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Il corrosivo: Una pietosa misericordia.

di Elso Simone Serpentini
7 minuti

Propongo la ricostruzione di un antico episodio, avvenuto nella notte dei tempi, con la stessa intenzione di riflessione paradigmatica che ho a volte manifestato in altri racconti analoghi. Erano gli anni ‘90. Come direttore editoriale di Verde TV, cercai di fare di tutto per salvare l’emittente quando, in fase di attuazione del piano delle frequenze, si corse seriamente il rischio di scomparire. Tra le altre iniziative, ricordo che invitammo i teramani - tutti, di ogni condizione - a inviare un telegramma di solidarietà al Ministero delle Poste. Ne furono spediti più di mille. Ma non ci limitammo solo a quello, io, il direttore responsabile Franco Baiocchi e alcuni amici che erano titolari di quote, assai frazionate, dell’emittente. Ricordo anche quando io e Alberto Di Croce andammo direttamente al Ministero per perorare la nostra causa e ci sentimmo fare chiedere una “mazzetta” per avere protezione e l’assegnazione di una frequenza da parte di soggetti che qualche anno dopo finirono in galera proprio per averle chieste ad altri.

Facemmo anche altro, sempre per evitare che Verde TV scomparisse, non vedendosi assegnare una frequenza per continuare a trasmettere. Per esempio, ci rivolgemmo ai politici locali. Io personalmente mi incontrai con molti di loro, ai quali rappresentai le difficoltà della nostra emittente nel vedersi riconosciuto uno spazio vitale. Tramite un comune amico, ottenni anche un incontro con l’on. Antonio Tancredi, dal quale fu fissato un appuntamento nello studio annesso alla sua abitazione, a Fonte Baiano. Andai accompagnato dal comune amico, un collega, uno stimato insegnante di matematica, che del deputato democristiano era tra l’altro consulente elettorale.

Fu quella la prima ed unica volta che mi trovai nell’anticamera dell’on. Tancredi, che fino a quel momento, come poi avvenne in seguito, avevo incontrato solo in occasioni pubbliche o come ospite in televisione.
Rimasi nell’anticamera dell’onorevole più di mezzora, insieme con un’altra persona che era in attesa di un colloquio da prima che arrivassi io. Mi sorpresi nel trovarlo li, seduto, a fare anticamera, perché si trattava di un primario ospedaliero di una certa importanza e notorietà, nella cui anticamera mi sarei aspettato di trovare l’on. Tancredi e non viceversa. Confesso un certo imbarazzo reciproco e confesso anche che quello mio era dovuto anche al timore di essere scambiato per uno dei tanti “questuanti” che si recavano dal deputato per chiedere questo o quello. Ricordo vagamente che sentii anche la necessità di spiegare che non mi trovavo lì per chiedere qualcosa per me, ma per la mia emittente.

Dopo l’uscita dallo studio dell’onorevole del primo visitatore, che non ricordo chi fosse, entrò il primario e io rimasi in attesa, sempre in compagnia del mio collega. Dopo un’altra ventina di minuti, toccò a me. Mi sedetti e presi a spiegare la situazione che si stava determinando con un piano di assegnazione di frequenze televisive che, tra molte ingiustizie, ci penalizzava fortemente, condannandoci all’estinzione. L’onorevole ascoltò e si impegnò ad occuparsi del problema. Ricordo (elemento di colore) uno schedario, di quelli a bussola rotante, che si trovava sulla scrivania. Immaginai (ma forse fui malizioso) quanto fosse importante quello schedario, anche ai fini elettorali, quando l’onorevole ci appuntò sopra anche il mio colloquio e il problema che avevo appena rappresentato.

Ricostruii mentalmente questo incontro quando avvenne, qualche tempo dopo, quel che temevo che potesse avvenire, che cioè l’on. Tancredi mi potesse rinfacciare quel colloquio, per dimostrare e rivelare che “anche” io mi ero rivolto a lui per chiedere un favore. Accadde che nel corso di una trasmissione televisiva in diretta, un dibattito, arrivò una telefonata dell’onorevole, il quale, sentendosi accusato da me, non ricordo per quale critica io avevo rivolto a qualcosa che lui aveva fatto, mi fece presente che anche io gli avevo chiesto un favore. Risposi molto stizzito, facendo presente che mi ero rivolto a lui, in un colloquio ufficiale e non riservato (così come mi ero rivolto ad altri esponenti politici, di tutti i partiti, compreso il Partito Comunista, di cui feci i nomi, elogiandone la maggiore correttezza), non per un favore, ma per un intervento politico.

Quali riflessioni fare sull’episodio e/o quali conclusioni trarne? Nessuna, e non voglio dare nemmeno alcun suggerimento. Voglio solo ribadire che all’epoca considerai la cosa, e tale la ritengo ancora oggi, come una scorrettezza, compiuta da chi manifestava l’intenzione di voler mostrare che ero io in difetto e che, mentre pubblicamente accusavo, in segreto chiedevo favori. Ma non avevo chiesto alcun favore, nessun trattamento riservato. Nemmeno avevo rivendicato un diritto trasformandolo nella richiesta di un favore. Avevo semplicemente chiesto l’intervento politico di un politico, un parlamentare, così come avevo chiesto l’intervento politico di altri politici, ciascuno nei limiti delle rispettive capacità di intervento, per correggere un provvedimento legislativo del Ministero delle Poste relativo all’assegnazione delle frequenze.

Rimasi molto amareggiato dall’episodio, anche perché ne avevo temuto il verificarsi. Ci ripensai quando se ne verificò un altro, per il quale anche io mi addolorai, un incidente stradale nel quale fu coinvolto l’on. Tancredi sotto il traforo del Gran Sasso, tanto grave da metterne in pericolo la vita e da determinare una lunga degenza in ospedale. Scartai subito l’ipotesi di fargli pervenire anche la solidarietà per lo scampato pericolo e con meravigliata sorpresa, pur compiacendomi che poi fosse intervenuta una guarigione completa, alla competizione che ci fu per essere ammessi “per primi” ad un colloquio con lui nella sua stanza d’ospedale dopo che i medici l’avevano finalmente autorizzata. Fu una competizione serrata, con numerosissimi combattivi concorrenti, allineati ai nastri di partenza. Ognuno desiderava essere il primo a incontrarlo e a felicitarsi con lui.

Chi vinse la gara (non ne faccio il nome, perché è morto, dico solamente che era un assessore comunale di Teramo) ne menò poi vanto assai a lungo, pavoneggiandosi come se avesse conquistato chissà quale trofeo. Sono cose (e debolezze) della vita, su cui possiamo spargere una pietosa misericordia.
Ma paradigmatica.

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Commenti

Cara sinistra , "dolce chimera sei tu".
che miseria
Caro Professore cambiano i tempi, cambiano i nomi (alcuni mica tanto a dire il vero perche questa città é "quasi" un feudo), ma la povertà mentale e di comportamento in quel di Teramo é invariata....

Professore sei unico!