Con la passione consueta quando si parla di ambiente, Enzo di Salvatore, professore associato di diritto costituzionale presso l’Università di Teramo, torna a riflettere sullo stretto legame (troppo spesso trascurato) che intercorre tra la “fragilità della legalità” e la “fragilità dell’ambiente”.
Normare in materia ambientale non è, infatti, operazione semplice per le numerose questioni connesse, molte purtroppo negative, come “l’affarismo, l’opportunismo e la demagogia di parte della politica”.
La nostra Costituzione non pone alcun limite alla salvaguardia dell’ambiente, in quanto bene assoluto. Parimenti il diritto dell’Unione europea colloca la tutela ambientale, in quanto materia di interesse generale, a livello più alto sull’interesse dei singoli.
“La libertà del privato si arresta, dunque, laddove rischi di porre a repentaglio l’ambiente o la salute umana”.
Il Professore dimostra come nel nostro Paese il diritto ambientale sia stato troppo spesso disatteso per interessi economici: “l’arma del diritto è stata sovente brandita per combattere la legalità, non già per affermarla. Nella convinzione, forse, che una certa legge o un certo regolamento, recati a tutela dell’ambiente, costituiscano talvolta solo un “ostacolo normativo” da rimuovere”. In particolare, il Governo Monti ha inteso rilanciare la produzione di petrolio in Italia per fronteggiare gli effetti della crisi economica e per fare questo è ricorso a poteri straordinari, determinando “la progressiva privazione da parte dello Stato delle decisioni politiche che spetterebbero ai territori regionali e locali”. Secondo Di Salvatore “tornare al centralismo di Stato sarebbe antistorico e oltremodo pericoloso”.
Il tema trattato offre uno spaccato della vita politica, sociale ed economica del nostro Paese e dell’Abruzzo. L’autore, attraverso la lettura giuridicamente analitica di alcuni episodi salienti dell’attività legislativa e giurisdizionale concernente l’ambiente, tratteggia i contorni di un imbarbarimento delle Istituzioni che da ogni sintomo si percepisce come crisi irreversibile della moralità, prima ancora che come offesa ai valori e ai princìpi della Costituzione, quotidianamente calpestati proprio nelle sedi preposte alla loro salvaguardia.
La Regione Abruzzo, in particolare, ha spesso legiferato esuberando dalle proprie competenze, ricevendo una serie imbarazzante di impugnazioni da parte del Governo nazionale e subendo una grandine di pesanti censure da parte di altrettante pronunce di incostituzionalità operate dalla Corte Costituzionale.
La classe politica si mostra incapace non solo di tutelare la fragilità del nostro patrimonio territoriale, ma perfino di difendere le decisioni adottate sia nelle opportune sedi che di fronte all’opinione pubblica.
I casi emblematici e drammatici delle difficoltà dell’istituzione del Parco nazionale della Costa teatina e della mutilazione del perimetro della Riserva naturale del Borsacchio dimostrano plasticamente le inadeguatezze, le incapacità e il pressapochismo (se non il bieco affarismo) del ceto dirigente, pronto a qualunque scempio e a qualunque illegittimità pur di perseguire il proprio tornaconto a danno dell’inestimabile patrimonio di tutti (“La classe politica abruzzese ha dato ampia prova della sua inadeguatezza. E da essa non c’è da attendersi più nulla”).
È un triste florilegio quello censito dal Professore; casi inquietanti che turbano e interrogano le coscienze degli abruzzesi, pericolosamente distratti sui devastanti effetti futuri che le decisioni prese oggi inevitabilmente produrranno, impoverendo e mutilando l’unico vero petrolio della nostra Regione: la natura.
L’ambiente, insomma, è come una cartina di tornasole “dell’inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”, se mi si concede la citazione di Marguerite Yourcenar.
Il libro è scritto con una prosa limpida e, sebbene l’argomento risulti svolto con perizia giuridica, non si adatta solo ai tecnici, ma a qualsiasi lettore che voglia farsi un quadro completo sulle vicende ambientali degli ultimi anni e voglia interpretarle con meno superficialità.
Leggo sempre nei libri le dediche e i ringraziamenti, da cui traspare un po’ più chiaramente l’intimità dell’autore: “Ambiente fragile” è dedicato alla signora Ornella e “Abruzzo color petrolio” al signor Alessandro, i genitori del Prof. Di Salvatore, a sancire il legame ancestrale con la Terra. Perché parlare di ambiente significa riconoscere ciò che esso ha dato alle generazioni passate e ciò che esso darà alle future.
Di fronte a un fiume, l’Isonzo, Ungaretti scrisse una delle sue poesie più famose, “I fiumi”, e ripercorse la propria vita, sentendosi in armonia con il Tutto: “Questo è l’Isonzo/E qui meglio/Mi sono riconosciuto/Una docile fibra/Dell’universo”.
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