di un gruppo di interesse organizzato». Allora scrive a Franco Marini, presidente dell'assemblea di Palazzo Madama durante il governo Prodi, una lunga lettera di dimissioni. Prende in prestito le parole dell' amico Leonardo Sciascia, anche lui dimessosi dalla Camera nel 1983 a fine legislatura, per spiegare le ragioni della sua scelta: «Non ho, lo riconosco, il dono dell opportunità e della prudenza, ma si è come si è». E Franca Rame non ne può più di restare in quel «palazzo» dove le sue interrogazioni sono «tutte rimaste senza risposta», e anche i suoi emendamenti «non sono quasi mai stati accolti». Si batte contro la precarietà dei «portaborse» - «evasione contributiva e sfruttamento proprio all'interno dell'istituzione parlamentare!» -, contro le «morti bianche», per il riconoscimento dello status di vittime di guerra per nostri militari contaminati dall'uranio impoverito. Vuole licenziare i dipendenti statali condannati. È con il comitato per il «no» alla base Nato di Vicenza e ai Centri di detenzione per gli immigrati. In anticipo su Grillo, vorrebbe «riunioni sul web». Aveva accettato la scommessa politica per sconfiggere Silvio Berlusconi, ma prova disagio perché si sente «complice di una indegnità democratica». «Stiamo aspettando da 19 mesi», scrive a Marini nel suo «addio», «che vengano mantenute le promesse fatte in campagna elettorale. Non è stata ancora varata, ad esempio, la legge sul conflitto d'interessi, e ritengo questo ritardo gravissimo. Non è stata liberata la Rai dai partiti, non è stato fissato un antitrust sulle televisioni, mentre in compenso tutte le leggi del governo Berlusconi, assai criticate anche all'estero, sono in vigore, il falso in bilancio continua a essere depenalizzato, la ex Cirielli continua a falcidiare migliaia di processi». Prima di andarsene prega Marini di ringraziare i senatori Paola Binetti e Antonio Tomassini «che con grande umanità hanno superato le ideologie che ci dividono, per soccorrere uniti, un bimbo di sei anni in grande difficolta». Essere riuscita a togliere da un centro di accoglienza per ragazzi quasi adulti il piccolo Giuseppe - figlio di una coppia molto disagiata - per metterlo in un posto più adatto a un bimbo, è il successo più riuscito e caro alla memoria della senatrice Franca Rame”.
ALTAMENTE SOTTOVALUTATO perché è veramente grande, il più grande scrittore vivente, quello che ha riempito i vuoti, che ha scritto romanzi che mancavano alla nostra letteratura. essere troppo grandi, nelle nostre contrade, è considerato "politicamente scorretto", come per chi è troppo intelligente o esageratamente ricco. la critica demolitiva e banale nulla può nei confronti di aldo busi, artista ringhioso, eccentrico, ironico , munito di artigli ben levigati e difficile da fagocitare. busi è quello che ha sempre fatto il passo più lungo della gamba........a farlo più piccolo sono capaci tutti.....l'homme mesure le temps, le temps mesure l'homme.
E' valsa la pena aspettare: intervento d'autore. Sig.ra Cristina grazie.
"L'amore si fa o si sente, l'amore non si dice, non si reclama e non si commenta l'amore fatto, l'amore ha gli occhi per parlare e le mani per recargli doni. Se gli occhi sfuggono e le mani arrivano vuote, è detto tutto. Due che non hanno niente da dirsi parlano del loro amore reciproco, che intanto sta volando altrove.Parlare d'amore significa parlare d'altro" (Aldo Busi)
“Il più grande difetto dello scrittore vivente è di non essere ancora morto. Io appartengo alla categoria dei Melville, degli Wilde: reietti finché sono in vita" (Aldo Busi).
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