I Conti con la Storia dello storico e saggista Paolo Mieli, è un libro che raccoglie recensioni e saggi storici pubblicati sul Corriere della Sera. Racconta interventi e riflessioni che spaziano per tutto il corso della storia da quella Antica, al medioevo, all’età moderna fino al tratto contemporaneo.
Mieli ha compiuto gli studi a Roma alla Facoltà di Storia Moderna con una tesi sul fascismo sotto la guida di Renzo De felice, al cui fianco, negli anni settanta, ha svolto un' intensa attività didattica.
Il suo metodo storiografico consiste nell’analizzare i fatti nei minimi particolari, così da scorgere aspetti che altrimenti non sarebbero emersi.
Un continuum che non si limita alla superficie delle cose.
Mieli esamina le versioni ufficiali dei fatti, si pone delle domande, va alla ricerca dei conti che non tornano.
I dubbi come fonte di ispirazione.
Il suo è un approccio alla storia di tipo giornalistico e revisionista.
Lo storico non può accettare passivamente i risultati a cui è pervenuta la storiografia precedente, egli ha il compito di vagliare accuratamente le ricostruzioni dei fatti e di reinterpretare continuamente questi ultimi alla luce della scoperta di una nuova documentazione.
La storia va esaminata nella sua interezza, in tutte le sue versioni, quelle dei vincitori e quelle dei vinti, bisogna interrogarsi sugli aspetti oscuri e contradditori e liberarsi dalle divulgazioni tradizionali.
"I Conti con la Storia" ha diversi fili conduttori e una delle chiavi di lettura è contenuta nel sottotitolo “per capire il nostro tempo”.
La storia, secondo Mieli, è ncessaria per intendere anche il presente.
Rileggerla serve per riuscire ad individuare un metodo scientifico, studiare le vicende del passato anche molto lontane da noi può servire a comprendere meglio i meccanismi della vita pubblica, della politica, dell’economia, anche nel tempo presente.
Un altro filo conduttore che sembra contraddire il primo è quello che alla storia bisogna guardare staccandosi dalle passioni che l’hanno animata,anzi in certi casi può essere opportuno dimenticare. I cosiddetti patti dell’oblio. Il più noto è quello della Spagna quando alla caduta del regime franchista gli eredi di quelle che erano state le parti che si erano affrontate nella guerra civile, decisero di non risollevare le ferite, che questo Paese aveva subito durante la terribile guerra civile.
In realtà, ci spiega Mieli, che di patti dell’oblio ce ne sono stati tanti per esempio anche ad Atene, dopo la vicenda tragica della sconfitta della guerra del Peloponneso e della dittatura dei trenta tiranni, si decise di non rivangare l’immediato passato altrimenti le tensioni sarebbero state tali da compromettere la convivenza civile nella città.
Qual è l’equilibrio tra l’importanza del ricordare la storia per trarne degli insegnamenti e la necessità di non riaprire ferite sanguinose che poi possono creare delle tensioni pericolose per la convivenza?
La contraddizione tra le due cose è solo apparente.
L’oblio non è dimenticare per sempre una vicenda.
L’oblio è un momento nella mitologia molto particolare in cui si purga il passato dalle passioni, lo si conosce per una sorta di abreazione.
E’ la capacità di selezionare i ricordi in modo da eliminare le tossine e lasciare ciò che ci serve per sopravvivere.
Il passato va ricordato nella sua integrità, ma per vivere dobbiamo selezionare la nostra memoria, che è strettamente intrecciata con l’oblio.
Un altra questione che Paolo Mieli affronta è l’uso politico della storia.
Il fenomeno dell’uso politico della storia nel 900 è giunto all’esasperazione soprattutto attraverso le grandi ideologie nella storia d’Europa ed in particolar modo in Italia.
E’ un modo di far tornare i conti per poter dire che le ragioni erano tutte da una parte e i torti dall’altra.
I Conti con la Storia viene suddiviso dall'autore in tre parti.
La memoria divisa, falsi e menzogne della storia, memoria italiana.
Un percorso avvincente in cui si inseguono aneddoti curiosi su fatti e personaggi di epoche diverse.
Si parla della moderna immoralità Pericle, delle contraddizioni di Costantino, della ferocia di Calvino contro gli eretici, di Tocqueville che fu un colonialista. Apprendiamo che quella di Giuda fu una scelta economica e che il drammaturgo Roberto Bracco fu uno dei pochi intellettuali a rifiutare i soldi di Mussolini.
Il saggio storico di Paolo Mieli è un viaggio coraggioso e appassionato nella memoria intermittente.
Il lettore segue l'autore in un percorso senza sosta dove si è obbligati per la comprensione a spogliarsi di tutti quei facili pregiudizi, di quei retaggi culturali, di quelle presuntuose e scolastiche convinzioni per “ritrovare una base comune da cui avventurarci nella ricerca sul passato”.
Greta Salve Merlini.
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