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La Regione Basilicata impugna la "legge sviluppo". Occhio all'Abruzzo

di Enzo Di Salvatore
4 minuti

All'indomani dell'approvazione della legge sul petrolio da parte del consiglio regionale della Basilicata (legge n. 16/2012) dissi che quella legge era perfettamente inutile.
Perché inutile? Perché l'art. 38 del decreto sviluppo (oggi legge n. 134/2012) ha stabilito che in caso di diniego dell'intesa da parte della Regione il Governo può procedere unilateralmente, sostituendosi alla Regione. Apprendo che ieri il Consiglio regionale si è espresso favorevolmente affinché venga impugnato l'art. 38 della legge dello Stato dinanzi alla Corte costituzionale. In proposito, il Presidente della Regione ha dichiarato: "nella lunga e articolata giurisprudenza, l’intesa prevista per le concessioni ha una sua forza e una sua consistenza giuridica che con la modificazione non vedrebbe solo mutata la tempistica, ma ridurrebbe la partecipazione della Regione a un mero parere una procedura che noi riteniamo rilevante".
Dice bene, il Presidente: "lunga e articolata giurisprudenza". Tanto lunga e tanto articolata che sarebbe difficile sostenere che nei rapporti tra Stato e Regioni esista un univoco orientamento giurisprudenziale della Corte.
Ovviamente tutti noi vorremmo - credo - che la decisione della Corte dia ragione alla Regione. Ma la vedo dura.
La mossa è, invero, coraggiosa. Ma quale esito si spera di conseguire? Non certo la cancellazione dell'art. 38, poiché, piaccia o no, la possibilità per il Governo di sostituirsi ad organi regionali è contemplata dalla Costituzione all'art. 120.
Del resto non credo sia questo che chiederà la Regione. Nel suo ricorso, essa probabilmente sosterrà che la legge violi il principio di leale collaborazione, in quanto la regione sarebbe privata della possibilità di partecipare fattivamente - dicendo la sua - al procedimento che conduce alla realizzazione di infrastrutture energetiche.
Nel migliore dei casi - e cioè qualora non dovesse ritenersi infondato il ricorso - la Corte cosa potrà stabilire? Che la Regione deve essere messa in condizione di partecipare fattivamente (anche) alle determinazioni (ulteriori) che assumerà il Governo. Bene. Quand'anche la Regione vincesse il suo ricorso, in che modo parteciperà alle determinazioni (ulteriori) del Governo? Risposta: con un secco no. E come se ne uscirà? Sempre con una decisione unilaterale del Governo. A meno che la Regione non ricorra ulteriormente dinanzi alla Corte in sede di conflitto di attribuzione per il mancato raggiungimento dell'intesa (sent. 383/2005).
Ma è molto probabile che in questo caso la Corte dia ragione allo Stato, poiché il mancato raggiungimento dell'intesa è solo conseguenza di un divieto sancito da una legge regionale: la possibilità di partecipare al procedimento se l'è preclusa la stessa Regione con la sua legge, visto che essa nega in modo generalizzato e in ogni caso il rilascio dell'intesa con lo Stato. Se c'è qualcuno che viola il principio di leale collaborazione è, dunque, proprio la Regione Basilicata, in quanto la possibilità di negare l'intesa con lo Stato "a prescindere" non è contemplata da nessuna disposizione costituzionale.


Personalmente non condivido la politica legislativa dello Stato sullo sviluppo economico del Paese, né mi piacciono disposizioni che - come quella dell'art. 38 - in modo arrogante finiscono per imporre decisioni dall'alto. Ma non sarebbe la prima volta. Le leggi dello Stato sono ricche di previsioni analoghe a quella dell'art. 38. E a seguire la strada che vorrebbe imboccare la Regione si rischia di ottenere ben poco. Le soluzioni possibili le abbiamo indicate a Pisticci. Nel report del gruppo che presiedevo sono state formulate alcune proposte. Perché finora nessuno le ha prese seriamente in considerazione?


 

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Perché, malgrado il Suo lodevolissimo impegno, non gliene può fregare niente a nessuno. Qualcuno dei Parlamentari abruzzesi si è degnato forse di rispondere alla lettera inviata dalle associazioni contro le recenti misure varate dal Governo con il decreto Sviluppo Italia? Nessuno. Mi pare ci sia ben poco da aggiungere. La strada è stata ormai tracciata nell'indifferenza generale. Anche i pochi che hanno votato contro la legge di conversione del Decreto non credo lo abbiano fatto perché preoccupati dall'innamoramento del Ministro Passera per gli idrocarburi.