Gabriele D’Annunzio, l’imaginifico, è stato un infaticabile tessitore di trame, di avventure, di emozioni vertiginose, creatore di una vita inimitabile, impavido fomentatore di gesta belliche quanto ardito connoisseur delle virtù femminili.
Ogni parola è stata spesa, ogni elogio utilizzato per descrivere il simbolo incandescente della terra d’Abruzzo, di cui quest’anno ricorre il 150° anniversario della nascita, ma Daniela Musini – appassionata conoscitrice e interprete delle opere dannunziane – ne ha tratteggiato un gustosissimo dizionario con il quale ci restituisce un’immagine musiva dell’artista nella quale ogni tessera del mosaico vive di vita propria.
Nicolas de Chamfort diceva: “Godi e fai godere, senza far male a te stesso o a qualche altro: ecco qui, credo, tutta quanta la morale”. D’Annunzio fece godere (“per mesi e mesi non vissi se non priapicamente”), ma fece soprattutto piangere le tante donne alle quali strappò l’anima (“sitibondo vampiro di corpi e di anime”).
Il glossario della Musini è vasto quanto totalizzante: nessun piacere umano sfuggì alla sensualità del Vate, il quale plasmò una lingua densa di erotismo che è giunta a noi senza nemmeno una velatura sul suo smalto (“Muoio dal desiderio di mordere la tua nuca, di leccare le tue ascelle, di ubriacarmi del tuo odore”) ed è stata saccheggiata a piene mani nel secolo seguente.
D’altronde D’Annunzio ha cristallizzato con la sua vita la sublimazione di ogni scibile, il madore di ogni avventura fisica e carnale, l’anelito ad ogni slancio (“Sento nelle fibre più profonde il bisogno imperioso del piacere, della vita carnale, del pericolo fisico, dell’allegrezza”).
Magnetico, ammaliatore, dotato di formidabile eloquio, sibarita per antonomasia, per nulla incline ai pentimenti, si descriverà da vecchio con queste compiaciute parole: “Penso a quanto sono stato amato e come ho disperso tutto al vento della lussuria”.
“I 100 piaceri di D’Annunzio” compendia le gesta dell’avventuriero impavido, dell’uomo politico indomabile, del poliedrico inventore di sogni, del falegname di lussi, dell’amante di cani e cavalli, del guerriero implacabile, dell’inarrivabile e incomparabile edonista che seppe meglio di ogni critico descrivere l’essenza del suo stesso io: “Il piacere fa infinita la mia carne. Trovo negli eccessi del piacere la mia più vasta spiritualità”.
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