La differenza fra la demagogia e l'onestà intellettuale ritengo stia nel fatto che la prima esprime parole che riempiono la bocca con secondi fini, con obiettivi inconfessabili ... mentre la seconda esprime le parole di chi cerca un bene oltre il proprio, oltre qualunque egoismo se non quello, nel nostro caso, di ricevere e dare un'assistenza sanitaria dignitosa, tutt’al più col sottile piacere nel cuore frutto della consapevolezza di avervi in qualche modo contribuito...
Anche questa ‘puntata’ è un tentativo di analisi che spera di mettere in luce i difetti inconfessati di un sistema profondamente malato, tentando di incrinarlo, ma non per questioni personali, senza rivalse o rancori (non ne ho, sono solo indignato), quindi non per attaccare le persone ... nessuno se ne abbia a male, l’obiettivo è ben più alto … sono mosso, con la mia squadra, dal desiderio di favorire un cambiamento vero per il bene di tutti noi: una sanità migliore...
Quando alcuni anni fa, con nostra figlia allora quindicenne, dovemmo affrontare l’amara sorpresa di un tumore al suo cervelletto, ci trovammo ‘fortuitamente’ nella Asl de L’Aquila … (perché era seguita lì da un anno e mezzo – nella città nella quale studiava in Conservatorio – nel Centro Cefalee, per una banale ‘cefalea tensiva’…). Appena scoperta la ‘massa’, fummo invitati dal neurologo a salire al piano di sopra, in Neurochirurgia, per iniziare un doloroso percorso pieno di spaventose incognite … in quel momento, inevitabilmente, fu un po’ come morire … Ma non voglio tediarvi con tutta la storia, fa parte dei ricordi intimi, privati, di famiglia, quelli che ti forgiano per tutta la vita, che ti cambiano le prospettive … Parto però da quell’esperienza, per riflettere su alcuni aspetti che desidero qui condividere, a proposito di assistenza sanitaria…
Durante il lungo tempo passato in quel reparto, dopo il delicato intervento neurochirurgico, scoprii che anche in Italia esisteva da qualche parte una eccezionale coscienza professionale ed umana che, meravigliosamente, pretendeva di dare un’assistenza sanitaria di qualità! Il lungo periodo vissuto al capezzale di mia figlia, da ‘addetto ai lavori’, mi permise così di mettere a fuoco tanti aspetti assistenziali rimasti fino ad allora solo nella teoria dei testi, o conservati come ricordi professionali di gioventù, quando in un non oscuro ospedale della provincia – Atri – avevo esperimentato il piacere ed il privilegio di dare e ricevere un’assistenza di qualità.
In quella Neurochirurgia, il primario e la caposala avevano fondato da diversi anni la Divisione, impostando da subito i criteri dell’assistenza ad alti livelli, ma soprattutto facendo in modo che fossero mantenuti nel tempo! Conoscevano il valore della buona assistenza e volevano potessero accedervi tutti i loro pazienti, non solo quelli ‘raccomandati’, i potenti, o comunque quelli che potevano permettersi la cameretta ed il sorriso a pagamento.
I loro sogni, la loro dura battaglia per conseguirli, avevano ottenuto il risultato cercato: nel loro reparto ogni paziente era trattato ‘con i guanti bianchi’ o, come volle dettarmi mia figlia in un biglietto a loro dedicato: ‘Mi avete trattata come una principessa …’ (ed avevo verificato di persona che lì ‘principessa’ non era solo mia figlia, i principi e le principesse, di tutte le età, erano in tutte le stanze del reparto)!
Ebbi la dimostrazione di quello che definii il ‘tiro al rialzo’ nell’assistenza, assistendo al primo giorno in servizio in quel reparto di un infermiere, non giovanissimo, trasferito lì. Entrò nella ‘nostra cameretta’, quella mattina, con fare che mi sembrò nella ‘norma’, salutò solo con un cenno della testa, era serio, come chi si muove da una stanza all’altra preso dal suo lavoro … Ma la scena non sfuggì allo sguardo attento della caposala … che lo chiamò (io curioso drizzai le orecchie) e, con tono rispettoso ma molto serio, gli si avvicinò e sussurrò: “Capiamoci subito, ora lavori con noi, se hai intenzione di continuare a farlo sappi che in ogni stanza di questo reparto c’è un ‘principe’ o una ‘principessa’ che sta molto male ed ha bisogno certo delle tue migliori capacità professionali, ma anche del tuo sorriso e passione, chiaro?!?”.
La reazione dell’infermiere fu di chi capiva che non c’era appello a quella sentenza … “Si, caposala, ho capito, d’accordo …” rispose sommesso. Così fu, dal giorno dopo vidi un infermiere, quell’infermiere, con un atteggiamento diverso, che aveva colto appieno la spinta del ‘tiro al rialzo’ datagli dalla caposala!!! Era stato invitato cordialmente, ma molto severamente, ad ‘elevarsi’ al livello voluto e condiviso da tutti nel reparto, per il quale il paziente viene davvero prima di tutto e l’assistenza deve dimostrarlo concretamente ogni giorno, ad ogni turno, in ogni persona!
Ma potrebbe sembrare solo un caso eccezionale, circostanze favorevoli che avevano realizzato un’isola felice, avendo loro fondato un reparto nuovo e tutto ormai funzionava in automatico, senza più ostacoli … ma ora vi dimostro che non è così.
Profondamente colpito da questo ‘clima assistenziale’, in fase di dimissione decisi di mostrare la mia gratitudine in qualche modo ai principali fautori di quel meraviglioso ‘clima’. Avevo confidenza con il prof. R. Galzio, ed in modo diretto gli chiesi cosa gli avrebbe fatto piacere ricevere come segno della nostra gratitudine … La risposta fu precisa ed immediata, come se fosse stata preparata: “Ci conosciamo da tanto, tu sai parlare e scrivere, chiedi al mio Direttore Generale di aiutarmi a mantenere questo livello di assistenza, perché diventa sempre più difficile farlo comprendere e renderlo possibile, a partire dai vertici della Asl..!”. Il messaggio era chiaro … così feci, scrivendo una lettera aperta (che non era un mero segno di gratitudine, perché ero davvero convinto che andava fatto ogni sforzo per mantenere quel livello di assistenza, per il bene del paziente)!
Rispose alla mia missiva anche l’allora primario illustre della Fiosioterapia e Riabilitazione, che aveva ricevuto ‘per conoscenza’, che confermò la mia visione: “Ha ragione, da quando il professor Galzio è arrivato ci ha positivamente costretti ad un ‘tiro al rialzo’ nella qualità dell’assistenza! (...)”.
La questione è molto seria… perché da troppo tempo, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti, oltre che sulla pelle dei nostri pazienti, nella nostra Asl (e non solo) invece il ‘tiro è al ribasso’!!!
Quando nel nostro ospedale, nella nostra Asl, un nuovo medico o infermiere giungono nella propria nuova collocazione (in oltre 35 anni ne ho visti tanti), in generale e troppo spesso devono subito confrontarsi con un clima diventato cinico e disfattista, la cui principale e consolidata preoccupazione sembra essere quella della disillusione, cioè ci si sforza di ‘aiutare il nuovo arrivato’ a rinunciare all’entusiasmo del ‘novizio’, del giovane che ancora non si è arreso alle logiche del sistema, che crede di essere nel suo lavoro ancora nella città del ‘nord’ dove ha vissuto i primi anni professionali, ma ora deve capire che è a Teramo, deve rendersi conto della nostra triste realtà: scarsità di risorse per il personale, carenze organiche, inesistente la prevenzione o la cura del Burnout, tristi consuetudini in un livello assistenziale davvero ridotto ai minimi termini, meritocrazia inesistente, ecc. …
No, non mi sto avventurando in conclusioni affrettate e gratuite, è un coro forte e numeroso quello che si leva da anni nel lamentare tale scarso livello … le eccezioni sono poche e nuotano controcorrente come salmoni affaticati!
L’assistente privato, il parente, la persona ‘sacrificata’ a fare turni continui al capezzale del paziente in ospedale è ormai una abitudine tanto consolidata, quanto discutibile … eppure non se ne riesce a fare a meno, diversamente il proprio caro non avrebbe attenzioni e cure personali adeguate, supporto alberghiero dignitosi, né un livello di trattamento igienico sanitario all’altezza della nostra dichiarata civiltà!
Così, tutti lo sanno ma nessuno osa dirlo, la figura del parente / assistente di frequente vive il suo ruolo in modo disumano … Assieme al paziente, è l’anello debole della catena, quindi quasi sempre subisce per timore di ripercussioni sul proprio congiunto!
Si ho scritto proprio ripercussioni! Pensate a quando il medico (o l’infermiere) un giorno giunge in reparto misteriosamente contrariato e tratta male paziente e parenti, con atteggiamenti indegni perfino delle bestie; o quando una sera l’infermiere arriva in servizio nervoso, lasciando che i propri problemi personali o gli effetti del proprio stato di Burnout conclamato si manifestino liberamente, trattando male il parente e l’assistente, magari completando l’opera con una indegna ‘ritorsione’, quando costringe il povero assistente a rimuovere la ‘sdraio’ portata faticosamente da casa per tentare di sopravvivere a turni ospedalieri, che per lui non finiscono mai, a fianco al congiunto … specie quando non si ha la possibilità di pagare qualcuno che lo sostituisca per tirare il fiato … e tutto questo nella sanità pubblica!
L’operatore sanitario si mostra così un piccolo, miserabile despota nel suo immaginario regno! In questi tristi ed assurdi casi, si muove come una sorta di kapò in servizio … Quasi sempre si subisce per quieto vivere, per paura che possa andare ancora peggio nella già triste situazione assistenziale del paziente … è assurdo … inaccettabile!
Chi permette tutto questo? Chi dovrebbe controllare? Chi dovrebbe ‘costringere al tiro al rialzo’?! La caposala? Il primario?! La Direzione Sanitaria?! Riflettiamo …
Le caposala si dividono in quelle che sono ormai sfinite, arrese nel loro stoico e storico tentativo di contrastare questo inaccettabile sistema assistenziale in profondo degrado; e poi ci sono quelle asservite al sistema, quelle che riproducono e difendono un sistema organizzativo e di gestione del personale al quale si è giunti per ragioni varie, ma i cui risultati sono comunque inaccettabili!
Quando osserviamo le caposala, per rimanere nell’esempio citato, ci sembra evidente che l’impostazione del lavoro loro indicata o imposta dalla Direzione Sanitaria (e comunque da chi gestisce queste figure di coordinamento), è evidentemente tale da favorire o comunque tollerare questo degrado assistenziale … e scusate la franchezza!
Facendo la ‘prova del nove’ rispetto alla mia esperienza con mia figlia, la caposala (pienamente sostenuta dal primario) imponeva una qualità assistenziale notevole e non lasciava altra scelta a tutto il personale che coordinava! Mi sembra di osservare ben altro nella nostra realtà … In sintesi, qui o la caposala è capace, ma ha esaurito le proprie energie nel tentativo di ostacolare l’andazzo del sistema, subisce il disinteresse del primario, non ci sono interventi radicali dall’alto da parte della dirigenza … oppure, è una caposala che vive in un pianeta diverso (ben diverso da quello che mette il paziente al centro di tutto), sembra riprodurre i mali del sistema, delega spesso abusivamente le proprie funzioni ad infermieri conniventi (o spaventati), reprime il personale con minacce e ripercussioni (negazioni od ostacoli nelle concessioni di diritti come le ferie, permessi vari, aggiornamenti, 104, ecc.) … e tutto il suo ‘impegno’, purtroppo, non è certo volto a spingere il personale verso il ‘tiro al rialzo’, affatto!
Se poi qualcuno osa contestare, esponendosi in prima persona, ricorrendo alla Direzione Sanitaria, al Primario, al Direttore di dipartimento (o comunque ad una figura gerarchicamente al di sopra) nel tentativo superare il disinteresse o l’apparente incapacità mostrata dalla caposala (o talvolta dal primario) … nella migliore della ipotesi ci si sente rispondere che purtroppo non ci si può far nulla; nella peggiore, si viene attaccati e minacciati di essere trasferiti ad altro servizio … quasi si fosse dei ‘sovversivi’ verso un sistema funzionante, o comunque per aver osato scavalcare le figure di riferimento e competenti che palesemente comunque non fanno il loro dovere! Non vogliamo neppure provare ad immaginare quante cose inconfessabili si nascondano fra le trame del sistema, visto il punto al quale siamo giunti!
Ma chi risponde di una sanità così ridotta e, nello specifico, di una assistenza che non và affatto?! Chi risponde se in tale situazione deleteria, a vari livelli, si verifichi un errore, se un paziente denuncia un caso di ‘malasanità’ … chi ne risponde?! Solo chi ha commesso l’errore in modo diretto, o dovrebbero risponderne piuttosto tutti coloro che, da molti anni, essendo nella posizione di poter intervenire, risolvere e cambiare la situazione … non l’hanno fatto?! Paga l’ultimo anelo della catena, il più debole o, piuttosto, bisogna risalire ai responsabili veri, quelli sui quali cade il peso quantomeno morale di tutta la situazione?!
Se poi si decide di iscriversi al sindacato, dove la migliore storia racconta di impegno per la tutela del lavoratore, ci si ritrova ‘stranamente’ ancor più vessati dal sistema e da chi lo dirige, perfino oggetto di trasferimenti punitivi mal celati dietro dichiarate, ma affatto chiare, ‘esigenze di servizio’ …
Ma ragioniamo ancora un attimo, in questa dolorosa ma doverosa analisi, sulla figura del sindacalista, sulla quale troppi appaiono disillusi! Difficile dar loro torto …
A partire, ovviamente, da una onesta autocritica, anche per capire attraverso il confronto se e come non ci siamo mostrati all’altezza di ogni situazione in cui ci siamo imbattuti, o per la quale siamo stati sollecitati, vogliamo accettare le critiche costruttive ed unirci a tutti coloro, di qualsiasi ambito e figura, vogliano combattere questa stessa battaglia, per il paziente come obiettivo primo e fine ultimo della sanità!
Quando si decide di dedicarsi all’attività sindacale, non di rado e dopo un po’, ci si imbatte con una tentazione: cogliere la possibilità di ottenerne qualche vantaggio personale, o rifiutare qualsiasi vantaggio per principio, volendo mantenere una posizione mai ricattabile … attraverso la quale poter denunciare, senza timore di essere a propria volta ‘denunciato’!
Chi davvero è degno di essere definito sindacalista, ha come obiettivi la tutela dei diritti del lavoratore e, in sanità, anche dei diritti del paziente, oggetto della sua attenzione ed assistenza … ma, purtroppo, la storia sindacale teramana non sempre ha brillato di questa luce …
Se io fossi un dirigente Asl e volessi gestire alla meno peggio le mie competenze, tagliando sul personale e sulle loro possibilità di progressione di carriera, aggiornamento, perpetrando un sistema fallimentare in quanto a qualità dell’assistenza, portando avanti una ‘politica’ di raccomandazioni ed iniqua gestione di interessi non ammissibili (parlo in termini di principio) … in effetti cercherei di ‘rabbonire’ i sindacalisti, offrirei loro qualche privilegio, qualche ‘favore’, così li avrei in pugno e potrei gestire le cose a modo mio, senza il rischio di contrasti sindacali … se mai ce ne dovessero essere, saranno al limite concordate, solo demagogiche, di facciata …
A guardarmi attorno, mi sono dovuto onestamente chiedere: ma non è che davvero la dirigenza ha usato a lungo e con successo questa strategia?! Ma no, sicuramente mi sbaglio … di certo i sindacati non cercheranno di difendere lavoratori indifendibili, pur di mantenere qualche delega in più! Di certo i sindacati faranno il loro dovere fino in fondo, non rispondendo a certe logiche colluse e contribuiranno alla grande a scuotere questo sistema, per tornare ad una assistenza sanitaria eccellente! Di certo hanno a cuore il bene della nostra azienda, non cercheranno mai di difendere qualcuno che si comporti male solo perché è un loro iscritto … no, altrimenti che sindacato sarebbero?!?! Certo che no … spero …
Così il circolo diventa vizioso, il sistema riproduce se stesso e, troppo spesso, il personale mostra stanchezza nel contrastare l’andazzo, concludendo che è più facile asservirsi ad esso, piuttosto che continuare nel tentativo di combatterlo, subendo appunto pressioni, ripercussioni, ostacoli attraverso la burocratizzazione degli atteggiamenti, ricatti rispetto a quelli che sarebbero normali diritti contrattuali … insomma, siamo di fronte ad un disastro lavorativo ed assistenziale e, con tutte le nostre forze, desideriamo contribuire a porvi fine! Vogliamo impegnarci in tutti i modi perché si torni a migliori condizioni di lavoro, perché il clima nel quale si opera torni sereno e trasparente, per poter davvero avviare un vero e progressivo ‘tiro al rialzo’ nell’assistenza..!
Naturalmente , mi sono espresso in termini generici e senza riferirmi volutamente a persone, fatti e situazioni specifiche … speriamo ancora che alla fine il buon senso e la coscienza professionale prevalgano, suscitando un vero processo di cambiamento!
Ma ciò non significa che non vogliamo essere concreti! L’assistenza al paziente e le condizioni in cui il personale deve poterla assicurare, ci stanno talmente a cuore che se il cambiamento non dovesse avviarsi, coinvolgeremo anche la magistratura, pur di riportare il paziente al centro della scena, per un’assistenza degna di questo nome! Basta assistere inermi alla migrazione della speranza verso una sanità migliore in altri lidi, la vogliamo a Teramo, per la nostra gente, la migliore sanità!
Alla prossima … spero …
Sergio D’Ascenzo
Ref. Nursind Teramo
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