Aspettammo tutta l’estate. Aspettammo un sì, che non fu mai un sì, non andò mai oltre il confine del “ni” e alla fine fu, con decisione tardiva, un no. A Teleponte c’era stato un terremoto e quasi tutta la redazione giornalistica, me compreso che la guidavo come direttore editoriale, era andata via, praticamente “cacciata”, quanto meno estromessa da un editore “redarguito” e spaventato da chi lo aveva redarguito. L’emittente da qualche tempo era diventata ancora “più scomoda” di prima, per certi servizi nelle frazioni in cui veniva porto il microfono alla gente e non poche volte venivano avanzate critiche nei confronti degli amministratori, democristiani, che invece proprio nelle frazioni avevano i loro feudi elettorali e dalle frazioni soprattutto traevano la loro forza.
Aver dato voce, poi, alle proteste di alcune frazioni specifiche, Valle San Giovanni e Monticelli, contrarie all’insediamento di discariche nei loro territori, era stata una scelta della redazione giornalistica, e mia in particolare, che non solo era stata criticata dai referenti politici dell’emittente, ma avevano indotto costoro ad esercitare forti pressioni sulla proprietà, che aveva deciso di intervenire pesantemente, annunciano un “taglio” del personale, soprattutto giornalistico, che io “in primis” non potevo accettare.
Così la quasi totalità dei componenti della redazione, ma anche molti tecnici, si era trovata di fatto estromessa e priva della possibilità di continuare il proprio lavoro, non essendoci sulla piazza la possibilità di essere riassorbita da altre emittenti televisive.
Era stato fin troppo naturale pensare e tentare di mettere su un’altra emittente, inventandocela dal nulla, grazie anche alla generosità di alcuni contributi, intellettuali, tecnici e morali, di alcuni componenti dei comitati delle frazioni. Fu individuato un canale libero, o semilibero, il 62, e fu acceso un segnale. Occorreva però trovare le risorse minime necessarie per dar vita alla nuova emittente, che fu legalmente costituita, in attesa di poter dare il via all’inizio delle trasmissioni.
Eravamo usciti da Teleponte quando stava entrando la primavera, arrivò l’inizio dell’estate ed eravamo ancora in alto mare. Interessammo al nostro progetto più di un soggetto, economico e politico. Arrivò qualche adesione, per qualche altra ci fu detto che occorreva attendere.
Cosa?
Una decisione, un deliberato di un organismo decisionale, una risposta. Proponemmo una generalizzata adesione all’iniziativa, consistente in una sottoscrizione popolare anche con versamenti minimi di mille lire, offrimmo l’acquisto di quote societarie della s.r.l Verde TV anche a soggetti pubblici ed istituzionali. Tra i partiti politici ai quali avevamo esteso l’offerta di partecipazione non potevano mancare e non mancavano i partiti di opposizione. Erano, in fondo, quelli maggiormente interessati, in quanto quello di maggioranza aveva già la possibilità di far conoscere le proprie posizioni politiche attraverso un’emittente quale quella che ci aveva “fatto fuori”.
I socialisti teramani fecero subito sapere di non poter dare una risposta positiva (ma poi qualche anno dopo aderirono e alcuni politici di area socialista acquistarono delle quote), mentre i comunisti si dissero subito interessati. Ma aggiunsero di aver bisogno di qualche tempo per una risposta definitiva.
E noi aspettammo… aspettammo una risposta, che veniva rimandata di settimana in settimana. Aspettammo tutta l’estate. Si offriva al maggior partito di opposizione a Teramo di contribuire alla nascita di un’emittente che si proponeva, in continuità con quanto fatto a Teleponte, di garantire un’informazione corretta e al di sopra delle parti, senza genuflessioni ai poteri forti costituiti e senza accondiscenze al partito dominante. Non avrebbe potuto pretendere trattamenti di favore, né di veder rappresentate con privilegi e favoritismi le proprie posizioni politiche e culturali, ma avrebbe dato il proprio determinante contributo alla conservazione a Teramo di un’informazione libera e indipendente.
E ce n’era così bisogno! Su questo il partito comunista di allora concordava, così come concordava sul progetto editoriale della nuova emittente che sarebbe sorta: un’informazione al di sopra delle parti, assolutamente libera da qualsiasi tipo di condizionamento. Le eventuali riserve avanzabili in merito al mio personale passato politico nell’area della destra teramana venivano superate, e riconosciute come superate, non solo dal mio passato televisivo, sempre contrassegnato da spirito di libertà e di indipendenza, ma anche dal fatto che sia il presidente di Verde TV che alcuni redattori erano di espresso orientamento di sinistra.
Quindi non c’era alcuna difficoltà possibile. Ma ci si disse che dovevamo aspettare per una risposta.
I comunisti teramani ebbero la possibilità di sfuggire al destino che fino ad allora li aveva condizionati e aveva condizionato l’informazione a Teramo.
Ebbero la possibilità di sottrarre l’informazione teramana alla schiavitù alla quale fino a quel momento era stata condannata (salvo il nostro fallito esperimento a Teleponte) e alla quale fu in seguito (fino ai nostri giorni) di nuovo sottoposta. Ma quella occasione fu sprecata. Ricordo quella sera di fine estate, quasi di primo autunno, in cui ci era stato detto che ci sarebbe stata data una risposta definitiva.
C’era sul piazzale della Madonna delle Grazie la festa dell’Unità e cantava Gino Paoli.
Ma chi ci doveva dare la risposta non si vide. Lo vedemmo l’indomani e ci comunicò un conclusivo “no”.
Verde TV nacque lo stesso. Il 15 novembre 1989 iniziò le proprie trasmissioni con una serata indimenticabile. Sopravvisse fino a quando le fu possibile e fino a quando non fu travolta da un destino invincibile e messa a tacere. Ma questa è un’altra storia.
Finita Verde TV a Teramo, l’informazione è tornata ad essere per nulla libera e per nulla indipendente e la sinistra teramana non ha mai più ritrovato la possibilità e la speranza di poter garantire un’informazione veramente libera e di usufruirne, di poter sottrarre se stessa all’inesorabilità di essere vittima di un’informazione penalizzante di ogni spirito di cambiamento e di rinnovamento.
Chi ci diede quella risposta definitivamente negativa, il segretario della federazione comunista di allora, qualche tempo dopo fu “promosso” al ruolo subalterno della vicepresidenza della Cassa di Risparmio, dove è rimasto per anni all’ombra del presidente, senza vedere, senza sentire e senza parlare, mentre a sua insaputa (ed è ipotesi generosa) si ponevano le basi del crollo del nostro principale istituto di credito.
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