Quando si passa dai bassifondi all’alta borghesia, dalla povertà che emargina alla ricchezza che accoglie, la lusinga del destino è troppo seducente. Abituarsi al lusso è semplice, più difficile è sopportare un tracollo economico, quando si è stati abbienti. Facile, prevedibile felicità. E resistere non serve, ormai bisogna solo avanzare.
“Resistere non serve a niente” di Walter Siti, vincitore del Premio Strega 2013, testimonia la repentina ascesa di Tommaso nel mondo dell’alta finanza, in quella “Zona grigia” tra malavita, politica e denaro.
Tommaso Aricò, nasce povero, figlio delle borgate romane, ma è straordinariamente dotato per la matematica. Da bambino è obeso, ha pochi amici e un padre delinquente, che finisce in carcere per un omicidio, commesso per costrizione. Grazie alla tenacia della madre Irene, saggia e pratica, trova uno spiraglio, "Ja'a faremo, ranocchié". È assoldato dalla mafia, a cui svende la propria mente, in cambio di denaro. La sua carriera è veloce, inizia in banca e continua poi in una società di brokeraggio. Il suo straordinario talento per le speculazioni finanziarie lo rende istintivamente recettivo per gli affari. Accumula un enorme patrimonio e frequenta il jet-set, di cui non si sentirà mai membro effettivo.
Si illude di trovare l’amore in Gabriella, modella dalla bellezza conturbante, ma chi vende con facilità il corpo al miglior offerente, svende l’anima ai saldi. Poi incontra Edith, scrittrice colta, con la quale sembra trovare un sentimento autentico. Così non sarà.
L’autore racconta in prima persona la storia di Tommaso, a cui lo lega uno strano rapporto di amicizia, che unisce due mondi differenti e opposti, quello della cultura e quello della finanza. Quando Tommaso, con un atto di generosità, rileva l’appartamento di Siti, che sta per essere sfrattato, chiede un pegno allo scrittore: questo libro. Perché vuole che la sua storia sia raccontata, perché vuole sentirla raccontare.
Nel mondo descritto da Siti non c’è nessun innocente, tutti sono colpevoli. Chi spera, chi sa, chi agisce per conto terzi, senza nemmeno macchiarsi le mani, perché il denaro sporco non si maneggia. Non importa poi se quella ricchezza proviene da un eccidio in Uganda. Basta un click e si possono movimentare milioni di euro verso paesi, dove la legislazione vigente favorisce gli affari. È il “denaro caldo”, “i soldi senza patria che vagano per il mondo avendo perduto qualunque traccia della loro origine”. Il male non ha più patria, è diventato cosmopolita.
“In un certo senso prima se stava pure mejo”, quando, nella povertà, l’unico peccato era desiderare la ricchezza. Ora che c’è, il denaro ha macchiato l’anima ed è un processo irreversibile. Non si può tornare indietro, venduta l’anima al demonio, questo non te la cederà più indietro. A meno che tu non possa offrirgliela nuovamente con gli interessi.
Il denaro è uno strano veleno, un veleno mortale che viene rilasciato pian piano nel corpo. Nasce dalla necessità per poi divenire vizio. Il denaro permette tutto, ma non può comprare la normalità, che è degna di pochi: “I ricchi si sporcano di capricci perché non sanno più cos’è un desiderio genuino”. Tutti gli altri sognano con gli stessi occhi di Tommaso una fortuna inattesa, fottendosene che il denaro sia “lo sterco del demonio”.
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