Caro Falconi,
non ti conosco personalmente e me ne dispiace, ma apprezzo la tua vivacità di giovane cronista e la voglia che dimostri di buttare il sasso nello stagno. Posso dirtelo? Persevera. Vai avanti…Di persone così c’è gran bisogno. A dirlo è un vecchio cronista che, nonostante qualche delusione, ha sempre creduto nelle nuove leve. A cominciare da quel gran simpatico di Antonio D’Amore, al quale in altri tempi, come si è compiaciuto di ricordare, affidai l’incarico (dopo Antonio Risolo, nome noto del giornalismo nazionale) di redattore capo del quotidiano Le Notizie, diffuso nelle edicole in tandem con La Stampa di Torino. Vedo che ora Antonio, sempre un po’ discolo e imprevedibile, mi ricambia il grosso regalo ricevuto, inventando la storiella di quando, nella mia “ovattata” stanza di direttore, gli “insegnai come non essere un giornalista libero”, dettandogli l’elenco dei “9 potenti” (o 90?), da mettere al riparo dalla sua penna di fustigatore dei “prepotenti”. Fosse vero, il buon Antonio non farebbe un complimento a se stesso…Anzi, dimostrerebbe -non ti sembra?- la sua disponibilità ad accettare, senza battere ciglio, il bavaglio di cronista dimezzato. Altrimenti, nessuno avrebbe potuto privarlo della libertà di rifiutare l’incarico. Invece, con entusiasmo e soddisfazione, incassò senza esitare quella grossa opportunità professionale offertagli. Fatti suoi (per me tuttavia incomprensibili), se ora tenta da vero kamikaze di metterla in cattiva luce, quella esperienza, danneggiando la sua stessa immagine di giornalista. Che, invece, dovrebbe difendere in ogni momento. Specie quando, con un microfono in mano, in tv si trova davanti ad un potente e deve non dare l’impressione di essere, più che seduto, in ginocchio, mettendo a totale suo agio l’ospite speciale. Del resto, talune regolette tecniche e deontologiche, non sono state da me inventate. E, applicate o disattese, distinguono il buon giornalista dal suo contrario.
Bada, non sto salendo in cattedra né distribuisco pagelle. A quelle provvedono i telespettatori e i lettori che, senza andare per il sottile, sanno misurare valore e credibilità di ciascuno. Né serve gonfiare il petto, come pateticamente fanno certi falsi giornalisti.
In sostanza, questo era il succo del mio intervento, peraltro garbato e senza riferimenti personali, che vedo ora al centro dell’attenzione di molti (anche di “i due punti”). E non può che far piacere a un vecchio giornalista che spesso vede umiliata e vilipesa una professione, nonostante tutto, ancora da amare e difendere.
Del rapporto Stampa & Potere si dovrebbe parlare e discutere di più e meglio, con l’obiettivo di accertare se esistano i presupposti per relazioni più corrette e costruttive con il Palazzo. Nell’interesse di tutti. A cominciare da quei potenti che non possono più illudersi di incantare i “serpenti” (noi cittadini) con la complicità di una informazione servile e compiacente. Era ed è tutto qui, caro Falconi, la sostanza del problema. Ma posso darti un consiglio non richiesto? Visto che hai cominciato, cerca di continuare. Approfondisci il dibattito su un tema scottante, che viene solo a tratti fastidiosamente sfiorato. Affondiamo insieme il bisturi in profondità, per far emergere alcune verità che vanno dette e non più rinviabili. Se vuoi, si potrebbe discutere meglio anche di Pubblicità & Potere (il tema proposto dal consigliere regionale Berardo Rabbuffo), per far emergere la tendenza piuttosto miserella di come in loco, con la pratica della elemosina pubblicitaria, si premiano i buoni e si puniscono i cattivi, usando comunque soldi pubblici. Con i soliti noti che – dall’alto delle rispettive poltrone, prebende e ricchezze- sono essenzialmente interessati a far chiudere quelle pochissime flebili voci locali con il vezzo di non essere del tutto allineate. Parliamone. Per quanto possa contare, sono a disposizione. Con tanti auguri per il tuo lavoro e il tuo futuro.
Marcello Martelli
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