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“DELITTO E CASTIGO” come passaggio dall’adolescenza alla maturità dello spirito

3 minuti

Quando, nel 1866, venne pubblicato il romanzo “Delitto e Castigo” di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, l’Italia era appena stata unificata.
Da allora, niente nella spiritualità dell’intera società occidentale è stato più uguale a prima, nulla della percezione oggettiva e soggettiva del peccato è rimasto immobile.
Raramente opere letterarie smontano pilastri consolidati della cultura dei popoli e ridefiniscono le categorie concettuali attraverso le quali le società analizzano se stesse.
La caratura intellettuale del romanzo è talmente elevata da segnare un vertice insuperato e imparagonabile, un affresco grandioso e ossessivo dell’animo umano, un viaggio alle radici dell’esistenza e ai limiti dell’ambizione.
E, al contempo, un viaggio dove l’ambizione si fonde con l’assoluto della miseria della vita umana.
Raskolnikov, lo studente protagonista del romanzo, incarna la tragedia e l’angoscia che attraversano la storia dell’uomo dilaniando il pensiero moderno, un pensiero che si confronta in profondità con la legge morale, uscendo sconfitto dal confronto.
L’opera è il più grande omaggio che l’abiezione potesse rendere all’etica, il più grande dono che la debolezza potesse fare alla forza della conservazione della specie.
Raskolnikov uccide in preda all’esercizio di una allucinata razionalità, una razionalità vittima di un gioco di specchi deformanti che configurano l’affresco di una paradigmatica eterogenesi dei fini.
L’assassino traduce in azione una morale astratta, scegliendo il crimine come bisturi per incidere il bubbone di una condizione soffocante.

Per Raskolnikov l’omicidio è dapprima un’ esigenza ineluttabile, poi, se mi si concede il furto a Henry Miller, diviene “l’idée fixe nella mente di un monomaniaco”.
Liberarsi dalle catene della morale e della legge è l’aspirazione suprema cui il protagonista soggiace, senza riuscire a superare le contraddizioni insanabili della propria natura, che lo scrittore eleva a valore universale.
Solo attraverso le forche caudine del delitto Raskolnikov si riapproprierà del senso della propria umanità, trovando nel castigo quella liberazione che pensava di poter ottenere fuori dai confini delle norme e dai vincoli della coscienza.
In quel viaggio asfissiante e vertiginoso al tempo stesso che è “Delitto e castigo”, l’autore cattura con la perizia di un entomologo lo Zeitgeist della sua epoca, fissandolo come pietra di paragone per gli uomini che si fossero addentrati nella foresta della sua narrazione.
Ho letto tre volte, ciascuna con occhi diversi, la tragedia di questo libro, umana quant’altre mai, grondante tormento, afflizione e inquietudine, come è scritto nel sangue di ciascuno.
Non resta che la sofferenza, come cifra del senso dell’esistenza

Maria Cristina Marroni

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Commenti

Mi ricordo che mi costrinsero a leggere questo libro al Liceo e a sedici anni mi inquietò. La prosa è complessa e nello svolgimento della trama il protagonista scopre di non essere il "superuomo" che credeva, ma un semplice "uomo". Ottima scelta!
"Delitto e Castigo" Sfogliamo le pagine intrise di sofferenza e turbamento, leggiamo qualche periodo e assaporiamo tutto il gusto dell' esistenza umana . Parola per parola, frase per frase, capitolo per capitolo, ci accorgiamo che la storia del giovane Raskolnikon è un po' la storia di ognuno di noi, la storia di uomini che lottano non per sopravvivere, ma per scoprire il vero significato della vita. Così addentrandoci in questa narrazione ci addentriamo in noi stessi , nelle nostre paure, nelle nostre inquietudini. Abbandoniamo le nostre certezze e rimaniamo sbigottiti, attoniti, quasi atterriti dalla complessità della nostra psiche. Antonella De Benedictis
Condivido ogni tua parola. Eccellente recensione!
Ottima prosa! Il cuore del libro è stato centrato in pieno.
Anna Karenina e Delitto e Castigo hanno riempito le mie estati di paese, dove la fatica umana e il suo sudore si legavano alle ossessioni delle cicale e dove nulla accadeva se non nelle scorrerie mentali al seguito dei protagonisti incontrati nelle pagine. Non capii molto allora, di D., penso di non capirlo abbastanza neanche oggi: ci sono giganti nella storia che incutono timore perché si pongono oltre gli uomini 'comuni'. L'autrice mi ha aiutato a diradare parte delle nebbie. Le sono debitore.
UDITE UDITE! dostievskij mediocre e sopravalutato. sarà forse colpa dei traduttori ma quel russo quando scrisse delitto e castigo mi è sembrato superficiale e frettoloso. sgradito il tenore del romazo, da cronaca nera,sgradita la vita di bassifondi,sgraditi gli intrecci perversi, sgradita persino la psicologia dei personaggi. e pensare che dost è celebrato per tutti gli elementi della lista che ho appeva fatto. il russo non mi garba forse perchè io credo nell'arte pura, l'arte che non serva alcuna causa e, basta a se stessa. l'arte è bella se è bella, se è bella, perchè è bella (proprietà riflessiva). dost invece l'arte la piega al servizio di dio, della redenzione, del miglioramento dell'uomo, è il servitore di altro non certo dell'arte. e poi non avete l'impressione che il maestro si fa prendere la mano nella descrizione delle miserie umane scivolando nel melodrammatico? non sono mai riuscito a leggere fino in fondo il libro. evidentemente non tutti siamo in grado. eppure questo romanzo consacrò il maestro al successo mondiale, tradotto in tutte le lingue, anche morte, delitto e castigo è considerato dai più il più importante di tutta la letteratura russa...conferma lampante che l'animo umano presenta variazioni rilevanti.
Gentile Compagno Filosofo, sono io debitrice a Lei che m'insegna la vita e i giusti comportamenti: "la cara e buona imagine (...) di voi quando nel mondo ad ora ad ora m’insegnavate come l’uom s’etterna: e quant’io l’abbia in grado, mentr’io vivo convien che ne la mia lingua si scerna" . M. Cristina