Con Decreto Legge n. 95 del 6 Luglio 2012 recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, il Governo decide di “mettere mano” alle province italiane, riordinandole.
In un primo momento, nell’elaborazione di tale decreto, aveva inteso avanzare la possibilità di poterle sopprimere, quando poi, vista l’incostituzionalità di tale operazione, decide di sostituire la parola “soppressione” con “riordino”, pensando di salvaguardare il decreto da possibili ricorsi presso la Corte Costituzionale.
La riforma, attraverso il processo di riordino, mira alla riduzione del numero delle province mediante un percorso ampiamente concertato che coinvolge il mondo delle autonomie; infatti viene concessa la possibilità a tutte le Regioni di esprimere un parere sulla propria riorganizzazione territoriale, non volendo, il Governo, procedere d’imperio attraverso un’operazione non condivisa.
La partecipazione che lo Stato ha voluto estendere a tutti i livelli di governo non impedirà, in base al quadro normativo prefigurato, che l’iter giunga a compimento entro la fine del 2012 tanto è vero che il decreto stabilisce il termine massimo di 92 giorni per l’elaborazione di un parere.
I territori così riformati dovranno avere dei requisiti minimi, ovvero di popolazione (350.000 abitanti) di territorio (2500 KMQ) a cui fanno eccezione le province contenenti i capoluoghi di Regione e le province confinanti solo con province di altre Regioni più una città Metropolitana ( disposizione applicabile per la sola provincia cuscinetto di La Spezia)
I Comuni possono attivare i processi previsti dalla costituzione per spostarsi da circoscrizione ad un’altra, ma questo processo non può consentire alle Province di acquisire i requisiti minimi per la “sopravvivenza”, poiché i requisiti sono stati stabiliti in base alla “fotografia scattata” al momento dell’emanazione del Decreto Legge (Avvisate il Sindaco di Teramo, Brucchi, di iniziare il riscaldamento, visto che aveva annunciato la Marcia sull’Aquila).
Le città metropolitane saranno 10 e sono già stabilite nel medesimo Decreto Legge, non è possibile stabilirne di nuove se non, su futura proposta del Consiglio dei Ministri, ma comunque a seguito del suddetto riordino ( Ok dite al Sindaco di incamminarsi…)
Nel caso il riordino interessi più province, il comune capoluogo, salvo diverso accordo tra le parti, sarà il comune con maggior popolazione residente, dunque nel caso di una fusione tra Chieti e Pescara, ci sarebbe la nuova Provincia di Chieti con Capoluogo Pescara, immaginatevi la gioia dei teatini.
La procedura adottata prevede che le Regioni incarichino in un primo momento il CAL, il Consiglio per le Autonomie Locali, il quale emette un parere e lo trasmette alla Regione, la Regione può recepirlo e farlo proprio trasmettendolo al Governo oppure, in disaccordo con questo parere può elaborare un’altra proposta.
Il Governo, visionati i pareri delle Regioni, può accettare o respingere le proposte, definendo così, attraverso un ulteriore atto legislativo, la nuova configurazione territoriale delle province italiane.
Alle nuove province, così individuate, vengono tolte quasi tutte le funzioni amministrative di cui oggi dispongono, rimarrà di loro competenza solo l’edilizia scolastica, la viabilità e la pianificazione territoriale provinciale.
E ora veniamo a noi, in Abruzzo dunque, le province oggetto di riordino saranno Teramo e Pescara mentre quelle aventi i requisiti minimi stabiliti per legge sono L’Aquila e Chieti.
Il CAL abruzzese dopo essere annegato in mezzo ad un mare di polemiche, si è espresso a favore della riduzione a due Province e dell’accorpamento all’interno di esse di Teramo in quella dell’Aquila e di Pescara in quella di Chieti.
Proposta che di fatto, ha spaccato la politica regionale in mille pezzi, lasciando ognuno sulla propria posizione.
Notizia di oggi è la delibera del PDL, presentata dal capogruppo Lanfranco Venturoni, con cui si formalizza la proposta di abolire tutte le Province abruzzesi, atto che sarà discusso presso il prossimo Consiglio Regionale entro e non oltre il prossimo 23 Ottobre.
Con questa genialata, la Giunta Chiodi ha trovato la quadratura del cerchio, rendere tutti virtualmente contenti, poiché l’opinione pubblica è a favore dell’abolizione totale di questi enti e passare la palla al Governo, il quale, non avendo altra scelta dovrà sostituirsi alla Regione, decidendo definitivamente quale sarà il futuro assetto territoriale della Regione Abruzzo.
Non è percorribile la proposta “Zero Province” semplicemente perché il Decreto Legge non prevede la soppressione di nessuna Provincia, bensì ne prevede la riorganizzazione, il riordino; infatti l’intenzione del legislatore, per ovvi motivi riguardanti la costituzionalità del Decreto, non ha potuto prevedere l’abolizione di nessuna delle Province Italiane.
Difatti, la riforma prevede che per ogni territorio regionale permanga almeno un ente Provincia, con le funzioni gestionali di cui sopra e secondo le modalità stabilite dalla legge, dunque e per ovvie ragioni non è possibile perseguire la soluzione proposta dal PDL, a meno che non si decida di non decidere facendo finta di averne discusso.
Compiendo questa azione scellerata, il Governo Regionale, rinuncia al principio di autodeterminazione e si assume la responsabilità di far compiere delle scelte che riguardano il nostro futuro al Governo Monti, con tutte le ricadute che queste azioni potranno comportare sul territorio regionale.
La politica della demagogia, la politica del non decidere, la politica dell’accordo trasversale, la politica del subire le scelte e far in modo di addossare le colpe ad altri è una strada che questa Regione non può più permettersi, credo sia giunto il momento di assumersi le proprie responsabilità e di dimostrare carattere nelle scelte.
A mio dire, in attesa di una seria riforma costituzionale che preveda la definitiva abolizione dell’Ente Provincia, si dovrebbe in linea con lo spirito del Decreto, razionalizzare al massimo i costi, riducendo il tutto ad una sola Provincia.
Ma in tutto questo trambusto, mi domando e osservo: E gli Abruzzesi? Gli Abruzzesi osservano in silenzio il patetico teatrino messo in scena dalla politica, presi come sono da una crisi che li sta lacerando nell’animo.
E se la domanda che mi sono posto adesso, dovesse porgerla il Ministro Patroni Griffi a Monti, in un ipotetico colloquio fatto, commentando il parere trasmesso dalla Regione Abruzzo, sinceramente, non vorrei che la risposta fosse contenuta nel titolo.
Cordiali saluti
Stefano Alessiani
Commenta
Commenti