Non è la prima volta che la Giunta regionale abruzzese interviene nella disciplina di una materia con regolamento, ossia con un atto normativo, la cui adozione è riservata dallo Statuto della Regione in via esclusiva al Consiglio regionale.
Per più motivi, deve dirsi che aver voluto riservare al Consiglio l’esercizio della potestà regolamentare sia stata una scelta infelice.
A ciò, tuttavia, può porsi rimedio solo attraverso una modifica dello Statuto e non già ammettendo, ossia “tollerando”, che la Giunta adotti atti – ora qualificati “linee guida”, ora denominati “determinazioni” ovvero “indirizzi” – che quasi sempre hanno natura regolamentare.
È quello che accaduto il 26 settembre scorso, quando sul Bollettino ufficiale della Regione è apparso un provvedimento della Giunta, intitolato “Indirizzi generali per la gestione delle popolazioni di cinghiale e principi generali per la gestione delle popolazioni di cervo e capriolo”: provvedimento, che ha portato ben 12 Consiglieri a chiedere al Collegio per le garanzie statutarie della Regione di esprimersi circa la sua conformità allo Statuto (a dire il vero, senza che fosse chiaro se il parere richiesto concernesse un conflitto di attribuzione tra Consiglio e Giunta o se invece riguardasse la presunta illegittimità dell’atto adottato dalla Giunta rispetto allo Statuto).
Appena qualche giorno fa, il Collegio si è quindi pronunciato sul parere ed ha giustamente dichiarato che non spettasse alla Giunta adottare quel tipo di provvedimento. In realtà, va sottolineato che con il suo atto la Giunta è stata capace di fare molto di più: ha violato non solo lo Statuto (che riserva, appunto, la funzione regolamentare al Consiglio), ma anche la legge dello Stato sulle aree protette del 1991 (nella parte in cui, ad esempio, consente che “le squadre di girata possono essere utilizzate dalle Province per interventi di controllo numerico della specie al di fuori del periodo cacciabile anche nelle aree vietate alla caccia” come “i Parchi naturali”) e la legge della Regione sulla caccia del 2004 (nella parte in cui, ad esempio, disciplina le modalità di accesso al prelievo degli ungulati).
La qual cosa apre, allora, a tre ipotesi: o la Giunta è stata (ancora una volta) distratta; o essa non ha alcuna idea del modo in cui risultino ordinate le fonti del diritto tra loro (il rapporto che corre tra una legge dello Stato, una legge della Regione e un regolamento); o la Giunta, pur conoscendo perfettamente tale ordine, ha inteso (ancora una volta) disattenderlo.
Al di là di della risposta che si potrebbe rendere, un mistero avvolge comunque il caso di specie: come mai un provvedimento deliberato dalla Giunta nel settembre del 2011 è stato pubblicato sul Bollettino ufficiale esattamente un anno dopo?
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