“Italia libera” era un movimento antifascista, a connotazione fortemente massonica, costituito a Firenze nel 1924 e poi esteso ad altre province e all’emigrazione politica in Francia. Ebbe tra i suoi dirigenti C. Rosselli, E. Rossi e P. Jahier. Fu sciolto d’autorità, così tante altre associazioni, dalla nota legge 20 novembre 1925 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 26 novembre 1925), meglio nota come legge contro la massoneria.
Il 13 dicembre 1926 il Ministero dell’Interno (Direzione Generale della P.S., Div. Affari Gen. E Riservati) inviò una nota riservata (prot. n. 55067) ai Prefetti del Regno, chiedendo di segnalare i nominativi dei funzionari dipendenti dal Ministero dell’Istruzione che risultavano essere stati iscritti alla soppressa Associazione “Italia libera”. La richiesta venne inoltrata dal Prefetto di Teramo, sempre con nota riservata (prot. n. 4517), il 14 gennaio 1927 al
Questore di Teramo, il quale rispose, sempre con nota riservata, (prot. n. 149) il 17 gennaio 1927, che nessuno dei funzionari del Ministero della Pubblica Istruzione in servizio in provincia di Teramo risultava essere stato iscritto all’Associazione “Italia libera”. Ma aggiungeva “notizie” su 13 nominativi, soprattutto in riferimento alla loro “fedeltà” al regime fascista e al loro atteggiamento politico, ma anche riguardo ad alcuni aspetti del loro contegno privato e del loro comportamento come docenti. Di alcuni di loro, però, si fornivano informazioni anche riguardo al loro rapporto con la massoneria.
Del prof. Francesco Fava, insegnante da due anni presso il Regio Liceo “Melchiorre Delfico” di Teramo, si diceva che era stato a Messina, luogo da cui proveniva, “notoriamente massone” e in frequente contatto con gli esponenti locali della massoneria.
Del prof. Giuseppe Granata, insegnante presso il Ginnasio Inferiore “Melchiorre Delfico” di Teramo, si diceva che a Mistretta, da cui proveniva, aveva manifestato sentimenti liberali e contrari al fascismo, ma si ignorava se fosse iscritto in qualche loggia massonica.
Della prof.ssa Amalia Biondi, insegnante di latino presso la Regia Scuola Magistrale di Teramo, si riferiva che non svolgeva alcuna attività politica, ma era la moglie di Alberto Campanella, già capo della sezione di Teramo della disciolta associazione “Italia libera”.
Il prof. Giulio Aromolo, insegnante di italiano e storia presso il Regio Istituto Tecnico di Teramo, era ritenuto massone e pubblicava spesso articoli letterari su giornali locali di opposizione al Fascismo.
Il prof. Quirino Valente era di dubbia fede politica, ma era stato sempre sostenitore della candidatura del già deputato Celli, socialista massone.
Il prof. Ascanio Di Giuseppe, insegnante di matematica e scienze presso la Regia Scuola Complementare di Teramo, da parecchio tempo non svolgeva alcuna attività politica ed era cauto e riservato nei suoi atteggiamenti, ma era stato socialista unitario e nel 1919 era stato iscritto alla loggia massonica “Melchiorre Delfico” di Teramo.
Il prof. Giuseppe D’Amico, maestro presso il Regio Convitto Nazionale “Melchiorre Delfico” di Teramo, era massone, non certo intimamente favorevole all’idea fascista, anche se non attivo e riservato.
Nessuno dei nominativi segnalati, precisava la nota, aveva compiuto manifestazioni tali da incorrere nelle condizioni previste dalla legge 4 dicembre 1925 n. 2300 che prevedeva la dispensa dal servizio dei funzionari statali che, in ufficio o fuori ufficio, non dessero piena garanzia di un “fedele adempimento dei loro doveri” e si ponessero in condizioni di” incompatibilità con le generali direttive politiche del Governo”.
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