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Atri condannata a essere minoranza

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Circa due settimane fa, sebbene io sia Consigliere comunale in carica presso il Comune di Atri, ho appreso solo dalla pagina Facebook dell’ente la notizia di un bando ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani)  per un corso di formazione per giovani amministratori locali sul tema della “Cultura come leva strategica di sviluppo dei territori”.

L’importante progetto è stato presentato dal presidente dell’Associazione e Sindaco di Torino, Piero Fassino, e dall’ex Ministro dell’integrazione Cécile Kyenge.
È la mia prima esperienza nel ruolo di Consigliere comunale; tuttavia sostengo da sempre l’idea che l’aggiornamento e una formazione regolari e costanti dovrebbero essere un piccolo obiettivo tra i tanti che ci poniamo nella vita. Da questo punto di vista ho letto nel progetto ANCI un’opportunità per incrementare le mie conoscenze e le mie competenze nell’ambito dello sviluppo delle politiche attive e della progettualità amministrativa, con la prospettiva di poterle mettere a disposizione della mia città, attraverso una riprogrammazione e un riordino della gestione sulle sue potenzialità storiche e culturali, ridandole forza sotto questo aspetto e investendoci poi sopra.

Alla mia domanda di ammissione al corso, però, gli organizzatori hanno risposto così: «come evidenziato nell’avviso di selezione del progetto, il candidato deve appartenere a Comuni o Unione di Comuni iscritti all’ANCI, in regola con il pagamento delle quote associative. Il Comune di Atri risulta, da comunicazione dell’ANCI, non socio e quindi Lei è stata ammessa con riserva in attesa che il Comune stesso faccia l'iscrizione».

Ho chiesto allora chiarimenti al Sindaco Astolfi, ai componenti della Giunta e al rappresentante ANCI d’Abruzzo, venendo a sapere che il Comune di Atri è affiliato alla RECS (Rete delle città strategiche), ha pagato soltanto un abbonamento per i servizi ANCITEL, ma tra i comuni di medie dimensioni abruzzesi, è l’unico a non essere iscritto all’ANCI e, quindi, a non beneficiare degli innumerevoli progetti, attività, iniziative e opportunità riservati agli enti aderenti e, in definitiva, a non beneficiare di quella fondamentale funzione di rappresentatività delle municipalità di fronte a Parlamento, Governo, Regioni e ogni altra Istituzione che eserciti funzioni pubbliche di interesse locale. All’esito dei vari colloqui, comunque, è rimasta vaga, fondamentalmente non espressa con chiarezza, la volontà da parte della Giunta di procedere all’iscrizione.
I contorni della questione, a quel punto, da personali che erano, hanno preso tutta un’altra forma.

In particolar modo, dietro questo episodio, che mi vede mio malgrado protagonista, si svela ancora una volta un modo di amministrare e pensare alla politica in maniera improduttiva, confusa, personalistica e troppo spesso semplicista, pressappochista.
Infatti, a fronte della importanza della adesione alla Associazione e della rilevanza dei vantaggi conseguenti, la quota associativa ANCI per il Comune di Atri sarebbe di appena € 2.106,04 – ovvero meno della metà di quanto speso complessivamente dall’amministrazione Astolfi in occasione delle discesa dalla torre civica dell’assessore allo sport, all’agricoltura e alla cultura, travestito da befana, dello scorso 6 gennaio, quando, solo per le calze con le caramelle da lanciare al popolo, sono stati spesi € 3.189,00.

Se il 90% dei cittadini italiani risiedono in città associate ANCI, evidentemente gli atriani appartengono al restante 10% che, come me, sono ormai messi “in riserva”, vivendo in una città dove gli amministratori sono attentissimi a centellinare le risorse da investire sui servizi in favore dei cittadini, ma poi sperperano senza razionalità e metodo.
                   

                       Chiara Di Nardo Di Maio
(Capogruppo del PD al Consiglio Comunale di Atri)
 

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