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Il Libro: IO SO

di Maria Cristina Marroni
4 minuti

Era il 14 novembre 1974 quando Pier Paolo Pasolini urlava sul Corriere della Sera il suo “Io so” in riferimento alle stragi terroristiche di quegli anni (Milano, Brescia, Bologna) e al silenzio, o meglio alla connivenza, del potere politico “Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia” (P.P. Pasolini).
E sappiamo come finì: Pasolini venne brutalmente assassinato presso l’idroscalo di Ostia. « La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nella sua opera, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un'epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile ».(Alberto Moravia)

A quasi quarant’anni di distanza Antonio Ingroia, noto magistrato, riprende quelle stesse parole, parafrasandole e attualizzandole.
Il libro “Io so” di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, edito da Chiarelettere, ha la forma di un’intervista. Attraverso puntuali e incalzanti domande a Ingroia, gli autori ricostruiscono gli anni delle stragi (il 1992 e il 1993), in particolare l’omicidio di Paolo Borsellino, il mistero della sua agenda rossa, il “papello”, il ruolo di Marcello dell’Utri e degli uomini “cerniera” nei contatti tra Cosa Nostra e il potere politico, tangentopoli, la nascita di Forza Italia, Licio Gelli e la P2, il recente attacco alla Costituzione e la delegittimazione della magistratura.

Ingroia rilegge i fatti dall’interno, nel ruolo di “partigiano” della Costituzione, denunciando primariamente nel Paese una fittizia lotta alla Mafia: “la cultura istituzionale italiana è stata per secoli di tolleranza e legittimazione della mafia, sia a livello periferico che centrale. Non è un caso che la storia del confronto mafia-Stato sia ipocritamente raccontata come una storia di guerra, mentre in realtà dietro le quinte è sempre stata una storia di convivenza”.

La stagione stragista nasce per il magistrato come “risposta di Cosa Nostra allo Stato che, dopo la sentenza di Cassazione del maxiprocesso, ha messo in crisi l’impunità dei boss” e “dalla necessità per i boss di ristrutturare totalmente il rapporto con la politica”. Due sono le frasi emblematiche: la prima di Totò Riina: “Dobbiamo fare la guerra per poi fare la pace” e la seconda di Leoluca Bagarella: “In futuro non dobbiamo più correre il rischio che i politici possano voltarci le spalle”.

Tuttavia Cosa Nostra è stata affiancata nella pianificazione di quegli eventi da “un sistema criminale non mafioso costituito da vari settori della classe dirigente del Paese: massoneria deviata, finanza criminale, destra eversiva e frange dei servizi segreti” con l’obiettivo comune di cambiare il referente politico, infatti “l’omicidio Lima è il momento clou di azzeramento con il passato”.
Secondo la ricostruzione processuale la trattativa tra lo Stato e la mafia inizia subito dopo l’omicidio del referente della DC, prima delle stragi. “Appena la trattativa viene avviata, la necessità di salvare i politici (e con essi si ha la pretesa di salvare la repubblica) assume una grande rilevanza istituzionale, e lo Stato si attiva per rimuovere tutti i possibili ostacoli al negoziato”.

Ingroia precisa poi come la politica sia scomparsa perché “non più funzionale a un ruolo di mediazione tra interessi privati e pubblici”; a questo punto “gli interessi privati hanno preso d’assalto lo Stato: ed ecco il berlusconismo ha offerto il suo volto a questo fenomeno, e ne è stato in parte, al tempo stesso, un effetto”.
L’anomalia italiana è dovuta all’alto tasso di illegalità della classe dirigente. Occorre ripartire proprio da una rivoluzione interna “per consentire che si affermi una cultura della responsabilità…Il codice etico si ricostruisce con i buoni comportamenti pubblici, riconquistando uno stile che privilegi il rispetto, la solidarietà e i valori che nell’ultimo ventennio sono stati travolti e derisi, in un  contesto di subcultura che ha esaltato i disvalori e la trasgressione delle regole”.

 

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Commenti

Ci manca moltissimo un uomo come Pasolini, soprattutto in un momento come questo. Ci mancano i suoi editoriali, ci manca il vero giornalismo.
Antonio Ingroia in politica mi convince. Speriamo che poi non diventi come gli altri.
scusate il ritardo. mi sembra proprio una forzatura associare pier paolo pasolini - artista poeta tetterato intellettuale che non aveva bisogno di provare nulla - ad antonino ingroia p.m. in aspettativa che tutto deve provare...rigorosamente. IO SO è il titolo del celeberrimo manifesto pubblicato nel 1974 da pier paolo pasolini ed oggi è stato utilizzato per titolare il libro-intervista al magistrato antonino ingroia scritto dai giornalisti d'inchiesta lo bianco e rizza. contrariamente a PPP, ingroia, poichè magistrato, gode di un potere pari a quello di un semi- dio. infatti il magistrato stabilisce i confini della vita e della morte (bioetica e eutanasia), decide la sorte delle famiglie, dei minori, delle adozioni. decide se il politicamente scorretto è perseguibile oppure no. il magistrato decide se devi cedere o no casa tua alla tua ex moglie e i tuoi leciti euri.il magistrato decide se la sessualità è reato. lui può interpretare o applicare le leggi e modificarle con sentenza. il magistrato non paga se sbaglia. tutto questo è anche antonino ingroia. pier paolo pasolini non era così, non era un uomo di potere,ma la sua enorme energia gli consentiva incursioni piratesche in terreni al di fuori delle sue competenze e di mostrare le incoerenze, i punti deboli del sistema e soprattutto la sua capacità di porre dubi, seminare interrogativi, abbattere verità accettate convenzionalmente. possiamo tranquillamente affermare che p.p.p. era un uomo straordinario che dominava i materiali espressivi più diversi trasfomandoli al minimo contatto. pasolini detestava il potere così definendolo " nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole. e ciò che il potere vuole è completamente arbitrario o dettato da sua necessità di carattere economico, che sfugge alle logiche razionali..." comunque il titolo del bibro è bello. au revoir