Siamo nel giugno del 1913. Una cinquantina di deputati presenta alla Camera una mozione in cui si ribadisce che è pregiudizievole agli interessi dello Stato e incompatibile coi doveri della disciplina militare l’appartenenza ad associazioni segrete. La presentazione della mozione è contemporanea ad una interrogazione dell’on. Meda al Ministro della Giustizia in cui chiede se il Guardasigilli abbia preso cognizione del contenuto di una lettera confidenziale, ma pubblicata dalla stampa, del comm. Eusebio De Paoli di Bologna, in cui si parlava delle influenze che si potevano esercitare sui magistrati iscritti alla massoneria. L’interrogante chiedeva al Ministro se non riteneva che il contenuto di quella lettera, finita sui giornali, aveva l’effetto di nuocere gravemente al prestigio della giustizia e alla dignità dei funzionari preposti alla sua amministrazione.
La lettera scritta da De Paoli era stata esibita in Tribunale dall’avv. Aristide Venturini, suo difensore in una processo che lo aveva coinvolto nell’ambito del suo ruolo nella “Cassa Cooperativa di Credito” di Bologna. L’avv. Venturini, insorta una contesa giudiziaria con il suo cliente per il mancato accordo relativo a suo onorario, dopo l’ottenimento di una sentenza favorevole, tra i vari documenti esibiti per dimostrarne la scorrettezza, aveva inserito una lettera da lui inviatagli, su carta intestata “Cassa Cooperativa di Credito” di Bologna, nelle quali lo scrivente confidava alcune pressioni che era riuscito ad esercitare su alcuni confratelli massoni appartenenti alla magistratura per avere la sentenza a lui favorevole. Finita sui giornali, la lettera aveva fatto tanto scalpore da sollecitare l’interrogazione dell’on. Meda.
Delle due vicende, la mozione presentata alla Camera sugli intrecci tra massoneria ed esercito, e l’interrogazione dell’on. Meda sulle pressioni esercitate su magistrati massoni, si occupava un giornale teramano, L’Italia Centrale nel suo numero di sabato e domenica 14 e 15 giugno 1913, che riportava le due notizie e, a commento, con riferimento alla situazione locale, scriveva:
“I tentativi fatti dalla massoneria a mezzo dei suoi rappresentanti deputati e accoliti, complici ministri di poca coscienza e di niente scrupoli, hanno creato una reazione di coscienze oneste nella Camera italiana, che non può non essere da noi notata in questo giornale, da noi che sappiamo per triste esperienza, e che vediamo tutto giorno quanto sia stata e sia deleteria l’opera della massoneria nella nostra città, nella nostra provincia e nella nostra Regione”.
Che dire? A Teramo, comune e provincia, e nella regione Abruzzo potrebbe davvero non essere cambiato nulla, o assai poco, in cento anni di storia?
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